Michele Brambilla, la Stampa 4/10/2012, 4 ottobre 2012
E NEL PAESE DEI CAMPANILI SCATTA LA RIVOLTA DELLE PROVINCE
Chissà se quando il governo ha deciso il riordino delle Province il varesino Mario Monti ha realizzato che sarebbe diventato «suddito» del comasco Corrado Passera. Como che diventa capoluogo di una nuova grande provincia che comprende anche Varese e Lecco, esattamente com’era agli inizi del Novecento, è infatti una delle conseguenze del decreto sulla spending review. Si tagliano le province (da 86 a 44 nelle regioni a statuto ordinario): ma si innescano proteste, rivendicazioni, polemiche e malumori. Perché l’Italia, come diceva don Sturzo, è un Paese di campanili.
Il ministro per la pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, se ne sta rendendo conto in questi giorni. Ieri scadeva il termine per la presentazione alle Regioni, da parte dei Cal, di una proposta su tagli e accorpamenti. Che cosa sono i Cal? Sono i consigli delle autonomie locali, composti da sindaci e altri rappresentanti delle varie realtà provinciali. A loro spetta, in prima battuta, la determinazione delle nuove province, che debbono avere due requisiti: almeno 350.000 abitanti e una superficie non inferiore a 2.500 chilometri quadrati. Le Regioni hanno poi tempo fino al 25 ottobre per dire la loro parola, che è la penultima, visto che l’ultima spetta al governo.
Ma la situazione sembra ancora in alto mare. Troppo difficile mettere d’accordo cittadini (non solo amministrazioni: anche e forse soprattutto cittadini) divisi da secoli da profonde rivalità. Avete presente che cosa scatena una partita di calcio tra Novara e Pro Vercelli? Infatti ieri s’è discusso tutto il giorno per confermare la già ipotizzata riduzione dalle attuali otto alle future quattro Province: Torino; la grande Novara che ingloberebbe Vercelli, Biella e Verbano Cusio Ossola; Asti che ingloberebbe Alessandria; Cuneo che resterebbe com’è. Alla fine l’accordo è stato raggiunto, ma con mille difficoltà e perplessità.
Da altre parti è andata peggio. Il Cal del Lazio non ha neppure ipotizzato una proposta e ha approvato il ricorso fatto dalla Regione alla Corte Costituzionale contro la riduzione delle province. Le Regioni Molise, Calabria, Puglia e Basilicata non hanno nemmeno istituito il Cal. Quanto al Veneto, lì si sono arresi. Impossibile mettere d’accordo «venesiani gran signori, padovani gran dotori, visentini magnagati e veronesi tutti mati». Così, s’è deciso di rimandare a Roma la patata bollente: decidano loro.
La Lombardia invece la sua proposta l’ha presentata. Ma ha due difetti. Il primo è che scontenta mezza regione; il secondo è che così com’è sarà sicuramente respinta perché non rispetta i dettami del governo. Infatti si prevede di passare da 12 a 8 province. Resterebbero Milano, Monza, Pavia, Mantova, Brescia, Bergamo; poi Como assorbirebbe le province di Varese e di Lecco mentre Cremona ingloberebbe Lodi. Ora, a parte il fatto che a Lecco non sono certo contenti di tornare sotto Como mentre a Varese sono addirittura furibondi, c’è come dicevamo una discrepanza con le direttive della spending review. Monza - essendo la città più popolosa - avrebbe dovuto diventare capoluogo di una provincia comprendente quelle di Como, Varese, Lecco e Sondrio. Ma siccome comaschi varesini eccetera mai e poi mai avrebbero accettato di finire sotto l’ultima arrivata (Monza), s’è chiesta una deroga. Così come per Sondrio e Mantova, che non avrebbero i requisiti per restare autonome. Patroni Griffi ha già detto che il governo non accetterà deroghe, figuriamoci che cosa dirà quando se ne vedrà chiedere tre in una sola regione. E si badi bene che quella del Cal è una proposta «subordinata»: in prima istanza, la Lombardia chiede di confermare «l’attuale configurazione».
Anche la Toscana ha inviato due proposte. La prima prevede di passare da dieci a sei: Firenze; Massa-Lucca; Prato-Pistoia; Siena-Grosseto; Arezzo; Pisa-Livorno. La seconda ipotizza cinque province, facendone una sola di Massa-Lucca-Pisa-Livorno. L’Emilia Romagna propone la riduzione da 9 a 5: Bologna; Parma-Piacenza; Modena-Reggio; Ferrara; Provincia di Romagna. In Liguria avremmo Genova, Savona-Imperia e La Spezia.
Ma si litiga e si litigherà ancora. In totale, sono già diciassette i ricorsi presentati da Regioni e Province. Grane in vista dunque per il governo, al quale qualcuno suggerisce la via d’uscita più facile: abolirle tutte, le Province. Così, scontentando tutti, si accontenterebbero tutti. E, per giunta, si risparmierebbe di più: 4,5 miliardi subito.