Giampiero Mughini, Libero 5/10/2012, 5 ottobre 2012
L’ODIO PALESTINESE PER SHALIT: SEQUESTRATO ANCHE ALLO STADIO
Succede spesso che la realtà superi l’immaginazione più cupa e sfrenata. Sta succedendo nel caso di una partita di calcio del 7 ottobre in cui si affronteranno le due squadre forse più famose al mondo, il Barcellona e il Real Madrid - il «clasico» è il termine con cui gli spagnoli annunciano il match per eccellenza dello sport di cui sono campioni del mondo -, e tutto questo a causa della possibile presenza sulle tribune del Camp Nou di Barcellona di un ex soldato israeliano di 26 anni, che adesso fa di mestiere il giornalista sportivo.
Gilad Shalit è il suo nome. Colpevole in tutto e per tutto, e sino a prova contraria, solo di stare indossando la divisa dell’esercito israeliano,x dei terroristi palestinesi lo avevano catturato e tenuto in un qualche antro per 1.941 giorni senza mai fargli vedere la luce del sole e finché Israele non ha dato in cambio della sua libertà (lo scorso ottobre) qualcosa come 1.000 detenuti palestinesi. Sin da piccolo Shalit era un grande appassionato di sport, e di calcio in particolare. Ha raccontato che durante la sua detenzione vedeva le partite in compagnia dei suoi carcerieri e che in occasione di un match in cui era in campo una squadra israeliana, uno dei suoi carcerieri manifestò ammirazione per la giocata di un calciatore israeliano. Che lo sport avvicini la gente e le culture e le etnie e persino le opposte fazioni politiche, lo abbiamo scritto mille volte.
E invece no. Dopo la sua liberazione, Shalit s’è dato come mestiere quello di fare il giornalista sportivo. Il quotidiano israeliano per cui lavora ha chiesto al Barcellona che ci fosse anche lui allo stadio per poter raccontare e commentare il «clasico», una partita amata dagli sportivi di tutto il mondo. Apriti cielo. Dalla Striscia di Gaza giornali e siti palestinesi vicini a Hamas hanno cominciato a tuonare che la presenza allo stadio dell’ex soldato è una «provocazione sionista», il segno di un’indifferenza del Barcellona a quel che c’è di drammatico nelle condizioni di vita dei palestinesi che abitano la Striscia, e che d’ora in poi loro oscureranno le partite dei blaugrana in tv.
Se non sbaglio, anche l’ineffabile Mourinho ci ha messo di suo qualche battuta livorosa contro il Barcellona, sottolineando quanto lui ami la gente di Palestina, e come se ci fosse qualcuno di noi che possa non amarla e non comprendere la tragedia di quel Paese da oltre mezzo secolo sconquassato. E comunque, a dimostrare a tutta forza che anche loro non hanno nulla contro i palestinesi, il Barcellona ha subito invitato allo stadio alcune personalità dello sport palestinese, ivi compreso un calciatore che s’era fatto tre anni di cella israeliana, Mahmoud Sarsak. Quale occasione migliore per mettere seduti l’uno accanto all’altro, il calciatore palestinese e il giornalista sportivo israeliano, a commentare assieme le magnificenze di quella partita, né più né meno di come era accaduto a Shalit e ai suoi carcerieri?
E invece no, il calciatore palestinese ha detto che di sedersi anche lui in uno stadio dov’è seduto un «ex assassino» non ci pensa neppure. Che Shalit fosse un «ex assassino», ossia uno che volutamente aveva colpito un qualche civile o un qualche innocente nel mentre che indossava la divisa dell’esercito israeliano, mai e poi mai era stato rivendicato (e tanto meno provato)dai suoi carcerieri nei cinque anni in cui lo hanno tenuto sprangato dentro una cava. Né alla sua liberazione Shalit aveva detto nulla di ingiurioso contro chi lo aveva tenuto prigioniero.
Singolare che nel coro di quelli che attribuiscono a Shalit la silhouette di un «ex assassino» ci sia messo anche AbuMazen, solitamente il più moderato e realista degli uomini politici che in Palestina hanno raccolto l’eredità di Arafat. Francamente a noi tutto questo pare solo e soltanto una pessima propaganda di parte, un capolavoro di cattivo gusto che non fa certo bene a quel che c’è di sacrosanto nella causa palestinese. E che, anzi, la macchia.