VARIE 4/10/2012, 4 ottobre 2012
APPUNTI PER GAZZETTA - IL PRIMO SCONTRO IN TV TRA OBAMA E ROMNEY
REPUBBLICA.IT
DENVER - La campagna presidenziale si è riaperta. Il primo duello tv si è concluso con un Mitt Romney in rimonta su Barack Obama. Più sicuro, più aggressivo, lo sfidante repubblicano ha anche sorpreso il presidente democratico con una "sterzata moderata", studiata apposta per cercare di attirare gli elettori indecisi di centro.
I sondaggi diranno se la prestazione di Romney è risultata davvero convincente, ma il principale consigliere di Obama, David Axelrod, ha ammesso implicitamente che il bilancio della serata non è stato favorevole: "Sono sempre gli sfidanti a vincere il primo duello tv, e Romney è un candidato bene allenato".
La serata dentro l’università di Denver, Colorado, si era aperta su una nota leggera: Obama ha iniziato il suo intervento celebrando il ventesimo anniversario di matrimonio con Michelle. "Il presidente è costretto a passarlo con me", ha scherzato Romney.
Obama ha ricordato di avere assunto la guida del paese "nella più grave crisi degli ultimi 70 anni, dall’inizio del mio mandato però sono stati creati 4 milioni di posti di lavoro". C’è ancora tanto da fare, ha detto il presidente, e la scelta che gli americani devono fare è "dove vogliamo andare, in che tipo di nazione vogliamo vivere: il governatore Romney vuole ridurre le tasse sui ricchi, io voglio investire nell’istruzione, sto concludendo due guerre che ho ereditato, per orientare le nostre risorse verso la ricostruzione dell’America".
Romney però lo ha preso subito in contropiede, accusando il presidente di "travisare tutte le mie proposte". Ha negato di voler ripetere gli sgravi fiscali "stile Bush" in favore dei più ricchi, ha detto anzi che il suo piano consiste nel "ridurre le deduzioni sui privilegiati per poter abbassare il prelievo sul ceto medio". E’ una delle varie occasioni in cui Romney ha presentato il suo volto "centrista", ben diverso dalla linea che aveva adottato per corteggiare la destra estrema e vincere le primarie del suo partito. Molto avanti nel dibattito, e timidamente, Obama si è chiesto quale dei tanti piani è quello giusto: ma non ha infierito più di tanto sulle giravolte continue dell’avversario.
Romney ha usato al meglio la prima occasione di presentarsi alla più vasta platea di elettori, ben oltre 50 milioni di telespettatori in diretta: ha esibito un tono energico e competente, ha parlato di "un’America che rinascerà contando sulle proprie forze, sullo spirito d’intrapresa, liberando queste energie da uno Stato opprimente".
Ha attaccato Obama perché "dopo quattro anni di presidenza ci lascia 23 milioni di disoccupati e una middle class impoverita". Ha detto: "Se è questo che volete, rieleggetelo, io vi indico una strada diversa perché amo il mio paese e conosco la ricetta per far ripartire l’occupazione, sono stato io stesso un creatore d’imprese".
Chief executive, sì, ma populista: ha avuto la prontezza di dipingere Obama come amico delle grandi banche "perché la sua legge di riforma dei mercati rende impossibile il fallimento dei colossi di Wall Street, li aiuta a spese del contribuente e a scapito delle piccole imprese". Un argomento caro al Tea Party che condannò il salvataggio delle banche operato nel 2008 sotto George Bush e portato al termine da Obama. Il presidente si è difeso ricordando che Romney vuole abrogare quella legge Dodd-Frank che aumenta i controlli sui mercati, tornando alla deregulation che fu all’origine della crisi.
"I conti di Romney non tornano - ha detto Obama - perché il suo piano taglia-deficit (che al tempo stesso vuole abbassare le tasse e aumentare le spese militari) finirete per pagarlo tutti voi, la maggioranza dei lavoratori, coi tagli alla scuola e la privatizzazione della sanità".
Perfino sulla riforma sanitaria Romney ha fatto una piroetta significativa. Lui che promette di abrogare l’assistenza estesa da Obama a tutti i cittadini varò una riforma molto simile quando era governatore del Massachusetts. Ma ha rovesciato quel precedente in suo favore: "Io fui capace di raccogliere il consenso di democratici e repubblicani, quell’accordo bipartisan che Obama non è riuscito a costruire a Washington".
Obama lo ha incalzato sulla proposta di trasformare il Medicare (assistenza sanitaria pubblica per gli anziani over-65) in un sistema di voucher alla mercè delle assicurazioni private: un tema che rischia di far perdere consensi a Romney in uno Stato chiave come la Florida. Sempre pensando agli Stati in bilico, Obama ha ricordato di avere salvato dalla bancarotta l’industria automobilistica che Romney avrebbe voluto lasciar fallire: cosa che gli può costare l’Ohio.
