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 2012  ottobre 05 Venerdì calendario

UN MILIARDO SU FACEBOOK IL RECORD DEL SOCIAL NETWORK

Continuate pure a chiamarlo FacciaLibro se volete. E a prendere in giro Mark Zuckerberg per la disastrosa quotazione alla borsa di Wall Street con il titolo che ha perso valore ogni giorno dal debutto in primavera a 45 dollari per azione fino a quota 17 (ma ieri era a 22). E a dire che ormai Facebook ha stancato, chi lo usa più in fondo?, passerà di moda molto presto, come prima sono passati altri giganti del web tipo Netscape, Second Life, MySpace. Scrivetelo pure su Twitter se volete. Intanto quello che è stato annunciato ieri è una pietra miliare della storia di Internet. Perché un miliardo di persone attivamente collegate a Facebook, ovvero collegate almeno un paio di volte al mese, sono un traguardo mai visto, impensabile fino a qualche anno fa. Impensabile soprattutto quando nel 2004 uno studente di Harvard un po’ forastico mise online per la prima volta il sito “per vedere l’effetto che fa”. Un miliardo di persone sono quasi un utente su due di Internet nel mondo. E tenendo conto che in Cina Facebook è ancora vietato, vuol dire che gli utenti di Facebook sono tutti gli altri utilizzatori della rete nel mondo o quasi.
«Solo la Coca-Cola e McDonald hanno un miliardo di clienti » ha detto ieri a Marc Andreessen, una delle icone della Silicon Valley. E Zuckerberg è stato così abile da aggiungere subito anche Microsoft, l’azienda fondata di Bill Gates che dal 2007 è un
suo azionista. Sta crescendo il ragazzo (ha ancora 28 anni). Sta imparando a dosare le parole: qualche settimana fa si è presentato a un evento per startup a San Francisco, con la solita felpa col cappuccio che aveva fatto inorridire Wall Street, per ammettere una serie di errori di strategia. E ieri ha festeggiato con un post, sul blog aziendale, molto sobrio. Ha ringraziato il miliardo di “amici” per l’onore che gli fanno di utilizzare la sua piattaforma. Ha detto che non c’è nulla che lo renda così orgoglioso come il fatto di aiutare queste persone a comunicare fra loro. E ha aggiunto un dettaglio solo apparentemente narcisistico: ha parlato del suo “small team”, il suo piccolo team. Non un atto di modestia ma una precisa strategia verso il successo, come ha spiegato poi in una intervista al sito di
Bloomberg Business Week:
«Abbiamo mille ingegneri, questo vuol dire che ogni ingegnere è responsabile di un milione di persone. Dobbiamo restare così, piccoli. E rapidi. Muoverci come se fossimo cento». Non come Google, era il sottinteso, che ha oltre ventimila dipendenti.
La notizia del primo miliardo al quartier generale di Facebook era nota da un paio di settimane. Zuckerberg ha raccontato
che quando il traguardo si è davvero avvicinato, «ci siamo riuniti e abbiamo fatto il conto alla rovescia». E poi? E poi tutti insieme hanno fatto la cosa che preferiscono questi giovani smanettoni: un hackaton, una maratona di hacker per sviluppare nuovi prodotti. «Che cosa si può fare una volta che hai un miliardo di persone che usano la tua piattaforma? Tantissime cose, e molte ancora non le conosciamo. Il punto adesso non è quando arriveremo a due o tre miliardi di utenti, con i telefonini potremmo arrivarci molto presto. Il punto è che adesso siamo diventati una infrastruttura di Internet e questo cambia tutto ». Il riferimento è al fatto che oggi usiamo Facebook senza neanche saperlo: per esempio quando ci colleghiamo ad un altro sito cliccando sul pulsante Facebook Connect che automaticamente trasferisce le no-
stre credenziali come se fosse un Stato che garantisce la nostra identità digitale. E usiamo Facebook quando clicchiamo sul pulsante “mi piace” che ormai si trova nella grande maggioranza dei siti.
Usiamo Facebook a nostra insaputa, come se fosse il sistema nervoso del web. E questa è la miglior assicurazione sulla possibile lunga vita del social network di Palo Alto. La speranza di non essere una meteora come tante altre inghiottite in venti anni di storia del web. Forse per esorcizzare questa paura ieri è stato rilasciata una clip di 90 secondi che paragona Facebook alle sedie, ai campanelli, agli aeroplani, ai ponti, ai campi di basket, alle discoteche e a tutte quelle cosa che consentono alle persone di incontrarsi e comunicare. E che non scompariranno
mai.