Luigi Ferrarella-Giuseppe Guastella, Corriere della Sera 02/10/2012, 2 ottobre 2012
GLI AFFARI, I FAVORI E LE MAZZETTE. COSI’ FUNZIONAVA IL SISTEMA SESTO —
Una richiesta di arresto di Penati rigettata dal giudice nel 2011, un sequestro di 14 milioni della Codelfa annullato di recente dalla Cassazione, e adesso anche 10 mesi di tempo in meno per fare il processo su una delle tre concussioni, contestate accanto a due corruzioni e due finanziamenti illeciti: partirà in salita il giudizio chiesto dai pm monzesi e al quale l’ex capo della segreteria di Bersani dichiara di voler andare con rito immediato, preferendo però intanto non dimettersi da consigliere regionale e non anticipare una rinuncia alla prescrizione.
Tre concussioni
La prima è perché Penati, abusando dei poteri di sindaco ds di Sesto San Giovanni e in concorso con Giordano Vimercati (allora suo braccio destro e intermediario), nel 2000 avrebbe subordinato l’attuazione dell’intervento edilizio sull’area industriale dismessa ex Ercole Marelli ad una permuta di terreni a condizioni inique, e cioè avrebbe indotto il costruttore Giuseppe Pasini ad acquistare dall’imprenditore Piero Di Caterina, finanziatore di Penati, un’area di 3.000 mq in cambio di un terreno di 10.000 mq e di un conguaglio di 1 miliardo e 250 milioni di vecchie lire. Stesso schema anche nella seconda accusa di concussione: qui l’imprenditore indotto a vendere un terreno a Di Caterina sarebbe stato nel 2000 il concessionario d’auto Paolo Sfondrini. Queste due concussioni si prescriveranno senza tre gradi di giudizio entro il 2015, mentre con il ddl Severino in cantiere sarebbero già prescritte a far data dal 2010.
La terza imputazione è anch’essa una concussione, nella quale Pasini, non più per l’area ex Ercole Marelli ma per l’area ex Falck, sarebbe stato indotto da Penati e Vimercati a promettere il pagamento di 20 miliardi di lire (pagandone 4 tramite il mediatore Di Caterina), ad affidare la redazione del progetto prima all’architetto Goggi e poi all’architetto Lugli, a dare alle cooperative rosse emiliane rappresentate da Omer Degli Esposti i lavori per la realizzazione della parte residenziale dell’intervento immobiliare, a riconoscere false prestazioni di mediazione immobiliare e ricerche di mercato a Aesse Srl (1,8 milioni di euro) e Fingest Srl (620.000 euro) riferibili a due professionisti vicini alle coop rosse, Francesco Agnello ed a Salami Gianpaolo, e a ristrutturare il palaghiaccio di Sesto San Giovanni. Tranne Goggi e Lugli, tutti sono indagati per questa concussione che ora i pm Mapelli e Macchia retrodatano dal precedente «sino al 2004» all’attuale «sino al 17 febbraio 2003, data dell’ultimo pagamento»: la prescrizione interverrà quindi nel febbraio 2018 con le attuali regole, e nel febbraio 2013 con quelle in cantiere. Va però ricordato che nel 2011 il gip Anna Magelli negò ai pm l’arresto di Penati perché qualificò i fatti non come concussione (tesi dei pm) ma corruzione, che in quanto tale si sarebbe già prescritta nel 2011.
Due corruzioni
Come sindaco di Sesto sino al 2001, poi segretario metropolitano dei Ds sino al 2004, e quindi presidente della Provincia di Milano sino al 2009, Penati (tramite l’ex segretario generale Antonino Princiotta e l’ex presidente Vimercati del Consorzio Trasporti Pubblici) avrebbe favorito gli interessi della Caronte srl dell’imprenditore dei bus Piero Di Caterina, finanziatore tra il 1997 e il 2003 dei Democratici di sinistra per l’equivalente di 3,5 milioni di euro, più 50.000 nel 2008-2009. I soldi 1997-2003 sono già prescritti, gli altri nel 2016.
La seconda corruzione chiama in causa la Codelfa spa del gruppo Gavio guidato dal manager Bruno Binasco, l’intermediazione dell’architetto Renato Sarno, e la travagliata vicenda della «Serravalle-Milano Tangenziali spa» sotto l’egida della Provincia. La Procura descrive un triangolo: Penati, essendo in debito con Di Caterina che aveva finanziato il suo partito per anni, avrebbe indicato a Binasco di versare a Di Caterina una caparra di 2 milioni di euro per l’acquisto simulato di un immobile, in realtà di nessun interesse per la Codelfa, in modo che a caparra scaduta Di Caterina potesse trattenere i soldi. Ma anche il gruppo di Binasco avrebbe avuto il suo vantaggio: una tangente di 68.000 euro a Massimo Di Marco, amministratore delegato della Milano-Serravalle, sarebbe stata il corrispettivo per il riconoscimento alla Codelfa di riserve non dovute sui lavori della terza corsia dell’autostrada A7 e quindi per il relativo indebito pagamento di 18,8 milioni di euro pubblici. Qui l’accusa sostiene un arco temporale che va dal dicembre 2008 al dicembre 2010, quindi con prescrizione a metà 2018. Ma un mese fa la Cassazione ha annullato, con rinvio a un nuovo Tribunale del Riesame, il sequestro di 14 milioni della Codelfa (che anche il gip aveva respinto), ritenendo «debba escludersi che gli elementi presi in considerazione possano comunque costituire i gravi indizi richiesti quale presupposto del sequestro preventivo».
Due finanziamenti illeciti
Uno è contestato, per la finta caparra da 2 milioni, a Penati e Vimercati «quali esponenti del Partito Democratico», a Di Caterina «creditore per finanziamenti elettorali a Penati e alla locale federazione del Pds», a Binasco e a Sarno. Un secondo finanziamento illecito nasce dall’attività dell’associazione «Fare Metropoli», per i pm «mero schermo destinato ad occultare la diretta destinazione delle somme a Penati» tramite il «procacciatore di finanziamenti» Sarno: qui l’accusa raggiunge anche il banchiere Massimo Ponzellini per 5.000 euro dati, Enrico Corali della Banca di Legnano (10.000), Enrico Intini (30.000) e Roberto De Santis (20.000), Agostino Spoglianti (20.000), Paolo Golzio (20.000), Marco Gadaleta (20.000), Luigi Arnaudo (5.000).
Luigi Ferrarella
Giuseppe Guastella