Marco Valsania, Il Sole 24 Ore 4/10/2012, 4 ottobre 2012
«BARATRO FISCALE» E RECESSIONE GLI SPETTRI DEI DUE CANDIDATI - È
lo spettatore silenzioso. Che non fa domande, ma chiede risposte. L’economia, le sue fragilità, esemplificate da una disoccupazione testarda, che dopo oltre tre anni di ripresa è ancora troppo alta, all’8,1%, affiancata da una crescita sottotono, ferma all’1,3% nel secondo trimestre. E che non riesce a risanare conti pubblici gonfiati da una crisi che ha moltiplicato gli interventi d’emergenza.
È questo il grande testimone dell’ultimo atto delle elezioni presidenziali americane: i dibattiti in diretta televisiva tra il democratico Barack Obama in cerca di un secondo mandato e lo sfidante repubblicano Mitt Romney cominciati ieri. Assieme i tre duelli presidenziali, più lo scontro tra il vicepresidente uscente Joe Biden e l’aspirante Paul Ryan, possono scuotere la corsa. E a decidere sarà quello spettatore taciturno, o meglio le risposte che alle sue incognite i contendenti sapranno dare per convincere gli americani di avere un’agenda e capacità di leadership all’altezza della sfida.
Risposte non da poco. I duellanti sono abitualmente timidi sui dettagli quanto generosi nelle promesse durante le campagne elettorali. Questa volta, però, sarà difficile esorcizzarli. Anche perché il primo test è ravvicinato: occorre disinnescare, appena chiuse le urne, il "fiscal cliff". Il baratro che si aprirebbe sotto l’economia in assenza di un accordo di ampio respiro sul bilancio, che eviti aumenti delle imposte e tagli automatici di spesa dal primo gennaio per 1.000 miliardi di dollari (500 solo in imposte, 3.500 dollari in media per famiglia) capaci di far precipitare il Paese in aperta recessione. Un monito che arriva dagli uffici di analisi del Congresso e dall’Fmi.
Un drappello di senatori di entrambi i partiti sta lavorando a una proposta che elimini quattromila miliardi di debito in dieci anni, ma la combinazione di entrate e risparmi che dovrebbe garantire il traguardo resta da concordare e richiede interventi presidenziali. Con uno spettro ben presente: polemiche incontrollate sul disavanzo, che da quattro anni marcia al ritmo di oltre mille miliardi l’anno, già nel 2011 costarono lo shock del declassamento del rating, la perdita della tripla A, da parte di Standard & Poor’s.
La strada oggi indicata dai due candidati, per superare il fiscal cliff e raggiungere la meta di crescita e risanamento, ha caratteristiche diverse. Un aspetto che può produrre salutari discussioni e scelte ma che, in un clima di crescente polarizzazione, può anche complicare i compromessi della politica americana e scatenare tensioni. Per Obama si tratta di completare quanto cominciato: un ruolo pubblico nel sostegno all’economia, soprattutto ai ceti medi. E per chiudere il passivo ricette miste di riduzione delle spese e aumenti delle entrate (ipotizza un rapporto di 2,5 dollari di tagli per ciacun dollaro in tasse), con aumenti del carico fiscale sui redditi più elevati. Per Romney il messaggio è invece quello di imprimere svolte: un ruolo ridimensionato del Governo nell’economia, compresa l’eliminazione di almeno parte della riforma sanitaria voluta da Obama. Accompagnato da generalizzati sgravi fiscali, tra cui l’abbattimento di tutte le aliquote Irpef del 20%, che stimolerebbero la crescita, e da una maggior aggressività nel tagliare le spese che passerebbero dal 23% al 20 del Pil.
Entrambi i candidati hanno tuttavia finora dedicato più tempo ad attaccare le ricette avversarie che a spiegare con dovizia di particolari le proprie, sopratutto i capitoli più controversi. Adesso servirà qualcosa d’altro: Obama non può limitarsi a rivendicare il salvataggio del Paese dalla grande crisi, deve delineare quattro anni futuri che portino migliori successi nel rilancio economico rispetto ai precedenti, quando i suoi investimenti pubblici hanno fatto poco per il mercato del lavoro e il debito si è impennato. Romney deve dimostrare ancora di più: che la sua "matematica", come l’ha definita l’ex presidente democratico Bill Clinton, è realistica. Concomitanti tagli alle tasse e riduzioni del deficit, drastiche sforbiciate alla spesa e rilanci dell’economia sono ardui da conciliare. Per compensare gli sgravi Romney si è finora limitato a parlare di tetti sulle deduzioni. Entrambi i candidati dovrebbero inoltre affrontare il delicato tema di riforme dell’assistenza agli anziani e delle pensioni. Risposte inadeguate e dimostrazioni di scarsa leadership, sotto riflettori spietati, possono condannare le campagne per la Casa Bianca. Mai come oggi è parso vero un altro adagio reso popolare da Clinton: "It’s the economy, stupid". L’ultima parola, nei dibattiti presidenziali, spetterà all’economia.