Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  ottobre 03 Mercoledì calendario

IL LUNEDI’ DI FAZIO IN FASE DI RODAGGIO

In tutta sincerità, la versione del lunedì di «Che tempo che fa» mi ha convinto fino a un certo punto. Il nuovo studio di via Mecenate sembra più adatto a un varietà che a uno show di parola: troppo grande, troppo pubblico, troppa inutile tecnologia.
Fabio Fazio ha ormai il ritmo di un officiante: non fa più televisione dice messa, sia pur laica, con venature beat. E quando incontra un vero prete, il Cardinale Camillo Ruini, ne viene sopraffatto: per vivacità, per contenuti, per profondità. È stato l’unico momento veramente interessante. Fazio leggeva domande scritte dagli autori e Ruini lo stendeva.
Prendiamo il duetto con Massimo Gramellini. Che senso ha che il conduttore faccia il controcanto, facendo la verginella di fronte agli atti di accusa del giornalista? Quando Gramellini ha sostituito Fazio con un leggio per leggere una lettera alla maestra di Lavitola è stato molto più efficace.
Certo, «Che tempo che fa» del lunedì è una trasmissione che prende alla gola, mescola contenuti e sentimentalismo, impedisce quasi di ragionare: la figlia di Rostagno, il carcerato, la cassintegrata Fiat che si scaglia contro Marchionne (che poi magari Fazio inviterà in studio e farà tutto il gentile), le paraolimpiadi… Come si fa a non essere d’accordo? È tornato in Rai anche Roberto Saviano. «Una ferita che sento risanata», ha detto il conduttore, forse esagerando, specie nei confronti de La7, che non è propriamente un esilio.
Quando non parla della sua materia, Saviano è meno efficace del solito. Che so, se la storia di Michel Petrucciani, uno dei più grandi pianisti jazz nonostante fosse affetto dalla «sindrome delle ossa di cristallo», fosse stata narrata da Alessandro Baricco o da Marco Paolini sarebbe risultata più ammaliante. Può darsi che il programma abbia solo bisogno di un rodaggio (via Mecenate non è corso Sempione), ma fin dai tempi della tv del dolore conviene diffidare dell’esibizione dei buoni sentimenti.
Aldo Grasso