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 2012  ottobre 05 Venerdì calendario

“ANKARA È FRA TRE FUOCHI LA NATO DEVE AIUTARLA”

Il regime di Assad è certamente in grado di fomentare il terrorismo all’interno della Turchia e, nel caso estremo, di usare missili a breve e medio raggio contro i centri abitati». L’analisi di Ian Lesser, direttore del German Marshall Fund’s Transatlantic Center di Bruxelles, non lascia dubbio sul fatto che la situazione sulla sponda Est del Mar Mediterraneo potrebbe deteriorarsi in fretta. «La Siria è per molti aspetti il caso capace di generare le maggiori turbolenze», nota l’esperto di questione mediorientali e Nato. Tuttavia, in principio, «la prospettiva di un confronto prolungato potrebbe essere il motore di una cooperazione più stretta fra Turchia e Occidente nel nome della sicurezza».

La porta è aperta. Lo dimostra anche la reazione a tiepido di Catherine Ashton, alto rappresentate Ue per la politica estera, ai bombardamenti delle ultime ore. Bruxelles è con Ankara senza esitazione. La baronessa condanna l’azione siriana e coinvolge i turchi solo all’appello generale perché ci si controlli. È una posizione fra l’altro in linea con quella di Londra che - non in affollata compagnia - spinge per rafforzare i legami con le genti della Mezzaluna. Sebbene la Commissione «non veda il nesso» fra lo stop ai negoziati per l’adesione turca all’Ue e l’instabilità mediorientale, è chiaro che l’accordo con Bruxelles quieterebbe molti spiriti e porterebbe, come richiesto dalla cornice, alla soluzione di questioni aperte, come quella curda.

Lesser ritiene che, assieme al Libano, «la Turchia è la società più esposta alle conseguenze di un conflitto protratto in Siria». La principale minaccia gli pare quella posta dal ritorno in Siria dei campi del Pkk, il movimento politico e armato del Kurdistan. Ankara trova altre possibili insidie nella possibilità di azioni militari organizzate da gruppi di fuoriusciti jihadisti. «Alla fine è chiaro che l’ipotesi di uno scontro diretto fra Turchia e Siria non può essere escluso afferma l’analista del Gmf -. Soprattutto se la Turchia, magari con altri, optasse per la creazione di aree protette all’interno del territorio siriano».

Non è il solo capitolo di rischio. In un documento pubblicato dal German Marshall Fund pochi giorni fa, Lesser ha identificato altre due minacce per Ankara e i partner transatlantici. Una è targata «Iran», nella versione nucleare o meno. Scrive che l’ipotesi di una risposta militare a Teheran è «percepita più come questione di “quando” piuttosto che di “se”». In questo caso, l’analista ritiene che la Turchia difficilmente avrebbe un ruolo attivo nell’attacco, sebbene l’atteggiamento potrebbe cambiare qualora le relazioni con la Siria dovessero esplodere. Cosa che, a maggior ragione, consoliderebbe i rapporti in casa Nato.

L’altra partita si gioca nel Mediterraneo. Coi dollari (o gli euro) piuttosto che con le armi. Lesser prevede una stabilizzazione dei rapporti con Israele, «anche se le condizioni per una cooperazione stabile sono scomparse». Resta il desiderio di relazioni equilibrate con Atene, ma l’emergere di una triangolazione economica, politica e della difesa, fra Grecia, Cipro e Tel Aviv, «complicherà le relazioni multilaterali con la Turchia». Con l’incognita aggiuntiva del gas di Cipro. Che, però, «potrebbe introdurre elementi più tradizionali nelle dinamiche regionali». Sempre che, s’intende, non riprendano a spararsi come ai vecchi tempi.