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 2012  ottobre 04 Giovedì calendario

Ci rubano il lavoro - L’ultimo schiaffo (meritato)al­l’Italia viene dall’Ikea, una delle multinazionali più amate dal pub­blico

Ci rubano il lavoro - L’ultimo schiaffo (meritato)al­l’Italia viene dall’Ikea, una delle multinazionali più amate dal pub­blico. «Investire in Italia significa affrontare un percorso dove la bu­rocrazia inerte è un ostacolo» ha detto ieri Lars Petersson, ammini­stratore delegato di Ikea Italia. Il gruppo è presente nel nostro Pae­se dal 1989 e oggi ha una rete di 20 negozi d’arredamento che nell’an­no fiscale 2011-2012 (chiuso il 31 agosto) hanno registrato ricavi per 1.598 milioni di vendite (il 6,3% del totale mondo, che è di 25,3 miliardi). Il riferimento espli­cito di Petersson è ai ritardi buro­cratici per l’apertura del terzo pun­to vendita in programma a Roma, in zona Pescaccio: 36mila metri quadrati, un investimento di 115 milioni, con una previsione di 310 posti di lavoro diretti e 70 indiretti. «Comprendiamo che al momen­to la situazione regionale è molto complicata-ha ammesso il nume­ro uno in Italia dell’azienda svede­se­ ma troviamo inaccettabile che simili lungaggini ritardino l’aper­tura di un progetto come il nostro. Per aprire un nuovo negozio in Ita­li­a occorrono tra i sette e i nove an­ni, tempo doppio rispetto al resto dell’Europa». A Roma, spiega, le prime domande sono state pre­sentate sette anni fa e tuttora tutto è in alto mare, «ma senza che for­malmente nessuno sia contrario all’investimento. Assistiamo a una situazione di vischiosità passi­va, di procedure che non si muovo­no, di totale inerzia degli uffici». Una multinazionale, come peral­tro qualunque azienda, ha biso­gno di certezze. Il caso più emblematico (e più istruttivo) è quello vissuto da Ikea in Toscana. «Per sei anni abbiamo aspettato una risposta definitiva per l’apertura di un grande nego­zio a Vecchiano, presso Pisa. Alla fine, esausti, abbiamo cancellato il nostro progetto e la casa madre svedese ha dato un’indicazione precisa: dirottiamo a Lubiana i 70 milioni d’investimento previsti per Pisa. A quel punto - continua Petersson - il presidente della Re­gione Toscana, Enrico Rossi, ha preso in mano la situazione, rite­ne­ndo assurdo perdere così la no­stra presenza e 270 posti di lavoro. Ha personalmente nominato un interlocutore unico che ci ha se­guiti nella scelta di un terreno al­ternativo e nell’intero percorso bu­rocratico. Una specie di sportello unico. Bene: a maggio 2011 è parti­to questo iter, quattro mesi dopo abbiamo scelto la localizzazione e ora, a metà ottobre 2012, posiamo la prima pietra. Tempi e procedu­re che andrebbero standardizzati ovunque, in tutta Italia». La si chiami semplificazione bu­rocratica, la si chiami politica in­dustriale, l’obiettivo è sempre lo stesso: dare agli investitori italiani ed esteri certezza del diritto, dei tempi e delle procedure. Invece quando ciò accade, si grida al mira­colo. Mentre Ikea si appresta a in­vestire altri 400 milioni in Italia nei prossimi tre anni, ci sono imprese come British gas, come Erg Rivara Storage, come Erg-Shell, che ri­nunciano soffocate dalla burocra­zia: il caso British è emblematico, ha lasciato l’Italia dopo 11 anni di inutili attese delle autorizzazioni e dei permessi per un rigassificato­re a-Brindisi da 400 milioni d’inve­stimento. Le autorità non si sono nemmeno pronunciate su un inse­diamento che avrebbe creato 1000 posti di lavoro. Kafkiano. Ca­so in qualche modo analogo quel­lo della italo inglese Erg Rivara, che nel 2002 aveva presentato do­manda per un progetto di stoccag­gio del gas a Rivara, nel Modene­se, poi sopraffatto dal silenzio del­le amministrazioni. Senza parlare delle aziende ita­liane che se ne vanno oltreconfine per rincorrere più efficienza e un fi­sco più equo: dal Nord-Est sono centinaia e centinaia le società che si sono sviluppate o che han­no traslocato i propri stabilimenti in Austria e in Slovenia. Anche una multinazionale-gioiello co­me la friulana Danieli ( impianti si­derurgici) ha dovuto riconoscere la maggior efficienza delle buro­crazie dei Paesi più vicini.