Sara Ricotta Voza, la Stampa 2/10/2012, 2 ottobre 2012
COOPERARE FA BENE. SOPRATTUTTO A NOI
Parlare di cooperazione internazionale nell’Italia in crisi sembrerebbe un lusso che non ci si può più permettere. Ma questo, forse, anche perché l’attenzione sul tema si concentra nei soli giorni in cui questa grande realtà finisce sotto i riflettori per rapimenti e liberazioni di persone che ne fanno parte. E invece, a sentire gli interventi che si sono succeduti ieri mattina al Forum della Cooperazione Internazionale di Milano - ministri, uomini d’azienda, rappresentanti delle Ong – è ormai vero il contrario. Potrebbe essere la cooperazione a salvare l’Italia in crisi e a costruirle un futuro nell’era della globalizzazione. Come? Secondo l’ultimo rapporto Ispi, negli ultimi 20 anni ogni euro speso in cooperazione è rientrato sotto forma di commesse commerciali.
Il Presidente Napolitano, presente in video, è il primo a dire che se «la cooperazione è sempre stata un imperativo etico di solidarietà», oggi è anche «un critico investimento strategico»; il presidente del Consiglio Monti continua sulla stessa linea ricordando perché lo sviluppo dei Paesi - non più «beneficiari» ma «partner» – sia un investimento per la sicurezza e per la crescita. Ed è sempre lui a ricordare come il settore sia un valido strumento di occupazione giovanile, uno dei pochi in cui le donne sono il 52% e i giovani sotto i 40 anni il 53%. Monti poi parla a braccio per ridefinire due parole: «solidarietà e potere». La prima non è più solo un «gesto unilaterale» e la seconda va rivista nell’ottica della teoria del «Soft Power» dell’economista Joseph Nye: «L’Italia ha vantaggi naturali nel soft power che si esercita attraverso la persuasione, il suscitare fiducia e simpatia».
Parole che rinfrancano il ministro Andrea Riccardi, che ha voluto fortemente questo Forum proprio perché non ci si lasci andare «all’idea grigia del declino, che non è un destino ma una malattia interiore» di un Paese che un tempo era pronto ad aprirsi. E che forse oggi guarda al mondo come a una minaccia. Ma la massiccia presenza dei partecipanti al Forum – 1600 iscritti – e il gran lavoro di preparazione fatto in questi mesi dai gruppi di lavoro delle Ong lo fanno ben sperare. «Sembra che solidarietà e risorse limitate siano in conflitto ma paradossalmente il bisogno libera risorse».
E infatti fra gli «aggiornamenti» più evidenti del mondo della cooperazione c’è la presenza, auspicata e già realizzata, di nuovi attori come i privati, dalle Pmi ai giganti come l’Eni. «L’Africa negli ultimi cinque anni è la zona del mondo cresciuta di più dopo la Cina», rileva Paolo Scaroni, ad di Eni, «perché ha tutte le materie prime più il petrolio, di cui l’Eni è il primo produttore nel continente». Scaroni ha detto poi che è lì che si fanno le maggiori scoperte «energetiche», dal petrolio al gas. Motivazioni economiche, lontane però da atteggiamenti imperialistici o predatori grazie «alla tradizione matteiana: il petrolio non è nostro ma del Paese che ce l’ha».
Scaroni ha poi spiegato i nuovi progetti di cooperazione che riguardano la produzione di elettricità senza la quale non ci può essere sviluppo: «Acqua per sopravvivere, elettricità per svilupparsi» è la sintesi. Ma se anche il commissario Piebalgs ha insistito sulla necessità della nuova cooperazione con i privati, il mondo delle Ong ha già fatto sentire al ministro Riccardi le sue perplessità, che verranno esposte oggi in chiusura del Forum. «La presenza di un aiuto pubblico finalizzato allo sviluppo sostenibile ai diritti umani e alla pace rimane indispensabile», ha detto il presidente delle Acli Andrea Olivero. La posta in gioco è alta, il dibattito avviato.