Marco Gasperetti, Corriere della Sera 02/10/2012, 2 ottobre 2012
GERMANIA, NIENTE PROCESSO AGLI AGUZZINI DI STAZZEMA — I
dieci ergastoli decisi dalla magistratura italiana dopo indagini rigorosissime e tre gradi di giudizio non hanno avuto alcun peso per i giudici tedeschi. E, 68 anni dopo, i 560 martiri di Sant’Anna di Stazzema — donne, vecchi, bambini, un neonato di venti giorni massacrati dalla furia nazista — restano senza giustizia. Il tribunale di Stoccarda ha deciso che non ci sarà processo in Germania per gli otto ex granatieri della «Reichsführer Ss» già condannati in Italia (altri due sono nel frattempo deceduti) e ora prosciolti. «Non ci sono prove sufficienti», hanno spiegato i magistrati tedeschi. E in un comunicato, che ha indignato i familiari delle vittime, i pochi superstiti dell’eccidio, perpetrato il 12 agosto del 1944 nel paesino abbarbicato sulle colline dell’Alta Versilia davanti al mare, si precisa che «dalle indagini, condotte in maniera ampia ed estremamente approfondita insieme all’ufficio criminale del Baden-Württemberg, è emerso che non è possibile dimostrare una partecipazione degli indiziati alla strage punibile con una pena che non sarebbe prescritta».
Ma c’è un altro passo nel documento della «non-sentenza» tedesca a far gridare allo scandalo. Secondo i procuratori tedeschi quell’eccidio non fu programmato (o almeno non ci sono prove) e premeditato per sterminare la popolazione civile come invece la storia ha sempre raccontato e i processi italiani stabilito. «È possibile che originariamente — hanno scritto i magistrati di Stoccarda — l’obiettivo dell’azione militare fosse la lotta contro i partigiani e la cattura di uomini abili al lavoro per una deportazione in Germania e che l’uccisione della popolazione civile sia stata comandata solo quando si era reso chiaro che quell’obiettivo non poteva essere raggiunto». E ancora si sottolinea che «la sola appartenenza alla divisione protagonista del massacro per i procuratori tedeschi non è sufficiente: per ciascuno degli indagati si sarebbe dovuto poter dimostrare una responsabilità individuale, cosa non riuscita».
Dopo la decisione e le immediate polemiche, Claudia Krauth, procuratrice capo di Stoccarda, che ha coordinato le indagini, si è rivolta a sopravvissuti e parenti delle vittime. «Voglio dire loro che abbiamo fatto tutto il possibile per chiarire le responsabilità dei militari tedeschi nel massacro di Sant’Anna di Stazzema», ha detto. Ma loro, i sopravvissuti e i parenti che il 12 agosto avevano accolto e abbracciato il presidente del Parlamento europeo, il tedesco Martin Schulz, si sono sentiti ancora più offesi e beffati. Enio Mancini, 75 anni, era un bambino quando i soldati nazisti arrivarono nel paese e iniziarono a massacrare i suoi compagni di gioco e i parenti. Fu salvato da un militare tedesco che lo fece fuggire sparando in aria e da allora lo ha cercato inutilmente per abbracciarlo. Anche per questo la Germania gli ha conferito il «Bundesverdienstkreuz», un’alta onorificenza al merito. «Che adesso restituirò al governo federale — annuncia — perché questo proscioglimento è uno scandalo. La Germania dice sempre che non dobbiamo fare i compiti a casa in economia. Anche gli amici tedeschi, però, devono farli nella storia».
Amareggiato anche il procuratore militare di Roma Marco De Paolis, pm al processo italiano: «È stata una sorpresa. Non solo perché la nostra sentenza è stata confermata dalla Cassazione, ma perché alcuni dei condannati, oggi prosciolti, sono rei confessi».
Marco Gasperetti