Fabrizio Gatti, l’Espresso 5/10/2012, 5 ottobre 2012
NOI, I RAGAZZI DELL’EROINA
I bar della movida riempiono di alcol la notte, tra il sagrato della chiesa e il marciapiede. Palazzo Pitti è a un isolato. Poco più in là il Ponte Vecchio. A cinque minuti, gli Uffizi. Migliaia di ragazzi, tutte le settimane, tutte le sere, tirano tardi in piazza Santo Spirito a Firenze, nel centro della città che il mondo ci ammira. Camilla D., 20 anni, però è qui non per i locali alla moda. Si appoggia al portone di legno lucido, al numero 7. Un viso dolce. Pulito. I capelli biondi. Camilla sembra sfinita. Si tiene la pancia. Si piega. Ci si può avvicinare e cercare di parlarle attraverso la barriera dei suoi occhi chiusi. Ehi rispondi, se mi senti, fai un cenno... Le sue labbra si muovono. Ma non si sente cosa dice. È come se si allontanasse sempre di più. Anche lei, stanotte, ha preso la sua dose. Anche Camilla si è comodamente intontita. Come molti ragazzi della sua età. I ragazzi dell’eroina. Una nuova generazione allo sbando, in questo zoo chiamato Italia, dove anche a Roma, a Torino ma soprattutto in tanti centri di provincia la droga più pericolosa è tornata a circolare.
Dimenticate lo stereotipo degli anni Settanta raccontato nel famoso libro e nel film su Christiane F. e Berlino. Oppure le storie che fino a un ventennio fa hanno riempito gli articoli di cronaca nera: la siringa, il cucchiaino, il limone, il laccio emostatico, la droga da sciogliere sulla fiamma dell’accendino. Non si vedono più piaghe sulle braccia. Nella nuova generazione di tossicomani, soltanto una minoranza arriva a questo. Adesso l’eroina è più accessibile. Più facile. I fornitori si sono adeguati. Viene aggiunta meno sostanza da taglio. La polvere non è più marrone. È bianca. Più forte. Thailandese, la chiamano. Non è necessario iniettarla in vena. Fa effetto semplicemente aspirandola nel naso. Anche Camilla la sniffa. «È una vita così », dice Michelle D., 18 anni, sua sorella: «Bisognerebbe che qualcuno ci aiutasse di più a non star soli. Io ho visto ragazze che si drogano e sono sole. Proprio sole che non hanno nemmeno uno spiraglio dove poter andare. Io ne ho visti tanti di questi ragazzi e di queste ragazze che si drogano per solitudine». Anche Michelle sniffa eroina. La prima volta l’ha provata a 13 anni. Andava alla scuola media. Racconta che per lei era uno dei tanti sballi tra un sabato e l’altro, fuori e dentro la discoteca. Non ne è più uscita. Il risultato sull’organismo è lo stesso di un tempo. L’eroina rende dipendenti. È lì che si comincia a correre per restare fermi. A camminare ore. A cercare i soldi e la dose. Tutti i giorni, gli stessi giorni. Sempre in movimento. Per rimanere immobili dentro la stessa gabbia. Michelle e Camilla le loro giornate le vivono così. “L’Espresso” ha trascorso una settimana con loro. Da giovedì 20 a giovedì 27 settembre. Un diario drammatico. Otto giorni, sette notti insieme. E una sospetta overdose in mezzo. La morte di un ragazzo, Saverio Liguori, 24 anni, finito al pronto soccorso in arresto cardiaco dopo un malore a casa con amici, alla periferia del capoluogo toscano.
Firenze non è sola in questo ritorno dell’eroina. È la terza città in Italia per consumo. Poco dopo Roma, ma con livelli sostanzialmente identici: tre dosi al giorno ogni mille abitanti. Prima Perugia: cinque dosi giornaliere ogni mille abitanti, secondo l’ultima indagine del 2012 dell’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano. I ricercatori hanno misurato le tracce di droga nei liquami prelevati dai depuratori cittadini. In termini assoluti, significa che ogni giorno tra i 370 mila abitanti di Firenze, vengono consumate 1.110 dosi. Sono 33.300 al mese, quasi un milione e mezzo l’incasso. Più diffusa in Italia è ancora la cocaina. Ma forse non è un caso che l’eroina riappaia in epoca di profonda crisi. «Per le proprietà ansiolitiche e disinibenti... è possibile attendersi un aumento dei casi di abusi e dipendenza da alcolici o da sostanze che possano rispondere ad analoghe finalità di autocura», è scritto nel bollettino di previsione di Prevolab, l’osservatorio regionale sulle dipendenze in Lombardia. Prevolab stima una crescita di consumatori di eroina tra gli studenti del 18 per cento entro il 2015. È la droga che rallenta le percezioni, allontana dalla realtà, obbliga a dormire. Ed è quello che Michelle e Camilla fanno per gran parte della loro giornata. Dormono.
