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 2012  ottobre 01 Lunedì calendario

IN UN MARE DI VUOTO

Un massiccio buco nero è incastonato nel cuore della nostra galassia, la Via Lattea, alla cui periferia noi abitiamo. «Teniamo gli occhi bene aperti aspettando che divori qualche astro delle vicinanze e così possiamo rubargli altri segreti», racconta Pietro Ubertini dell’Istituto nazionale di astrofisica, celebre cacciatore dei mostri celesti. E intanto ci anticipa qualche dettaglio dell’appassionante ricerca di cui parlerà sabato 6 ottobre a BergamoScienza.
Pietro Ubertini è un astrofisico delle alte energie, cioè si occupa dell’universo violento dove si manifestano gli eventi cosmici più impressionanti. Tra questi ci sono i buchi neri, protagonisti di primo piano sia nella teoria che nell’osservazione, grazie anche agli strumenti che ora permettono di indagarli con interessanti risultati. Ubertini ha progettato e costruito, assieme al francese François Lebrun Ibis, un rilevatore imbarcato sul satellite Integral dell’Esa per raccogliere i raggi gamma generati da sorgenti cosmiche e in grado di mostrare quello che accade lontano dalla Terra. «È stato così — spiega lo scienziato — che, scrutando il centro galattico nella direzione della radiosorgente Sagittario A, abbiamo messo insieme l’identikit del buco nero le cui caratteristiche erano prima incerte».
Gli scandagli incominciarono dieci anni fa, poco dopo il lancio di Integral, esattamente nell’ottobre 2002, e alla fine si capì che il «mostro» aveva una taglia pari a 3,7 milioni di volte la massa del Sole. «Considerevole, ma tutto sommato non era gigantesco rispetto a quello che avremmo scoperto dopo altrove. Però nella sua attività divoratrice aveva fatto piazza pulita di tutte le stelle circostanti».
Quindi ora appare solitario in un grande vuoto, ma sempre pronto a esercitare la sua mortale attrazione gravitazionale la quale, essendo fortissima, è capace di accalappiare altri astri non vicinissimi. «Ogni decina o centinaia d’anni può accadere — aggiunge — e quindi lo scrutiamo in continuazione per non lasciarci sfuggire un’importante occasione di studio».
La Via Lattea è un’isola di stelle (se ne contano circa trecento miliardi); anzi, fa parte di un gruppo di isole stellari tra cui c’è anche Andromeda, destinata a scontrarsi con noi fra quattro miliardi di anni. Dopo aver scandagliato il cuore galattico l’osservatorio Integral è stato puntato su numerose altre zone. «E abbiamo individuato centinaia di buchi neri dispersi nel grande territorio, compresi i bracci che escono dall’area centrale. Sono piccoli, da dieci a cinquanta volte la massa del Sole, ma rappresentano una popolazione diffusa».
Negli ultimi anni lo sguardo è andato oltre la Via Lattea, verso galassie più remote. E qui è arrivata la sorpresa trovando, sempre al centro, buchi neri davvero mostruosi con masse addirittura dieci miliardi di volte superiori a quelle del Sole.
«Dopo un decennio di ricognizioni — nota Ubertini — ci siamo resi conto di come fosse comune la presenza di un buco nero in un cuore galattico. E sono nate tante domande. Inizialmente pensavamo che grandi galassie avessero enormi buchi neri e invece non è così e la risposta ancora non la conosciamo. Inoltre sappiamo che dall’universo primordiale di idrogeno si sono formati dei filamenti nei quali gli atomi si aggregavano, arrivando passo dopo passo ai buchi neri addensando sempre più materia. Ma per capire i passaggi bisognerebbe riuscire a spiegare bene come si sono formate le prime stelle, perché è dalle loro caratteristiche e dalla loro evoluzione che poi scaturivano i buchi neri. Se riuscissimo a veder stelle vecchie di 12-13 miliardi di anni, sicuramente ci aiuterebbero a sciogliere quei misteri delle origini».
Perché le stelle diventino dei buchi neri alla fine della loro vita, cioè quando hanno esaurito l’idrogeno che le alimenta, devono avere una massa almeno tre volte quella del Sole, secondo una regola generale risalente ancora al grande fisico americano Robert Oppenheimer. Poi collassano fino a non lasciar sfuggire nemmeno un raggio di luce. Ma la questione è ben più complicata. «E oggi sappiamo che questi mostri celesti sono diffusi dovunque, non sono delle eccezioni nell’universo, ma fanno parte della sua evoluzione», sottolinea Pietro Ubertini.
Mentre si discute di materia oscura che riempie buona parte del cosmo c’è anche chi si chiede se non esistano dei buchi neri diversi, appunto costituiti di questa materia oscura che si sa presente ma la cui natura non è stata ancora decifrata. Un mistero nel mistero.
Giovanni Caprara