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 2012  ottobre 02 Martedì calendario

“ARRIVANO LE SS SCORTATE DAI FASCISTI”: POI IL MASSACRO

I BIMBI FUCILATI E LE DONNE INCINTE FINITE CON LE BAIONETTE L’ORRORE DI QUEL GIORNO NEL RACCONTO DEI SOPRAVVISSUTI - Il museo di Sant’Anna di Stazzema non assomiglia a nessun museo. Non solo immagini di bambini che fanno il girotondo davanti alla scuola, o le donne sedute nell’erba, occhi che ormai non sanno piangere figli e mariti stesi ai loro piedi come fagotti. Il racconto di uno schermo acceso dal mattino alla sera raccoglie le voci dei testimoni sopravissuti. “ Io sono questa”: la signora cerca col dito una bambina del girotondo. “Le altre le hanno uccise”. Dall’estate della Versilia risalgono famiglie tedesche in vacanza. Nelle loro facce impossibile leggere il dolore di chi è cresciuto in un paese diverso, solo la meraviglia di una vergogna che non riescono a sopportare. Visite brevi e se ne vanno. Estate anche allora, 12 agosto 1944. Il macellaio attraversa le quattro case del paese alle 6 del mattino. I partigiani se ne sono andati e la gente respira: forse la guerra si allontana e gli americani stanno per arrivare. Il macellaio ha visto dall’altra parte del monte le strisce dei razzi che si alzano dalle prime colline. “Arrivano da tre parti diverse, chissà cos’hanno in mente”.
AVVISA gli uomini al lavoro nelle campagne e corre al paese per avvertire: sta succedendo qualcosa, spargete la voce. Padri e figli ormai grandi scompaiono nel bosco. Donne e bambini in casa, il parroco si inginocchia all’altare. Paura hanno paura ma in fondo sono tranquilli: inermi, non pericolosi, cosa possono fare ? Verso le 7 le prime raffiche. Spuntano le SS guidate da fascisti dalla parlata toscana ma chi spia fra le imposte ha un respiro di sollievo: “I tedeschi sono quasi tutti sono ragazzi”. Ma non etrano tedeschi: battaglione reclutato in Ungheria agli ordini di sottufficiali dall’esperienza glaciale. La storia di un ragazzo di San-t’Anna conferma che la speranza non era fuori luogo. Racconta nelle mille interviste Enrico Pieri: “Siamo stati portati verso la piazza ma a mezza strada un contrordine ci ha chiusi nella cucina della famiglia Pierotti. Grazia, una delle ragazze Pierotti aveva paura e s’era rifugiata nel ripostiglio in fondo alla stanza, sottoscala dove finivano damigiane e bottiglie vuote. Mi ha chiamato con la mano e mi sono nascosto. Arrivano 13, 14 persone accompagnate dai tedeschi con le pistole puntate: subito cominciano a sparare”. Pieri vede la sorella disperata, la vede per un minuto perché un minuto è morta. Poi un militare finisce i feriti che sussultano, dà fuoco alla paglia e se ne va. Di fronte alla cucina della nonna del ragazzo che crede di impazzire c’è una pianta di fagioli raccolti nella forma di un capanno. I due bambini si nascondono e aspettano non sanno cosa. Un altro ragazzo – Ennio Mancini – viene incolonnato assieme agli amici, fila indiana su un sentiero che si arrampica nel bosco. Paralizzati dallo spavento faticano a camminare con l’arma degli accompagnatori che preme le spalle. L’ufficiale grida un ordine ad un ragazzo in divisa e risale la colonna per sveltire la sveltire la marcia dei primi.
ALLORA IL RAGAZZO guardiano comincia a parlare. Dice qualcosa, ma loro non capiscono. Allora comincia coi gesti: dito sulla bocca, silenzio, e la mano che si apre per dire “scappate “. Sono scappati. Nascosti nei cespugli hanno visto la recita del ragazzo che sparava in aria. Intanto su un poggio le SS piazzano una mitragliatrice. Ma i bambini non sono proprio spaventati. Una signora rassicura: che ai bambini non si fa del male: “Vogliono solo prendere le fotografie”. Invece cominciano a sparare. A Cesare Pardini si velano gfli occhi quando ricorda della pistola puntata alla testa della mamma che lo abbracciava.. “Mi è venuto il suo cervello addosso”. Suonano le campane. Il parroco guidava le preghiere. Entrano gli ufficiali: gli danno 15 minuti per indicare dove nasconde i banditi. “Se ne sono andati “, prova a convincerli. Lo ascoltano in silenzio, 15 minuti dopo l’ufficiale dà l’ordine di uccidere. La testimonianza del libro di Toaff, rabbino capo di Roma (Perfidi giudei, fratelli maggiori) racconta l’impresa del capitano SS Anton Galler, ex fornaio. Entrano nella casa di Evelina Belletti. Incinta, spettava la levatrice. I militari si incaricano di prenderne il posto. Aprono il ventre di Evelina con la baionetta e lanciano il feto in aria, bersaglio per il loro tirassegnao.
NEL PICCOLO MUSEO la memoria non invecchia, l’orrore resiste. Volti nomi, racconti che non smettono mai, storia di 560 persone uccise mentre chiedono di risparmiare almeno i più piccoli e le persone malate. L’ufficio informazioni della quattordicesima armata tedesca fa il punto sull’operazione Sant’Anna di Stazzema. Ne bruciano perfino il nome. Diventa “paese 183 barra 30”. Assicura che è stato ridotto in cenere, depositi di munizioni fatti saltare. Un deposito nascosto nella chiesa. Un mese dopo, 28 settembre, i primi americani salgono a Sant’Anna. Tornano a Pietrasanta per dire che il paese non esiste più. Case bruciate attorno alla piazza della chiesa, resti carbonizzati non sanno spiegare di quante persone. “Abbiamo avuto l’impressione che qualcuno spiava dal bosco”.