Emilio Randacio, la Repubblica 4/10/2012, 4 ottobre 2012
SANITÀ LOMBARDA, 10 ANNI A DACCÒ
Il magistrato aveva chiesto una pena di cinque anni. Invece il giudice l’ha raddoppiata a dieci. Questa la condanna inflitta in primo grado, per il dissesto finanziario del San Raffaele, a Pierangelo Daccò, il faccendiere legato al presidente della Regione Lombardia Formigoni. Intanto, dalla prigione di Roma il pdl Fiorito tira in ballo il braccio destro di Cicchitto. Il governo va avanti con le sue proposte anti-corruzione.
MILANO — Massimo della pena: dieci anni per aver «utilizzato i fondi del San Raffaele per esigenze personali e pagamenti in nero». Per aver partecipato a distrarre 47 milioni di euro, essersene tenuti quasi 5 a partire dal 2002, fino a pochi mesi prima che l’ospedale privato fondato da don Luigi Verzè portasse i libri in tribunale per una voragine da oltre un miliardo di euro.
Per il compagno di vacanze del governatore lombardo, Pierangelo Daccò, la mazzata arriva una manciata di minuti dopo le 16 di ieri pomeriggio. Il gup di Milano, Maria Cristina Mannocci, emette la sua sentenza per il faccendiere, il «facilitatore » delle pratiche bloccate alla Regione Lombardia. Associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita, concorso in bancarotta fraudolenta, frode fiscale le accuse. E la sentenza va anche oltre quelle che erano le attese della procura. I pm Luigi Orsi, Laura Pedio, Gaetano Ruta e Antonio Pastore si erano fermati a invocare 5 anni e mezzo, tenendo conto che Daccò era incensurato e che il processo si celebrava attraverso
l’abbreviato che prevede uno sconto di un terzo. Niente da fare. Mannocci è partita dalla pena massima (15 anni), e non è arretrata di una virgola. Diverso il discorso per il coimputato, Andrea Bezziccheri, l’amministratore della “Metodo impresa”, che ha invece incassato una assoluzione piena.
Pesante anche la pena accessoria per il faccendiere: dovrà immediatamente versare 5 milioni
di euro ai nuovi ammini-stratori dell’ospedale privato. Al momento una pena puramente simbolica, visto che tutto il patrimonio
riconducibile all’imputato, è stato «sigillato» da mesi. «Una sentenza dai piedi d’argilla », il commento a caldo del
legale Gianpiero Biancolella. «Gli elementi di condanna — prosegue nel suo ragionamento — , sono gli stessi identici per i quali la Cassazione aveva annullato l’ordinanza di custodia cautelare per Daccò. I processi terminano dopo la valutazione nel merito che fa il giudice d’Appello e dopo la rilettura della Cassazione».
Nel frattempo, la partita con la giustizia di Daccò si fa davvero
dura. Arrestato undici mesi fa per il crac del San Raffaele, dopo sei mesi trascorsi in carcere a Opera, è stato raggiunto da una seconda ordinanza ancora più pesante: per aver dissipato il patrimonio della Fondazione Maugeri (per circa 60 milioni di euro in tutto), attraverso lo stesso meccanismo di sovrafatturazioni. E proprio una bella fetta di questo denaro, avrebbe poi deciso di offrirlo all’amico gover-
natore, Roberto Formigoni, per vacanze da mille e una notte, contributi elettorali, spese spicce per oltre 7 milioni di euro. Con la decisione di ieri, un effetto pratico sull’imputato Daccò è immediato: grazie alla sentenza di primo grado, la sua detenzione si protrarrà per altri sei mesi. Intanto infuria nuovamente la polemica politica. Le opposizioni regionali (Pd, Idv e Sel) incalzano il governatore chiedendone le dimissioni. «La condanna segna un punto chiave nell’inchiesta — ha spiegato il capogruppo regionale del Pd Luca Gaffuri — , e mette in evidenza le influenze da parte di operatori privati su Regione Lombardia. Ribadiamo la necessità che si vada al più presto al voto in Lombardia». E i grattacapi sul potentissimo presidente, potrebbero presto materializzarsi anche all’interno della sua maggioranza. «Che i giudici lavorino bene e in fretta», tuona l’europarlamentare leghista, Matteo Salvini. «Se in futuro Formigoni verrà giudicato colpevole di qualcosa... a casa! Intanto già da tempo la Lega sta lavorando perché venga controllato ogni euro dato alla sanità privata e per sostenere di più e meglio la sanità pubblica, togliendo anche dei ticket sui farmaci per migliaia di Lombardi. Parlare poco, lavorare tanto», ha avvertito Salvini.