Il presidente ha concluso sulla "scelta di modello" che gli americani hanno di fronte il 6 novembre: "Io credo in un’America che è la terra della libertà, ma dove il successo vero lo misuriamo quando riusciamo a farcela tutti assieme". Romney ha contrapposto la sua visione in cui "gli individui hanno il diritto di realizzare i loro sogni, senza che sia lo Stato a dirigerli".
Sono mancati gli attacchi personali, e questo è stato un elemento di civiltà del dibattito. Ma Obama ha seguito fin troppo il galateo "presidenziale", fino al punto da guardare raramente l’avversario in faccia. Non ha voluto neppure ricordare la frase infelice che Romney pronunciò sul "47% di americani che si sentono delle vittime, non pagano le tasse, si aspettano l’aiuto dallo Stato".
Il responso finale lo daranno i sondaggi, ma al termine del duello televisivo per 20 lunghissimi minuti i consiglieri del presidente non si sono visti nella sala stampa qui a Denver, dove spadroneggiavano quelli di Romney: una conferma che il campo democratico non sente di poter cantare vittoria. Obama era arrivato a questo appuntamento di Denver con i sondaggi che si muovevano da settimane nella sua direzione, ora vedremo se l’exploit brillante di Romney al primo faccia a faccia riuscirà a invertire la tendenza.
(04 ottobre 2012)
REPUBBLICA.IT - ZUCCONI
SE IL Presidente Barack Obama perderà la Casa Bianca il 6 novembre prossimo dovrà guardare al primo scontro con il repubblicano Mitt Romney come all’evento che ne ha segnato la sconfitta. Si sapeva, per averlo visto già nei duelli di quattro anni or sono prima contro Hillary Clinton nelle Primarie e poi contro John McCain per la presidenza, che Obama non è al meglio nei dibattiti, ma la sconfitta di stanotte di fronte a un Romney che sembrava in agonia ed ha fatto quello che la squadra in rimonta deve fare - attaccare, attaccare, attaccare - ha sorpreso anche i pessimisti. E ha fatto infuriare i sostenitori. La serata di Denver potrebbe essere stato il "game changer", il gol che cambia la partita nel quale i repubblicani e la Destra americana speravano.
Non si sarebbe potuto immaginare un peggiore regalo per il suo ventesimo anniversario di matrimonio caduto proprio in coincidenza con l’incontro. Obama ha incassato senza restituire i colpi, anche quando l’avversario palesemente si scopriva negando di avere detto quello che aveva detto in passato e rinnegando quelle posizioni sulle tasse, sulla sicurezza sociale, sulla sanità pubblica per gli anziani e i bambini, che erano stati i capisaldi della propria campagna.
Nel timore di apparire troppo aggressivo e poco presidenziale, Obama ha mostrato una passività che anche il "body language", le espressioni e i movimenti inconsci del corpo, confermavano. Non ha commessa gaffe, non ha detto enormità che resteranno nella storia americana. Ha subito l’aggressività dell’altro senza reagire. Teneva gli occhi bassi. Lanciava sorrisi troppo larghi per essere sinceri. Si imbarcava in lunghe, complicate spiegazioni e giustificazioni del proprio operato alla Casa Bianca che lo hanno fatto apparire per quello che un Presidente non dovrebbe mai apparire: un "non leader".
I primi sondaggi, registrati a caldo dalle reti televisive indicano unanimemente in Romney il vincitore. Diranno i prossimi giorni, i quattro o cinque che servono perché gli effetti profondi, e non quelli epidermici, dei dibattiti si sedimentino nell’opinione pubblica e si traducano in spostamenti importanti nei sondaggi. E non si deve mai dimenticare che non sono i professionisti della politica, dell’informazione, dello "spin", della piega da dare agli eventi, quelli che decidono l’esito dei duelli né delle elezioni.
Ma nessuno si aspettava un Obama tanto fiacco e passivo, né un Romney così teatralmente, ma efficacemente vivo. La sedia vuota della candidatura repubblicana ha finalmente un uomo seduto sopra, mentre la poltrona dello Studio Ovale è sembrata deserta.
Non sono le cifre, le promesse, le acrobazie di cifre e di formule quelle che restano nella memoria degli spettatori nella case d’America. E’ il senso di leadership che i concorrenti sanno trasmettere e in questo Obama ha fallito. L’America non elegge un amministratore di condominio, un economista, un ideologo, ogni quattro anni. Elegge colui che le appare come un leader, come qualcuno che la rappresenti, o che meglio finga di rappresentarla.
La sola buona notizia per il Presidente è che ci sono ancora due dibattiti, il prossimo fra una settimana, l’11 ottobre. E non potrà fare peggio di quanto abbia fatto ieri notte in Colorado.
(04 ottobre 2012)
I SONDAGGI HUFFINGTON
HA PRESO il largo Barack Obama, dopo le convention e le continue gaffe di Mitt Romney: i sondaggi (nella media calcolata dall’Huffington Post) danno il presidente avanti di oltre 3 punti a livello nazionale. In attesa dei dibattiti televisivi che potrebbero essere l’occasione per Romney per riaprire i giochi o per Obama per segnare il match point.
