Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  ottobre 03 Mercoledì calendario

L’USO TROPPO INFLAZIONATO DELLA PAROLA TERRORISMO

Ho letto e condiviso gran parte della sua risposta alla lettera sul terrorismo islamico. Ma sono stato colpito dall’elenco dei terroristi «non islamici». Lei parla delle Br italiane e tedesche, Ira ed Eta, giapponesi con il veleno nella metropolitana e i serbi di Mladic. Se escludiamo i terroristi giapponesi e i serbi, vengono citate tutte o quasi tutte sigle che compivano atti contro il sistema occidentale. Si dimentica di alcuni altri terroristi chiaramente razzisti e di destra quali Oas francese, i Nar di Fumagalli, Gladio, solo per citare i più noti. Inoltre non so come lei giudichi gli atti terroristici compiuti da militari appartenenti a uno Stato: la politica di Israele; gli interventi Usa nelle aree che interessano per il petrolio o per il controllo geopolitico
del globo (ad esempio gli eccidi con i «droni» in Afghanistan e Pakistan).
Carlo Amodeo
camodeo@alice.it
Caro Amodeo, non volevo compilare una lista completa delle maggiori organizzazioni terroristiche, ma in effetti avrei potuto citare, insieme ai Nar (Nuclei armati rivoluzionari), l’Oas, Organisation de l’Armée secrète, costituita da alcuni uomini politici e ufficiali delle forze armate francesi che si erano ribellati alla politica algerina del generale De Gaulle. Il suo principale attentato ebbe luogo il 22 agosto 1962, pochi mesi dopo gli accordi di Évian con cui la Francia aveva riconosciuto l’indipendenza dell’Algeria. Gli attentatori (un commando composto da una dozzina di persone e guidato da un tenente colonnello) aprirono il fuoco contro la vettura che portava De Gaulle e sua moglie all’aeroporto militare di Villacoublay. La vettura fu ripetutamente colpita, ma l’autista riuscì, con un colpo d’acceleratore, a raggiungere l’aeroporto. Il regista dell’attentato, Jean-Marie Bastien-Thiry, fu arrestato, condannato a morte e passato per le armi.
Quanto a Gladio, caro Amodeo, aspetto che qualche storico ci dica con precisione e distacco quale fu il ruolo di questa formazione segreta in quella che venne definita «strategia della tensione». Nelle intenzioni dei fondatori era il nucleo dei corpi partigiani che avrebbero combattuto contro le forze del Patto di Varsavia se queste fossero riuscite a penetrare in un Paese dell’Alleanza.
Non avrei mai incluso nella lista, invece, gli «Stati terroristi». Se lei pensa alle violenze subite dalle popolazioni civili durante la Seconda guerra mondiale, devo ricordarle che nessuna delle maggiori potenze si astenne dal bombardare «a tappeto» le città del nemico. Se lei allude al brutale trattamento dei prigionieri di guerra e alla politica genocida perseguita contro gruppi etnici o religiosi, questi sono crimini di guerra che dovrebbero essere perseguiti come tali. Se lei si riferisce alle operazioni «coperte» dei servizi d’intelligence contro uno Stato nemico (uccisioni mirate, operazioni di guerra cibernetica, sabotaggio di servizi pubblici e azioni provocatorie di varia natura), non credo che bastino a definire terroristici gli Stati da cui sono compiute. Qualche anno fa, dopo l’11 settembre, uno studioso americano, Walter Laqueur, scrisse un libro (Il nuovo terrorismo, Corbaccio 2002) in cui spiegò che esistono circa centocinquanta definizioni di terrorismo. L’uso della parola, quindi, è molto inflazionato; e l’espressione «Stato terrorista», in particolare, è ormai l’etichetta frequentemente usata, anche dagli Stati Uniti, per screditare e disumanizzare il Paese con cui esistono divergenze apparentemente insormontabili. Qualcosa del genere è accaduto per «fascista», una parola tuttofare che rendeva inutile qualsiasi ulteriore analisi delle ragioni del contrasto e consentiva a chi se ne serviva di trattare il nemico come una belva contro la quale tutto è lecito.
Sergio Romano