Aldo Grasso, Corriere della Sera 01/10/2012, 1 ottobre 2012
«PECHINO EXPRESS» SI E’ MESSO IN MOTO
Riuscirà un programma senza conduttore né studio a farsi largo nella prima serata generalista, anche in Italia? È la sfida di «Pechino Express», il programma di Rai2 arrivato alla terza di otto puntate. Se il format ha ottenuto ottimi risultati d’ascolto in diversi Paesi (dal Belgio, dove è nato, alla Francia), la sfida italiana si dimostra davvero più ardua, considerata l’anima conservatrice del pubblico nazionale (che fatica a orientarsi senza studio e il Carlo Conti di turno).
L’incipit non è stato per nulla semplice, con poco più di 1.700.000 spettatori medi nelle prime due puntate, e uno share sotto il 7%. Cifre che non bastano per una prima serata, pur di una rete non ammiraglia come Rai2, canale che il cattivo governo Rai ha spinto da oltre il 10% di share medio di due anni fa a neanche l’8% attuale. Ma almeno l’8% il programma — non proprio una produzione economica — dovrebbe raggiungerlo. Alla terza puntata, andata in onda lo scorso giovedì, sembra che il meccanismo si sia finalmente avviato, e il programma abbia iniziato a funzionare, anche grazie al passaparola del pubblico più reattivo e giovane.
L’ultima puntata in onda, infatti, ha toccato 2.210.000 spettatori, e uno share dell’8,9%, con un balzo di un paio di punti. Ad accorgersene sono stati, in particolare gli spettatori 20/30enni, il cui share è passato dal 7,7% al 9,4%, trasformandosi nel «core target» del programma. Un viaggio in Oriente che si presta alla doppia lettura dell’ironia, talvolta del ridicolo, e che cattura così l’audience più consapevole (miglior share per target dei laureati, col 9,7%). Se alla fine sarà un successo, pur con tutti i difetti del programma (Emanuele Filiberto in primis), qualcosa si sarà mosso nella calma piatta della tv italiana.
Aldo Grasso
In collaborazione con Massimo Scaglioni,
elaborazione Geca Italia su dati Auditel