Ma il dato nazionale non è tutto, quando si parla di elezioni Usa. Infatti l’inquilino della Casa Bianca viene eletto con un sistema su base statale. E a fare la differenza sono pochi Stati chiave. Ecco quindi cosa dicono i sondaggi in questi casi, in particolare in Florida, che potrebbe da sola decidere il prossimo presidente.
Il sistema elettorale Usa. Come è noto, essendo gli Stati Uniti una repubblica federale, il sistema elettorale è su base statale. Questo significa che i voti dei cittadini non finiscono virtualmente in una stessa urna, ma in 50 urne diverse, una per ogni Stato, sulla base del quale si assegnano dei delegati. Gli Stati più popolosi eleggono più "grandi elettori", come vengono chiamati. Per essere eletti, un candidato deve ottenere almeno 270 grandi elettori su 538.
Essendo quindi molti degli Stati "nettamente democratici" o "nettamente repubblicani", tanto che quei delegati si considerano già assegnati a un candidato a meno di sorprese o rivoluzioni, il numero di Stati in bilico che possono decidere l’elezione è molto limitato. E spesso sono sempre gli stessi.
LA SITUAZIONE
In questa fase, nella sfida tra Barack Obama e Mitt Romney, sono solo otto gli Stati che esperti e sondaggisti considerano in bilico (tossup, come si dice in inglese) o quantomeno contendibili.
Si tratta di Florida (29 grandi elettori), Ohio (18), North Carolina (15), Virginia (13), Colorado (9), Nevada (6), Iowa (6) e New Hampshire (4).
IL FRONTE DEMOCRATICO - 247 grandi elettori
Gli Stati considerati saldamente in mano ai democratici sono New York, California, Oregon, Washington, New Mexico, Illinois, Maine, Vermont, Massachussetts, Rhode Island, Connecticut, New Jersey, Delaware, Maryland, District of Columbia, Minnesota, Hawaii, Michigan, Wisconsin e Pennsylvania. Questi Stati valgono al momento 247 grandi elettori.
IL FRONTE REPUBBLICANO - 183 grandi elettori
Il Great Old Party può contare invece su una solida maggioranza in Texas, Alaska, Montana, Idaho, Utah, Arizona, Wyoming, North Dakota, South Dakota, Nebraska, Kansas, Oklahoma, Arkansas, Louisiana, Alabama, Georgia, South Carolina, West Virginia, Kentucky, Tennessee, Indiana e Missouri. Questi Stati, numerosi ma in gran parte poco popolosi, valgono 183 grandi elettori.
GLI STATI TOSSUP
Se gli Stati ’stabili’ fossero tutti confermati, a Obama basterebbe pochissimo per ritornare alla Casa Bianca. Ad esempio, gli basterebbe vincere in Florida. Infatti otterrebbe in quel modo 29 grandi elettori che si aggiungerebbero ai suoi 247, superando largamente quota 270.
E secondo i sondaggi, questo risultato potrebbe non essere lontano. Anzi si prospetta - in questo momento - ben più largo. Infatti Obama ha una larga maggioranza nei sondaggi in Ohio (+7%), Nevada (+6%), Iowa (+5%): Stati che valgono 30 grandi elettori, che porterebbe Obama alla Casa Bianca anche se Romney dovesse vincere in Florida. Dove Obama è comunque avanti di 2 punti percentuali, come è avanti in Colorado (+4%) e in Virginia (+2%). Margine ristretto, ma pur sempre vantaggio, per Obama anche in New Hampshire e North Carolina.
Ma facendo i conti oggi sulla base di quello che esce dai sondaggi Obama si avvia a un trionfo: otterrebbe infatti tutti gli Stati in bilico, portandosi a casa 355 grandi elettori. Ma manca ancora un mese al voto e i temi economici - su cui Obama è debole - sicuramente torneranno alla ribalta. A partire dal dibattito.
(01 ottobre 2012)
CORRIERE.IT
Finalmente faccia a faccia. A 34 giorni dalle elezioni presidenziali, Barack Obama e Mitt Romney si sono affrontati nel primo di tre cruciali dibattiti televisivi, centrato sulla politica interna e in particolare sull’economia, la questione che più sta a cuore agli americani. Uno scontro sulle tasse, sui posti di lavoro, sul deficit, sulla sanità. Vinto da Romney, secondo il 67% degli elettori interpellati in un sondaggio della Cnn. Solo il 25% crede che abbia prevalso Obama.
LA SFIDA - Il dibattito è iniziato amichevolmente, con i due rivali che si sono stretti la mano sul palco dell’Università di Denver. Le mogli, Michelle Obama in blu elettrico e Ann Romney in bianco, si sono abbracciate prima di sedersi – un po’ tese - tra il pubblico. Sorrisi e risate quando Obama ha ricordato il ventesimo anniversario di matrimonio che festeggiava proprio ieri e ha promesso alla first lady che l’anno prossimo non lo passeranno davanti a milioni di persone.
