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 2012  ottobre 05 Venerdì calendario

TUTTI I RISCHI CHE CORRE DRAGHI

L’annuncio che la Banca centrale europea acquisterà titoli di Stato sul mercato secondario è stato ben accolto dagli investitori. Tutti sanno che non c’erano molte altre possibilità per evitare l’implosione in successione della Spagna, dell’Italia e dell’euro. Le strade alternative, come l’emissione di eurobond o la creazione di un Meccanismo europeo per la stabilità con risorse molto più consistenti, sarebbero state di gran lunga preferibili perché avrebbero permesso di tenere ben distinto il ruolo dei tecnocrati della Bce da quello dei governi eletti democraticamente, ma erano già state scartate in quanto non percorribili politicamente.
SULLA LEGALITÀ del nuovo programma della Bce restano aperti dei seri quesiti a cominciare da quelli sottolineati dalla sentenza della Corte costituzionale tedesca sull’Esm. Tuttavia è necessario che tutti comprendano bene le implicazioni sottostanti alla mossa di Draghi. Tre sono i grandi rischi.
Per i paesi che attraversano le difficoltà maggiori, il contenimento costante e artificiale degli spread che questi paesi pagano per finanziarsi rappresenta una notevole riduzione della pressione ad avviare riforme. Gli alti spread sovrani sono tuttavia soltanto il sintomo della malattia dell’euro. La vera causa della crisi è la bassa competitività dei paesi della periferia dell’Europa, la mancata tenuta del loro modello di crescita tutto basato sul consumo interno, le rigidità dei loro mercati del lavoro e dei prodotti e il ruolo troppo ampio dello Stato e del sistema bancario. Finché questi aspetti non saranno affrontati, resta da vedere come le loro economie riusciranno a riprendere la crescita o come le famiglie e le aziende riavranno accesso al credito a tassi d’interesse ragionevoli. In assenza di crescita, è solo questione di tempo prima che i mercati e i cittadini capiscano i limiti del piano di acquisto dei titoli. A quel punto riprenderà la fuga dei capitali e le difficoltà politiche che il regime dell’euro ha davanti a sé riemergeranno.
IN GERMANIA e negli altri paesi con rating AAA il rischio immediato che pongono acquisti consistenti di obbligazioni di Stato da parte della Bce è di natura politica, mentre non è fugato quello relativo alla loro instabilità a lungo termine. Se i contribuenti di questi Stati membri non vedranno una marcata riduzione dei deficit dei paesi della periferia, sarà impossibile giustificare degli acquisti cospicui e sostenuti dei loro bond sovrani senza innescare la paura che dietro alla facciata delle politica monetaria sia stata messa in piedi un’unione basata sui trasferimenti. In questo modo si danneggerebbe inevitabilmente la posizione dei politici attualmente al potere e più le loro politiche saranno percepite come pro-euro più il danno si acuirà. Quanto alla Bce alcuni esperti sostengono che essa abbia la capacità di acquistare migliaia di miliardi di debito degli Stati con nuovo denaro senza innescare l’inflazione o deteriorare la valuta in qualche altro modo. In un senso strettamente tecnico questi esperti potrebbero avere ragione, perché la Bce dovrebbe essere in grado di ritirare dal mercato una quantità di asset equivalente quanto meno a una parte delle obbligazioni acquistate. Ma la Bce successivamente sarà in grado di liberarsi delle enormi posizioni di titoli sovrani senza destabilizzare i mercati obbligazionari o causare un’altra crisi della liquidità? La risposta sarà sì soltanto se nel frattempo saranno portati a termine gli aggiustamenti nella periferia.
La Bce riuscirà a conservare il suo status creditizio e il suo ruolo di prestatore di ultima istanza soltanto se l’euro conterà su un solido sostegno politico. La Bce corre dei rischi unici rispetto, per esempio, alla Federal Reserve o alla Bank of England. Se la Grecia o la Spagna decidessero di dichiarare default e di lasciare l’euro, si ritroverebbe con un buco gigantesco nel bilancio.
Per il successo a lungo termine del piano Draghi due sono i fattori critici: i passi avanti che si faranno verso la costruzione dell’unione bancaria, fiscale e politica europea e l’imposizione di condizionalità severe alla Spagna e all’Italia nel caso questi paesi sollecitassero l’intervento della Bce. Ci troviamo a questo punto perché i mercati finanziari non sono riusciti a imporre riforme rapide per garantire la fattibilità dell’euro. Resta da vedere se l’azione dei tecnocrati e dei politici europei sarà più efficace.