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 2012  ottobre 04 Giovedì calendario

IMMIGRATI DIETRO LE SBARRE, UN SISTEMA DA RIPENSARE

Una galassia sempre più in agitazione. Un limbo giuridico e amministrativo sempre più difficile da gestire. È la realtà dei Cie (Centri di identificazione ed espulsione), struttu­re dislocate in varie parti d’Italia (vedi grafico qui sotto) in grado di ospitare fino a duemila persone e sulle quali più di una volta sono stati sollevati po­lemiche e interrogativi. I Cie, con il Cara (Centri accoglienza richiedenti asilo) e i Cda (Centri di pri­ma accoglienza) costituiscono la rete dell’«acco­glienza » statale per gli immigrati che arrivano nel nostro Paese. Una ’camera di compensazione’ in­dispensabile per verifiche e accertamenti, ma che oggi va completamente ripensata.

«La denuncia sulle pessime condizioni in cui si tro­vano i detenuti, gli internati e gli stranieri nei Cen­tri di identificazione ed espulsione (Cie), come nel­le carceri, è ormai unanime». Piero Innocenti ha da poco lasciato la Polizia di Stato, dove ha ricoperto incarichi di alto profilo (questore a Teramo, Pia­cenza e Bolzano, prima di diventare consulente del capo della Polizia); non ha invece abbandonato la passione per gli studi legati ai flussi migratori, alle moderne forme di schiavitù, alle narcomafie. Il fat­to di aver servito lo Stato con in­carichi dirigenziali non significa per lui adottare una linea ’diplo­matica’ per giudicare la «carcera­zione amministrativa» degli stra­nieri irregolari. In fondo, «che qualcosa non va nei Cie dove, al­la data del 18 settembre 2012, so­no trattenuti, in stato di ’deten­zione amministrativa’, 901 stra­nieri irregolari (uomini e donne), è sotto gli occhi di tutti». E in que­sti primi 9 mesi del 2012 le rivolte e le proteste, tal­volta violentissime, sfociate spesso in suicidi e ten­tati suicidi, si sono susseguite con insolita fre­quenza rispetto al pur problematico 2011.

In tutta la Penisola si contano 13 Cie, per un tota­le di 1.901 posti, a cui si aggiungono 9 Centri di ac­coglienza per richiedenti asilo (Cara), strutture che con il villaggio degli immigrati di Mineo, in cui vi­vono duemila persone, offrono in totale 5.744 po­sti letto. La situazione di disagio è stata denunciata più vol­te. Il 17 aprile scorso è stato presentato al ministro della Giustizia, Paola Severino, il ’Rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri di accoglienza e trattenimento per mi­granti in Italia’. «Il documento - spiega Innocenti - era stato approvato, all’unanimità, il 6 marzo 2012, dalla ’Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato’. Nelle 278 pagine del rapporto (sono inclusi anche i di­segni di legge presentati nel tempo per introdurre il reato di tortura e il garante nazionale dei dete­nuti), c’è la radiografia del sistema carcerario e del­la penosa situazione in cui si trovano gli oltre 66mi­la detenuti in strutture da circa 46mila posti». An­cor prima di quel rapporto, rileva l’ex dirigente del­la Polizia, «sarebbe stato opportuno (ri)leggersi quello stilato nel 2007 dalla Commissione De Mi­stura (dal nome dell’ambasciatore Staffan De Mi­stura che presiedette la commissione) e le racco­mandazioni conclusive formulate che ’...ancorché possano apparire di complessa attuazione...’, a­vrebbero potuto consentire di affrontare il ’pro­blema della irregolarità’ degli stranieri in manie­ra ’più creativa ed efficace’». Ma anche in quella occasione, «poco o nulla fu fat­to ». Proprio come alcuni anni dopo, nel 2010, quan­do, a seguito di un altro corposo rapporto-denun­cia di Medici senza Frontiere (MsF), «la classe po­litica - dichiara Innocenti - non ebbe il ’coraggio’ di affrontare i temi delle condizioni socio sanitarie nei centri, lo stato precario delle strutture, le mo­dalità di gestione, il rispetto dei diritti degli immi­grati ». Già il primo studio del 2004, ’Cpta: anato­mia di un fallimento’, sempre curato da MsF, «non aveva lasciato alcun margine di dubbio sul mal­funzionamento dei vari centri e sul profondo ma­lessere fra i trattenuti», evidenziato da gravi episo­di: risse, rivolte, autolesionismi, somministrazio­ne di sedativi. Il problema, dice l’ex questore, è che «l’immigra­zione irregolare non si può risolvere con norme penali, costruendo ’muri’ o trattenendo nei Cie persone per una ’detenzione’ ingiustificata» che può arrivare sino a 18 mesi. «Un tempo di restri­zione così prolungato, senza aver commesso al­cun reato – aggiunge –, non può non causare con­seguenze sulla salute fisica e mentale dei tratte­nuti ». Nonostante ciò la situazione non è migliorata. An­zi. La Commissione senatoriale che ha stilato il Rapporto 2012, nella parte introduttiva, ricorda che «…le condizioni nelle quali sono detenuti molti migranti irregolari nei Centri di identificazione ed espulsione (..) sono molto spesso peggiori di quel­le delle carceri».