ROMNEY ALL’ATTACCO - Ma dopo aver fatto gli auguri alla coppia (aggiungendo «sono certo sia questo il posto più romantico, qui con me»), il candidato repubblicano alla Casa Bianca è partito all’attacco ed è sembrato avere la meglio. «Le famiglie della classe media sono state schiacciate», «seppellite», ha detto Romney, citando l’ultima gaffe del vicepresidente Joe Biden proprio alla vigilia del dibattito. La disoccupazione è all’8,1%, 13 milioni di americani che non riescono a trovare lavoro. Come creare nuovi impieghi? Romney ha elencato i punti del suo programma: indipendenza energetica, raddoppio degli scambi commerciali, linea dura con la Cina, bilancio in equilibrio, appoggio alle piccole e medie imprese.
L’ECONOMIA - Ha affermato invece che Obama vuole «più spese, più imposte e più regole». Sul deficit ha lanciato il suo primo vero affondo: «Il presidente afferma che vuole ridurre il deficit, ma intanto lo ha raddoppiato. Ha creato tanto indebitamento quasi come tutti gli altri presidenti messi insieme». Pronta la replica di Obama: «Ho ereditato un debito eccessivo, ma abbiamo fatto tanto e so che dobbiamo fare ancora di più. E per questo ho un piano di riduzione».
IL LINGUAGGIO DEL CORPO - Ma il presidente si è mosso soprattutto in difesa. Mentre Romney s’è rivolto spesso direttamente al suo avversario, Obama ha preferito parlare più spesso guardando diretto in camera, praticamente ignorando il suo interlocutore. Quando Romney parlava, Obama chinava spesso il capo. Invece, il repubblicano sorrideva e scuoteva la testa ascoltando l’avversario, senza distogliere lo sguardo e sembrando sicuro di sé. Obama ha contestato il piano di Romney, sostenendo che «la matematica, il senso comune e la nostra storia» non permettono di credere che si possano ridurre le tasse e intanto aumentare spese come quella militare. «In America bisogna promuovere un nuovo patriottismo concentrato sulla classe media». Si è aggrappato all’era Clinton e ha citato più di una volta l’ex presidente. Ma Karl Rove, l’ex spin doctor di Bush, ha twittato: «Mr. Obama, tu non sei Bill Clinton».
LA GAFFE DIMENTICATA - Il presidente non ha mai citato il commento di Romney sul 47%, che avrebbe forse potuto sfruttare a suo vantaggio: in un video girato di nascosto a maggio il candidato repubblicano aveva accusato di pigrizia e vittimismo il 47% del Paese che non paga le tassa federale sul reddito – e quelle parole gli erano costate secondo i sondaggi. L’uno in cravatta azzurra, l’altro rossa – i colori rispettivamente dei democratici e dei repubblicani - entrambi indossavano una spilletta con la bandiera Usa, ma quella di Romney era grande il doppio. Uno scontro tra due filosofie opposte: quella repubblicana che mira a ridurre l’intervento del governo federale, le tasse, il deficit, le regole, e quella democratica che punta sui benefici del governo per promuovere un’economia che aiuti tutti i cittadini.
VERSO IL VOTO - Per Romney questo dibattito era fondamentale. Obiettivo: rovesciare i sondaggi che davano il presidente in testa a livello nazionale (di pochi punti, 49 a 46 secondo l’ultima rilevazione Nbc/Wall Street Journal alla vigilia del dibattito) e in molti stati in bilico (anche se, poco prima del duello tv, il vantaggio si era ridotto in Florida e Virginia). In attesa dei nuovi dati, i primi commenti online hanno sottolineato le difficoltà del presidente, apparso troppo cauto e incapace di replicare al rivale sui fatti. Persino quando il candidato repubblicano ha affermato «non taglierò le tasse ai ricchi», presentandosi come il paladino della classe media, il presidente non è riuscito a contestarlo ricordando agli elettori che il miliardario paga solo il 14% di tasse. E quest’ultimo ha approfittato della cautela del presidente per presentarsi, incontestato, come un candidato «bipartisan», «pronto a sedersi con i democratici e lavorare insieme dal giorno dopo l’elezione». Esattamente la stessa idea con cui Obama aveva conquistato l’America, salvo poi vederla infranta a causa del durissimo ostruzionismo dei repubblicani. Fuori dell’edificio i supporter di Romney chiedevano di «licenziare Obama» e quelli del presidente rispondevano «Forward» (avanti).
LE ALTRE SFIDE - I prossimi dibattiti televisivi tra i due candidati sono in programma il 16 ottobre a New York e il 22 in Florida. L’11 ottobre, in Kentucky, la sfida tra i due vice, Joe Biden e Paul Ryan.