La mattina di giovedì 20 settembre la sveglia però arriva all’alba. Le due sorelle e un gruppo di tunisini, tra cui i loro fidanzati, abitano in una casa occupata vicino piazza Paolo Uccello, quartiere Pignone lungo l’Arno. La polizia locale sgombera tutti. Michelle viene trattenuta in ufficio fino a metà pomeriggio. Ha perso i documenti e deve essere identificata. Al tramonto riappare sul sagrato della chiesa di Santo Spirito. Va a sedersi sui gradini con Azef, il fidanzato. Gioca nervosamente con il telefonino. Quando è già buio, si alza e cammina verso una via che porta al fiume. Non è facile individuare i nuovi eroinomani. Michelle potrebbe essere la compagna di banco all’ultimo anno di liceo. La figlia del vicino. La ragazza che vedi fare shopping in centro. Dice che ha bisogno urgentemente di un telefono. E che ha venduto la scheda sim perché le servivano soldi. Ma il telefonino non lo vende, sostiene, «senza telefonino, sarei disperata». Ottiene il cellulare in prestito. E quando la senti parlare, è chiaro quello che sta contrattando. Ha la fronte sudata. «Senti», dice alla fine della telefonata, «devo trovare mia sorella. Durante lo sgombero ci siamo perse. Forse lei ha qualche soldo, mi può aiutare». Sua sorella appare per caso lungo l’Arno, proprio lì dove è possibile ammirare il Ponte Vecchio illuminato. Lei sta chiamando da un telefono pubblico. Agenda in mano, un elenco di nomi arabi sulle prime pagine. Michelle le si avvicina. Camilla nemmeno le risponde. Dietro di lei le osserva Zizou, il fidanzato tunisino di Camilla. Zoppica Zizou. Qualche sera fa un marocchino l’ha accoltellato alla gamba.
«Devo trovare la roba, altrimenti sto male. Guardami. Stamattina per colpa dello sgombero non sono riuscita ad andare al Sert», rivela Michelle quando capisce che sua sorella non l’aiuterà: «È a Sesto Fiorentino il Sert, dieci minuti di treno. Ma a quest’ora è chiuso. Con il metadone riesco a tirare sera e allora mi basta una dose di eroina. Senza metadone le dosi al giorno diventano due. A 40 euro l’una, sono 80 euro». Scopre che ha un po’ di soldi in tasca. Così vuol tornare in piazza Santo Spirito. Sparisce all’angolo con via delle Caldaie. L’angolo opposto alla basilica, quello presidiato dagli amici del suo fidanzato. Sono tunisini partiti dalla primavera araba. E finiti a vendere veleno. Anche il loro crimine è cambiato. Una volta chi vendeva eroina stava nascosto nei parchi o in periferia. Ora contrattano al telefonino. Si muovono in bici. Senza spostarti da piazza Santo Spirito puoi comprare eroina, cocaina, hashish, pasticche e ketamina, l’anestetico usato dai veterinari che provoca dissociazioni psichiche. I tunisini stanno apposta lì. Con tutti i ragazzi che affollano la piazza dei bar e della movida, è come se facessero servizio a domicilio. Basta sedersi a guardare, per scoprire come gli spacciatori siano ormai parte del tempo libero di molti nostri figli.
Poco dopo la mezzanotte Michelle corre in uno dei bar. Si chiude in bagno. «Ci vuole poco per trovare un posto dove farti, mica te la devi più cucinare l’eroina. Quella roba lì della brown, la marrone, con l’ago o con la stagnola da fumare non si fa più. Io sono agofobica». Ha venduto il telefonino che, giurava, non avrebbe ceduto per nessuna ragione. Con quello e una cinquantina di euro è riuscita a comprare eroina per sé e sua sorella. Camilla ritorna poco dopo. Ha già sniffato, allineando la droga sullo specchietto di uno scooter in strada. Si gratta le braccia e la faccia appoggiata al portone. Non risponde. E, a differenza di Michelle, non parlerà mai. Adesso dondola come un fagotto nel mare in burrasca. Scivola lentamente a terra. Ma non cade. Si rimette in piedi. Tiene le mani strette sulle guance, come una candida carezza che le manca. Le dura più di un’ora. Camilla all’improvviso fa un respiro profondo. Si tira indietro i capelli lunghi e torna all’angolo con i tunisini. Michelle è già andata via. A cercare un posto dove dormire.
