Antonia Jacchia, Corriere della Sera 04/10/2012, 4 ottobre 2012
PIU’ EVASORI TRA PROFESSORI E DENTISTI: «IL DEBITO? COLPA DEL SOMMERSO» —
Gli italiani continuano imperterriti a esercitarsi nel loro sport preferito: l’evasione fiscale. Mantenendo addirittura i livelli record di otto anni fa. Almeno in base ai risultati del terzo rapporto Eures che ha fotografato i comportamenti fiscali di 52 categorie di lavoratori attraverso l’esperienza di un campione rappresentativo della popolazione di 1.225 italiani.
E se la propensione di artigiani, liberi professionisti e commercianti a non rilasciare scontrini o ricevute non segna alcun passo indietro, per alcune categorie l’illegalità fiscale è perfino in aumento. È questo il caso degli insegnanti che continuano a fare ripetizioni scolastiche in nero (con l’89% delle prestazioni senza fattura rispetto al 79,4% nel 2007 e al 69,4% nel 2004), dei dentisti (34% nel 2012 contro il 32,9% nel 2007 e al 27,7% nel 2004) e dei medici specialisti (34% a fronte del 25,5% del 2004). A dimostrazione che l’assenza di controlli efficaci renda croniche certe «patologie», anche se guardando da vicino la percentuale monstre di evasione da parte dei professori non si possa fare a meno di pensare alle condizioni della categoria che include i precari «storici» del sistema scolastico: una grossa fetta di insegnanti «a termine», licenziati a giugno e riassunti a settembre, costretti a fare i conti con due mesi senza stipendio (ma questo non autorizza a chiudere un occhio sull’illegalità della «pratica»).
Quello dell’evasione è un primato tricolore che però nessuno ci invidia. Secondo l’Ocse, l’Italia si collocherebbe al terzo posto quanto a peggior performance dietro Turchia e Messico. E in questi tempi di crisi del debito sovrano, il presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, ieri, durante un’audizione al Senato, ha fatto presente che con un atteggiamento più corretto nel tempo oggi la situazione dei conti pubblici sarebbe diversa. «È stato stimato in passato che se l’evasione italiana dal 1970 fosse stata pari al livello statunitense — inferiore di tre punti — il debito pubblico sarebbe stato, dopo 20 anni, molto più basso — 76% del Pil invece di 108% — e l’aggiustamento fiscale necessario per riequilibrare la finanza dello Stato molto meno impegnativo». Da qui la necessità di una sorta di «patto sociale» per arrivare a un calo delle tasse. E Giampaolino indica l’unica strada percorribile: destinare «almeno parte dei recuperi della lotta all’evasione alla riduzione del prelievo complessivo» per concretizzare quel «patto sociale» basato su un consenso diffuso a favore di una più drastica lotta all’evasione.
Antonia Jacchia