Viviana Mazza
CORRIERE.IT - MASSIMO GAGGI
DENVER (Colorado) – Il round numero uno va a Mitt Romney. Nel primo dibattito presidenziale, questa notte a Denver, il candidato repubblicano è partito a razzo, come previsto, schiacciando il presidente sulle tasse. Il presidente non è riuscito a contrattaccare su un tema sul quale, pure, la destra è apparsa sempre vulnerabile: l’accusa di voler premiare con gli sgravi chi è già ricco, accentuando gli squilibri nella società. Obama ha poi recuperato a sorpresa proprio sul tema per lui più difficile, la riforma sanitaria: «Abbiamo seguito il modello di quella fatta da Romney d’intesa col mio partito, quello democratico, in Massachusetts, ma i repubblicani al Congresso ci hanno fatto la guerra. E Romney si è unito a loro. Ora lui e Ryan vogliono smantellare il Medicare, lasciando i vecchi alla mercé delle assicurazioni: invece della mutua, vuole dare loro un “voucher”, un buono». Poi i due candidati hanno discussioni animatamente di pensioni, di lavoro, di energia, ma lo schema è rimasto lo stesso: un Romney lucido, molto determinato, senza battute a vuoto. Non ha ripetuto gli errori della «convention» di Tampa: stavolta ha elencato i punti del suo programma, dando una sensazione di maggiore concretezza anche quando ha ripetuto promesse (12 milioni di nuovi posti di lavoro, pur con una politica di drastico contenimento della spesa pubblica) che quasi nessun esperto considera realizzabili.
OBAMA RINUNCIATARIO, NON ALZA I TONI - Obama ha cercato di far cadere il suo castello di carte, ma non ha mai alzato la voce, non ha avuto impennate: non si è indignato né è ricorso all’ironia. Probabilmente aveva deciso di puntare sull’immagine di affidabilità di un presidente che non si innervosisce per gli attacchi, che vola alto e non ha bisogno di tirarsi su le maniche, picchiando duro anche lui. «Ha detto cose serie, verificabili. Ha parlato coi piedi per terra a gente adulta che capisce. Non è nel suo stile fare discorsi fuorvianti, puntare su battute ad effetto» lo ha difeso alla fine il suo stratega, David Axelrod. Il quale, però, ha ammesso che Romney è stato molto determinato ed efficace: «Era più allenato ai dibattiti, l’ho sempre detto. Io sono soddisfatto, ma decidete voi chi è uscito vincitore. Comunque questo dibattuto non sarà un «game changer»: provocherà qualche sussulto nei sondaggi, ma non cambierà il corso della campagna».
LO STRATEGA DI ROMNEY - TrIonfante e duro con Obama, invece, lo stratega di Romney, Stuart Stevens: «E’ questo il vero Mitt: uno che sa quello che vuole, che dimostra la sua competenza, che non teme il contraddittorio e ribatte colpo su colpo. Il presidente, invece, è abituato a farci la lezioncina, senza mai accettare di essere sfidato. Ma qui ha dovuto rispondere, una cosa che non ama fare». Anche il dibattito su Twitter conferma la debolezza di Obama a Denver: «Dov’era stasera il presidente, che razza di allenamenti ha fatto a Las Vegas? E’ andato a prepararsi o a giocare al casinò» sono le battute dei commentatori progressisti che rimbalzano in rete. Alla convention democratica di Charlotte, Barack Obama aveva volato alto sulle ali del sostegno di Bill Clinton. Stavolta usa come scudo un altro ex presidente, il repubblicano George Bush. Esposto ai colpi di Romney, si fa scudo degli errori del suo predecessore: «La ricetta economica e fiscale che ci propone oggi il candidato repubblicano l’abbiamo già sperimentata nel 2000 e poi nel 2004: ha prodotto la crescita più lenta dell’ultimo mezzo secolo, ha trasformato il surplus di bilancio lasciato da Clinton in un deficit enorme e, alla fine, ha aperto le porte alla crisi più grave dai tempi della Grande Depressione: è una ricetta che non funziona».
ROMNEY SPREZZANTE - Ma Romney non ha dato tregua, a tratti è stato perfino brillante. A un certo punto ha preso di petto anche il padrone di casa, il conduttore Jim Lehrer della PBS, la televisione pubblica: “La sua è un’istituzione meritoria, ma io, da presidente, smetterò di finanziarla se per continuare a farlo devo prendere soldi in prestito dai cinesi”. E quando Obama l’ha accusato di opporsi al suo progetto di eliminare 4 miliardi di dollari di sgravi fiscali per i petrolieri, prima ha precisato che le cifre sono diverse (2,8 miliardi), poi lo ha accusato di alzare un polverone su pochi soldi che non vanno solo alla Exxon ma anche a piccole società, mentre la Casa Bianca ha dato ben 90 miliardi alle aziende eoliche e del solare. Una cifra enorme: “Li avesse spesi bene: li ha dati a Solyndra” (azienda fallita e travolta da uno scandalo, ndr). Poi la battuta perfida: “Non sta alla politica decidere quali aziende devono essere vincenti e quali perdenti. Certo che lui ha scelto quelle perdenti”. Per i democratici un Romney pirotecnico ma poco credibile. Nel “day after” del dibattito, calata la polvere, emergeranno le analisi pacate ma chiare di Obama e gli impegni impossibili da rispettare di Romney. Ma intanto ieri il presidente è stato sconfitto, proprio il giorno nel quale celebrava il suo ventesimo anniversario di matrimonio davanti a una tesa Michelle. Obama aveva aperto una serata che certamente aveva immaginato diversa, con un saluto alla moglie. E anche Romney, in un raro momento di distensione, aveva fatto gli auguri alla coppia: “Mi dispiace che dobbiate passare l’anniversario qui. E con davanti uno come me!”.