Si svegliano tutti che è già venerdì pomeriggio. Michelle si lava nel gabinetto di un bar. Ha dormito in una fabbrica abbandonata a Porta Prato. Con Camilla, i fidanzati e altri tunisini. «Maiala», impreca, «non mi sono svegliata e ho perso il Sert». Perdere l’appuntamento al Sert il venerdì significa dover trovare soldi per tutto il fine settimana. Un’ora dopo è alla stazione di Santa Maria Novella. Fa colletta tra i binari. Un marocchino le dà cinque euro. Altri solo monete. «Puoi mettere insieme anche trenta euro», dice, «alla peggio compri una dose scadente o ottieni qualche sconto». Ha un po’ di soldi da parte, Michelle. Ma non dice come li ha raccolti. Telefona. Trova uno spacciatore in piazza Tasso. È un altro tunisino. Quando ritorna con la pallina di carta piena, Michelle incontra un’amica. Faccia limpida, pelle scura, il cane al guinzaglio. «Anche lei si fa come me», rivela un po’ dopo: «L’eroina la usa chi meno te l’aspetti». Gira due isolati. Suda. Comincia a starnutire. «Quando gli starnuti sono nove di fila, stai per avere il calo». Non può attendere oltre. Ha paura di star male. Michelle stende l’eroina sul sedile di uno scooter in equilibrio sul cavalletto. E si fa, davanti ai passanti che la guardano. Poi va a rilassarsi sul muro lungo l’Arno. Racconta che ha un fratello e una sorella più piccoli. I suoi sono separati. «Mia mamma fa la badante. Mio papà faceva il cuoco», spiega, «ma adesso è in fin di vita, epatite. Io lo considero già morto. Sono fuori di casa da un anno. La prima con l’eroina è stata Camilla. Io ho iniziato dopo le canne. A tredici anni ho provato la prima canna, sui tetti della scuola media. A Fiesole, dove abitavo. Quando c’era storia, italiano, non sopportavi la prof, ti prendevi e andavi sul tetto a farti un cannone. Poi da lì sono arrivate le feste, i rave, le discoteche. Ketamina, md, pasticche. Quello che c’era, lo provavi. Nemmeno lo sapevi e lo mangiavi. Era il modo che usano i ragazzi per divertirsi. Con l’eroina ho cominciato subito dopo. Avevo ancora tredici anni». «In terza media», aggiunge, «sono uscita con distinto. Ero brava a scuola. Pensavo di fare la maestra. Mi sono iscritta a scienze sociali. Ho fatto due anni. Poi avevo più voglia di drogarmi che altro e lasciai la scuola. Da piccola sognavo di fare la parrucchiera. Ho finito il corso. E non ho preso il diploma perché mi mancano i soldi per iscrivermi all’esame». Prima di mezzanotte la polizia arresta per spaccio Azef, il fidanzato. Gli trovano addosso due pezzi di hashish. Ma la droga annienta anche i sentimenti. Michelle va a sniffare eroina e cocaina fino alle tre, con altri due nordafricani in via della Chiesa, dietro piazza Santo Spirito. Alle quattro mangia un trancio di pizza sul sagrato. Solo dopo va a dormire.
Sabato pomeriggio Michelle è di nuovo a fare colletta in stazione. Sta male. Dice che gli spacciatori non rispondono al cellulare. Finalmente ne trova uno chiamando dal telefono pubblico di fronte alla scuola dei marescialli dei carabinieri. L’appuntamento è in piazza Santa Maria Novella, tra un ragazzo affondato nei baci della sua innamorata e un americano che suona la chitarra. Le altre giornate scorrono identiche. Corre sempre, Michelle. Come nella celebre canzone degli U2, “Running to stand still”. Ma non è quella la sua musica. A lei piace Noyz Narcos, il rapper italiano che canta “non dormire, la robba in vena ciucciavite... Cristo si è scordato ogni selvaggio e manda generazioni al linciaggio”. Soltanto mercoledì, il 26 settembre, Michelle riesce a svegliarsi in tempo per tornare al Sert. «Il medico mi ha dato solo 20 millilitri di metadone», si lamenta nel pomeriggio, «dice che devo ricominciare daccapo. Questo significa che prima di sera devo farmi almeno una volta». Ha quaranta euro in borsa. Ha appena telefonato a un tunisino. Lui la aspetta davanti al circolo degli anziani in via Bronzino. Sono quasi tre chilometri a piedi. Le pagine di cronaca oggi raccontano di Saverio Liguori, morto all’ospedale lunedì. Gli articoli descrivono un ragazzo appassionato di moto, cresciuto tra il catechismo e l’oratorio dei salesiani. Secondo la polizia l’ha ucciso una nottata con gli amici. A sniffare eroina e coca. Michelle non lo sa. Va a consumare la nuova dose su un materasso, sotto il ponte dei tram.
Ancora un giorno, l’ultimo insieme. Michelle deve mettere insieme altri soldi. Ha voglia di parlare. E voglia di smettere? «Smisi una volta per il mio ragazzo. Lui si faceva solo di coca. No, non ce la farei mai a stare con una persona che non si fa di nulla». E cosa cambia quando si diventa eroinomani? Sono le ultime parole di Michelle D., prima di vederla sparire ancora nella movida di piazza Santo Spirito: «Diventi bugiardo. Rubi al tuo fratello, alla tua sorella, alla tua mamma. Allora vai a litigare. È così che va a finire. L’eroina ti trasforma».