Malcom Pagani, il Fatto Quotidiano 3/10/2012, 3 ottobre 2012
FRANCONE, IL RE DELLA PISANA
Infaticabile estensore di una Carta più che Magna da “magnà” e costituente della prima ora in seno alla libera Repubblica della Pisana, Franco Fiorito conosceva il valore del proprio lavoro. Allo scopo di non deprezzarlo, nell’ultimo biennio, aveva stornato per il disturbo più di 750.000 euro. Giocando sempre la “tripla”. L’1-x-2 della propria esistenza. L’aumento esponenziale del proprio mensile. Vincere. Arricchirsi. Accumulare. Tre cariche (consigliere, capogruppo del Pdl, Presidente della commissione Bilancio), tre stipendi, infinite realtà. Davanti all’autorità, Franco Fiorito non ha potuto montare le gomme antineve che assecondando la scala gigantista dell’ambizione, gli fecero confondere uno spruzzo di 15 centimetri con la bufera e acquistare a spese dei contribuenti, una Jeep da 35 mila euro. Ora che la tempesta è arrivata davvero, Fiorito sbanda lo stesso. Chiede di essere ascoltato e inventa. Mente. Si arrampica, scivola, cade. Sventola lettere di suo pugno “per dimostrare buona fede” e la data della missiva coincide con il massimo salasso in suo favore dei conti consiliari. Intanto lievitano quelli personali perché il confine si è spostato e se chi gestisce il denaro in tua assenza si chiama Boschi, ha le chiavi della cassaforte e incidentalmente è tuo cugino, anche il conto di una vacanza in Sardegna (due alberghi, tre persone, dieci giorni, 30 mila euro, un record) si può risolvere con una telefonata. Il denaro torna poi in contanti, un anno dopo, tra regali della madre di Fiorito (ieri insulti a Barbara D’Urso e lievi auspici in diretta: “Non è capace di fare la conduttrice, lei è disumana, le auguro la stessa fine di Franco”), ma tra sagome di Pietro Gambadilegno e scontrini distrutti, non è che un dettaglio.
COME RICORDAVA il non tenero genero di Verdone in Compagni di scuola: “La famijia è sacra” e bisogna scaldarsi. Così si possono scippare 2.000 euro per la caldaia, firmare ambigui contratti per la casa al Circeo (un preliminare da 600 mila, poi implementato da un ulteriore terzo mai contabilizzato, direttamente in contanti) prestare 30.000 “sesterzi” all’ex fidanzata francese di tuo padre, facendola risultare come “collaboratrice personale” senza che mai nessuno l’abbia mai sentita nominare ad Anagni come a Hollywood.
Delle quisquilie, il Federale frusinate, sommo sceneggiatore del furto legalizzato e dell’innocenza tradita: “Voglio urlarla” non si occupava. Per il princìpio dei vasi comunicanti, l’equazione applicata da Fiorito alla personale interpretazione dell’articolo 8, (moltiplicazione dei pani, dei pesci e dei suoi emolumenti) diventava filosofia e prebenda da condividere con il maggior numero possibile di consanguinei. Officiava Don Franco, quello che alla riunione della commissione Ambiente nella Regione si presentava con un gessato in luogo della tonaca e in omaggio tematico, con un sigaro in bocca. Infastidito dalla protesta di un cittadino di Ria-no, insolentiva il cartonato di turno (l’immobiliarista Carlino, in questo caso): “Ah presidè, emmò basta, non le devi permette ‘ste cose” e nel dialogo diretto con l’elettore alla ricerca di spiegazioni, dimostrava umiltà: “Embè che ‘vvoi te? Ma chi sei? E che me vieni a rompe i coglioni a me? Ma vaffanculo va”.
In una memorabile monicellata, un nobile romano si rivolgeva al suo “tesoriere” :“Ma che li tieni te i conti? E fammeli vedè ‘sti conti”. Quello, sotto la barba tremava: “Perché non si fida di me? Amministriamo i suoi beni da generazioni”. E il Marchese infieriva: “Ho fatto bene a vedè i conti. Sei ladro tu, tu padre e tu nonno e io ve licenzio a tutti e tre”. Onofrio del Grillo non abita più qui. Alberto Sordi, se l’è preso il cielo. Il Colosseo è ancora al suo posto.