Massimo Gaggi
CORRIERE.IT - ANTONELLA DE GREGORIO DATI INESATTI
Gli instant poll sbagliavano, evidentemente. Davano Obama al 79% e Romney al 21% dei gradimenti. La sterzata è arrivata quasi subito: «Romney ha iniziato meglio, Obama troppo professore», cinguettava la rete. Poi il verdetto, impietoso: due terzi delle persone che hanno seguito il dibattito tra Barack Obama e Mitt Romney ritiene che il candidato repubblicano abbia vinto il confronto. Stando al sondaggio realizzato dall’istituto Orc International per conto della Cnn, il 67% delle persone ha indicato Romney come vincitore del dibattito, contro il 25% di Obama. Insomma, vittoria 1-0, anche se si tratta solo di instant poll e solo nei prossimi giorni si comprenderà che impatto ha avuto il dibattito nei dati dei singoli stati.
IL DIBATTITO IN TV - In tv l’appuntamento è stato seguito da 60 milioni di cittadini. Ma chissà quanti avranno resistito fino alla fine dello scontro («Eccitante come essere al bar senza un drink davanti al mio commercialista e al mio avvocato che discutono», riassume in un tweet @umairh). «Ci giungono voci di milioni di americani svenuti davanti alla tv», ha commentato caustico il comico Andy Borowitz per il New Yorker. Noioso, centrato su una «tempesta di cifre» (titolo del New York Times), spesso inesatte, commentano i «fact checkers» - i giornalisti impegnati a verificare le affermazioni dei contendenti - al lavoro sui siti dei quotidiani Usa. E il regista Michael Moore, noto sostenitore democratico, altrettanto caustico sulla performance poco brillante di Obama: «Ecco cosa succede quando uno si addestra con John Kerry» (infatti Obama ha passato gli ultimi tre giorni a fare esercizio d’arte oratoria con l’ex candidato democratico Kerry).
ANNIVERSARIO - Anche il siparietto romantico aperto da Barack, (che in apertura di dibattito ha ricordato il ventesimo anniversario di matrimonio), è stato giocato da Romney a proprio favore: «Vent’anni fa sono diventato l’uomo più felice della terra, e ora possiamo celebrare davanti a milioni di persone» ha detto il presidente; Romney ha strappato una risata al pubblico, ribattendo: «Congratulazioni al presidente, sono certo che questo è il luogo più romantico che potesse immaginare per celebrare».
ABBRACCI E ATTACCHI - E non è bastato l’abbraccio tra Michelle Obama e Ann Romney a creare un clima di pacato confronto. Punti roventi del dibattito: riforma sanitaria e fisco. Sulla prima, vantaggio per Obama: «La riforma fatta da Romney quando era governatore del Massachussetts è sostanzialmente identica alla mia»; stilettata di Romney: «Lei ha avuto due anni con una maggioranza sia al Senato che alla Camera e cosa ha deciso di fare? Combattere per "Obamacare" invece che per dare lavoro ai cittadini Americani».
FISCO - I cazzotti volano soprattutto su come aggiustare l’economia. Sul fisco, Romney appare decisamente più efficace. Il presidente: «Ho identificato un modo per tagliare subito ed ora gli sprechi. Togliamo le deduzioni fiscali alle grandi imprese petrolifere». Romney: «Tagliare subito gli sprechi? ma lei non è stato Presidente per 4 anni?». Altro attacco di Romney: «Il Presidente aveva promesso di dimezzare il debito pubblico, lo ha raddoppiato». Obama punta il dito contro l’eredità di Bush: «quando sono arrivato nello studio ovale ho trovato 1 miliardo di dollari di debiti a darmi il benvenuto». Il presidente ha sottolineato l’interesse alla «crescita delle piccole imprese» e ha sottolineato che «per i redditi superiori ai 250mila dollari all’anno si dovrà ritornare alle aliquote fiscali dei tempi della presidenza di Bill Clinton. Sugli sgravi fiscali, Obama: «Secondo il governatore Romney c’è un gruppo di milionari e miliardari che sono piccole imprese. Donald Trump, dunque, è una piccola impresa. Io conosco Donald Trump, e non mi sembra pensi ci sia una qualche cosa di piccolo che lo riguardi». In tema di tasse Romney ha dichiarato di voler «abbassare le aliquote e al tempo stesso ridurre detrazioni, esenzioni, crediti e così via, per continuare ad avere le entrate di cui gli Usa hanno bisogno». Motivando questa strategia con la volontà di creare posti di lavoro. Sintesi twitter di @AdamSerwer: «Mitt ha clamorosamente mentito sui suoi programmi in tema di tasse e assicurazione sanitaria, ma lo ha fatto in maniera convincente».
