G. Tr., Il Sole 24 Ore 3/10/2012, 3 ottobre 2012
RIMBORSI NEGATI PER UN MILIARDO
Anche pochi euro a bolletta, che però nel tempo si accumulano e diventano almeno un miliardo. È su un ostacolo di queste dimensioni che si sono finora incagliati i tentativi di risolvere il problema dell’Iva sulla tassa rifiuti: il passare dei mesi, com’è ovvio, l’ha ingigantito ulteriormente, complicando la situazione dei vari attori sul campo.
Le famiglie
Per le famiglie il quadro in teoria sarebbe semplice perché con la sentenza 3765/2012 la Cassazione ha ri-stabilito che la Tia è un tributo e dunque l’Iva non può accompagnarla. Il problema è prima di tutto nei numeri: nel 2010 la tariffa è stata applicata in 1.197 Comuni (352 in più di cinque anni prima), dove abitano 17,2 milioni di italiani. Nel 2011 è cresciuta ancora, fino ad abbracciare 19,5 milioni di cittadini in 1.340 Comuni: in qualche caso, però, tra gli ultimi arrivati c’è già chi applica la «nuova Tia», che non ha problemi di legittimità (soprattutto nel Trentino Alto Adige). Visti i dati complessivi di gettito, l’Iva vale circa 200 milioni all’anno, e calcolando i cinque anni di prescrizione ecco comparire il miliardo. Per chi sostiene la tesi della prescrizione decennale, poi, il conto sale ulteriormente, anche se non in misura proporzionale perché prima del 2005 la tariffa era meno diffusa.
I cittadini chiedono il rimborso ai gestori, che però hanno girato allo Stato l’Iva incassata e quindi rifiutano di versare soldi che non hanno. Le aziende riunite in Federambiente, anzi, il 28 marzo hanno diffidato il ministero dell’Economia per vedersi restituire un miliardo di euro da dedicare ai rimborsi, ma l’iniziativa è rimasta finora priva di risposta. In una lettera del 12 giugno scorso a uno studio legale impegnato nella partita dei rimborsi, anzi, il ministero dell’Economia ha spiegato che sulle rivalse c’è «un rapporto strettamente privatistico tra gestore del servizio e utente, per cui le azioni giudiziali vanno rivolte «non nei confronti dell’amministrazione finanziaria, che in ultima analisi ha introitato l’imposta, ma esclusivamente nei confronti del prestatore del servizio». Ipotesi ovviamente respinta da Federambiente, che con il presidente Daniele Fortini rimarca anche «il quadro anarcoide e medioevale, dove le norme cambiano a seconda delle commissioni tributarie provinciali. Serve subito una soluzione chiara, naturalmente senza oneri impropri per i gestori».
Le aziende
Proprio il «quadro anarcoide» descritto da Fortini determina l’impatto della vicenda-Iva sulle imprese, molte delle quali in prima battuta non sarebbero interessate dalla questione dei rimborsi perché portano in detrazione l’imposta. Nel disorientamento delle indicazioni ufficiali, c’è chi applica l’Iva e chi non lo fa più, ma cresce anche il numero dei gestori che decidono di dribblare il problema riportando la struttura della tariffa nella vecchia tassa rifiuti. Tralasciando i dettagli di questo "ibrido" normativo, seguito fra gli altri da città come Roma, Firenze o Genova, la conseguenza è chiara: la ex-Iva viene incorporata nella tassa e non può più essere scaricata, con un rincaro secco del 10% per l’impresa.