Enr.Ma., Corriere della Sera 2/10/2012, 2 ottobre 2012
ROMA —
Lo sapevamo già. È la reazione del governo davanti ai numeri che dimostrano come l’enorme buco di bilancio dell’ex Inpdap (ente di previdenza dei dipendenti pubblici) aggravi pesantemente i conti dell’Inps che da quest’anno è diventato SuperInps, dopo che il decreto salva Italia ha disposto la confluenza dello stesso Inpdap e dell’Enpals (sport e spettacolo) nell’istituto di previdenza dei lavoratori privati. In ogni caso, assicurano il ministero del Lavoro e quello dell’Economia in un comunicato diffuso ieri sera, non c’è da temere «alcun effetto sulla sostenibilità del sistema previdenziale, che resta pienamente confermata». In altre parole, le pensioni, anche in futuro, verranno pagate perché i buchi, come sempre, saranno ripianati dallo Stato. In questo senso il comunicato congiunto definisce «del tutto infondata» l’affermazione che l’accorpamento dell’Inpdap all’Inps apra «un problema di sostenibilità» del sistema come invece è scritto a pagina 33 della nota di assestamento al bilancio 2012 dell’Inps che verrà discussa giovedì dal Consiglio di indirizzo e vigilanza e che il Corriere ha anticipato ieri.
I ministeri del Lavoro e dell’Economia negano inoltre che il disavanzo patrimoniale dell’Inpdap scaricato sul bilancio Inps (10,2 miliardi che saliranno a 16 miliardi alla fine dell’anno, tenendo conto della perdita di esercizio di 5,8 miliardi) sia dovuto anche al fatto che lo Stato, dal ’96, non ha pagato i contributi previdenziali di sua spettanza. Il comunicato dice che la circostanza è, «per quanto dato di conoscere, del tutto infondata».
«Che l’Inpdap fosse in disavanzo non è una novità. Quindi non c’è alcun allarme — dice il ministro del Lavoro, Elsa Fornero —. I costi della previdenza scenderanno man mano che si realizzeranno i risparmi prodotti dalla riforma delle pensioni». Ma la nota di assestamento al bilancio 2012 esprime ugualmente preoccupazione, sottolineando che il «disavanzo economico dell’Inpdap, destinato nel tempo a incrementarsi a seguito degli effetti del blocco del turnover (nei piani del governo c’è un taglio dei dipendenti pubblici di 300mila unità nei prossimi tre anni, ndr) sul gettito contributivo e sulle prestazioni, si ripercuote negativamente sul patrimonio netto dell’Inps con il rischio di un suo azzeramento in pochi anni».
Anche secondo Mastrapasqua «la previdenza dei dipendenti pubblici è strutturalmente deficitaria: il blocco del turnover ha creato un irreversibile sbilancio tra le entrate e le uscite». Ma, aggiunge il presidente dell’Inps, le ripetute riforme delle pensioni «hanno messo definitivamente in sicurezza i conti della previdenza italiana». Lo Stato, conclude Mastrapasqua, ha sempre coperto i buchi dell’Inpdap e «farà altrettanto nei confronti dell’Inps ora che l’Inpdap è soppresso». In ogni caso «il presidente e gli organi dell’Inps hanno già evidenziato al governo i problemi e proposto alcune ipotesi di transizione per assorbire i temporanei disavanzi». Insomma, il problema esiste e non è stata ancora individuata una soluzione.
Preoccupati i sindacati. Quale sia il dubbio che inquieta tutti gli iscritti all’Inps lo dice il segretario della Uil, Luigi Angeletti: «I 9 miliardi di buco dell’Inps nel 2012 sono dovuti per la gran parte al fatto che l’amministrazione pubblica non ha pagato i contributi previdenziali, come fanno tutte le imprese. Non vorremmo che fossero tutti i lavoratori a pagare questi contributi al posto dello Stato». Chiede l’apertura di un confronto col governo Vera Lamonica (Cgil): «Bisogna costruire un piano che, anno per anno, ripiani il deficit». Infine, mette le mani avanti Confcommercio: «Già come Rete imprese Italia avevamo evidenziato il rischio di uno spostamento sulle imprese di nuovi e insopportabili oneri derivanti da situazioni pregresse che nulla hanno a che vedere con il mercato del lavoro privato». Intanto, mentre ci sarebbe bisogno di nuove entrate contributive, la disoccupazione si conferma ad agosto al 10,7%, ai livelli massimi dal 2004. Quella giovanile scende appena, dello 0,5%, ma si ferma pur sempre al 34,5%.
Enr. Ma.