INSICURO - Nervoso, poco chiaro, talvolta riluttante nelle risposte, con lo sguardo rivolto verso il basso. Una domanda ricorrente su Twitter: «Ma Obama si è preparato per il dibattito?». La Cnn: «Obama sembra insicuro, continua a leggere gli appunti e non guarda mai l’avversario in faccia, a differenza di Romney». Il presidente gioca più volte la carta della sua travagliata storia personale. Cita i genitori, e la nonna materna. Parlando della riforma sanitaria insiste: «Lei vuole mettere gli anziani sotto il giogo della compagnia assicurative, anziani come era mia nonna».
«CLEAR EYES, FULL HEART» - Romney non li ha citati nel suo discorso, ma ha trascorso le ore pre-dibattito con la moglie Ann, quattro dei cinque figli, la cognata e due dei 18 nipoti. Due figli del candidato repubblicano hanno celebrato la performance del padre via Twitter: «Divertente», scrive il maggiore, Tagg. E il fratello Josh: «Clear eyes, full heart, can’t lose!» («Sguardo limpido, cuore pieno, non possiamo perdere»), citando l’amata serie tv «Friday Night Lights» e l’urlo di battaglia dei Panthers prima dell’ingresso in campo.
I SILENZI - Saranno forse oggetto dei prossimi confronti i punti deboli dei due candidati, non affrontati nel primo round: Romney non ha parlato dell’attacco al consolato di Bengasi, in Libia. Obama non ha parlato di Bain Capital - l’azienda di private equity del rivale sospettata di aver evaso centinaia di milioni di dollari di tasse - e dei dubbi sui conti off-shore del milionario mormone.
«MATEMATICA» - In compenso, il presidente ha ripetuto diverse volte: «É matematica». Quasi uno slogan, nei suoi interventi. Un intercalare che ha avvalorato l’immagine da «professore» suggerita fino a quel momento. Un’ultima nota di colore: i capelli grigi di Barack lo hanno fatto sembrare più anziano di Romney, nonostante abbia 14 anni di meno. In rete c’è chi si chiede: «Il potere logora chi ce l’ha?».
Antonella De Gregorio
DAVIDE CASATI PER CORRIERE.IT
CINQUE COSE DA SAPERE
La scorsa notte, alla University of Denver, in Colorado, Barack Obama e Mitt Romney si sono sfidati nel primo dibattito televisivo in vista delle elezioni presidenziali americane. Ecco le cinque cose da sapere, se non avete visto il duello in diretta (in Italia erano le 3 del mattino).
IL RISULTATO - Cominciamo dalla fine: secondo tutti i commentatori, a vincere il duello è stato il candidato repubblicano. E non si tratta solo di impressioni: un sondaggio della CNN rivela che il 67% di coloro che hanno visto il dibattito la pensano in questo modo, e un sondaggio CBS tra gli elettori indecisi parla di un 46% a favore di Romney (ma solo il 22% pensa che Obama abbia vinto, mentre il 32% parla di pareggio). Insomma: Romney ha vinto. Ma Thomas Holbrook, uno dei massimi esperti di elezioni negli Stati Uniti, spiega che la variazione percentuale nei sondaggi dopo i 16 dibattiti presidenziali degli scorsi anni è stata, in media, di un punto, con pochissime eccezioni (Bush nel 2004 perse due punti, dopo il primo dibattito, ad esempio). Obama ha perso la battaglia della scorsa notte, dunque, ma dovrebbe rimanere avanti nei sondaggi. Di sicuro c’è però che Romney ha già dato prova di grandi capacità di recupero: nel 2002, quando sfidò Shannon O’Brien per il ruolo di governatore del Massachussets, a sei settimane dal voto era sei punti percentuali sotto, nei sondaggi. Vinse con 5 punti di vantaggio: e lo fece quando iniziò ad attaccare, senza perdere autorevolezza e compostezza. Quello che ha fatto mercoledì.
I TEMI - Il primo dibattito era dedicato alla politica interna (il secondo – il 16 ottobre - sarà un «town hall meeting», con domande dal pubblico, mentre il terzo – il 22 ottobre – sarà sulla politica estera; prima, però, l’11 ottobre, a sfidarsi saranno i due vice, Biden e Ryan): si è parlato di tasse, occupazione, ruolo del governo e sanità. Su tutti questi temi Romney è andato all’attacco: molto più di quanto Obama si aspettasse, pur senza mai apparire eccessivamente aggressivo. Ha sostenuto che il Paese non può permettersi altri quattro anni di una politica economica che non riesce a far ripartire il Paese abbastanza rapidamente, che il presidente ha sprecato due anni di tempo dedicandosi alla riforma sanitaria che porta il suo nome al posto di occuparsi della creazione di nuovi posti di lavoro, che il suo piano prevede uno stato federale più snello senza però smantellare le tutele in tema di sanità. Tutte affermazioni che sono state dissezionate dai fact-checkers, che ne hanno messo in luce la vaghezza: ma il vero punto della questione è che Obama non è riuscito a replicare in modo efficace, perdendosi in risposte troppo lunghe, apparendo professorale e evitando di colpire l’avversario. Ad esempio, sulla sanità, Obama si è difeso bene, ma ha esordito facendo i complimenti al suo avversario per la riforma sanitaria portata a termine in Massachussets quando era governatore di quello Stato: una riforma molto simile alla «Obamacare».
IL CONTENUTO - Obama, che si era esercitato per questo dibattito con l’ex candidato democratico John Kerry (l’uomo sconfitto da Bush nel 2004), per tutto il dibattito ha evitato di guardare l’avversario mentre questi parlava, preferendo tenere la testa bassa e prendere appunti: un atteggiamento che, nelle riprese tv, dava l’impressione di essere tra il rinunciatario e lo svogliato. Non solo: ha evitato costantemente di andare all’attacco, schivando persino argomenti che chiunque si aspettava avrebbe sfoderato. Tre le assenze più clamorose. La prima: il presidente non ha citato la gaffe che sembrava aver distrutto le speranze di Romney di poter diventare presidente, quella del «47%». In un video dello scorso maggio il repubblicano aveva accusato di pigrizia e vittimismo il 47% degli americani: eppure Obama non ha utilizzato questo argomento per far apparire il suo avversario il rappresentante di una parte del Paese. La seconda: Obama non ha parlato del passato di Romney a Bain Capital, la società da lui capitanata, responsabile della chiusura di diverse aziende negli Stati Uniti e dello spostamento di molti posti di lavoro all’estero. La terza: Obama non ha citato il fatto che il suo avversario s’è finora rifiutato di mostrare le dichiarazioni dei redditi degli anni passati (tranne quella del 2010 e 2011), che avrebbero mostrato come il candidato paghi una percentuale di imposte minore di quelle della maggioranza dei suoi concittadini. Surreale uno dei rimproveri di Romney – un multimiliardario – a Obama: «Signor Presidente, lei ha diritto a un suo aereo e a una sua casa, ma non ha diritto a crearsi dei dati su misura».
MODERATORE - Perché Jim Lehrer, un veterano del servizio pubblico Pbs (era al suo dodicesimo dibattito presidenziale), ha di fatto consentito ai duellanti di darsele di santa ragione lasciando loro mano libera. Obama e Romney hanno sforato spesso i tempi previsti dalle regole, e il repubblicano ha spesso interrotto sia il moderatore, sia lo stesso presidente. A lamentarsi di più sono i democratici: ma prendersela con l’arbitro è significativo di come sia andata la partita.
LE FRASI - Non ci sono state gaffe o frasi che passeranno alla storia (anche se Romney ha avuto una risposta particolarmente brillante quando ha fatto notare al presidente di avere molti figli che gli ripetono molte volte le stesse cose: «Ma il fatto che le ripetano, così come il fatto che lei ripeta alcune cose, non le fa diventare vere»). Simpatico il siparietto iniziale: mercoledì era il 20esimo anniversario di matrimonio di Obama, che ha esordito ricordando che «venti anni fa sono diventato l’uomo più fortunato della Terra». Romney ha replicato dicendo: «Sono sicuro che questo sia il posto più romantico che lei potesse sognare per festeggiarlo: con me». Di sicuro, al termine del dibattito, a Obama questa battuta è sembrata ancora più feroce.
Davide Casati
LA GAFFE DI BIDEN
Washington, 3 ott. - Joe Biden ha guastato la vigilia del dibattito a Barack Obama con una gaffe che rischia di pesare sulla campagna elettorale. Il vicepresidente Usa si e’ lasciato sfuggire che ’la classe media americana’ nei questi anni di mandato democratico alla Casa Bianca ’e’ stata sotterrata’. Parlando dei progetti fiscali dei repubblicani, nel corso di un evento elettorale a Charlotte, in North Carolina, il candidato a un bis da vicepresidente si e’ chiesto come ’si possa giustificare l’aumento delle tasse per una classe media che e’ stata sotterrata negli ultimi quattro anni’. I repubblicani ovviamente si sono gettati a pesce sullo scivolone: ’Grazie, vicepresidente Biden’, ha commentato il consigliere del candidato repubblicano, John Sununu, ’per la prima volta in molto tempo, ha ragione’ .