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 2012  ottobre 01 Lunedì calendario

ULTIMATUM DEL SINDACATO AL LABURISTA MILLIBAND: «CACCIA VIA I BLAIRIANI» —

Che farne di Tony Blair e dei suoi «ingombranti» orfani? Fosse per il potente capo del sindacato «Unite» non ci sarebbero dubbi: sono una scheggia ingovernabile e occorrerebbe una purga in stile staliniano o maoista per cacciarli dal partito. E poi basta con la rincorsa al centrismo e ai voti moderati: «D’ora in avanti appoggeremo nei collegi elettorali solo chi sta chiaramente dalla nostra parte».
Len McCluskey è il segretario generale di Unite e come tale è il primo «azionista» dei laburisti: i suoi voti sono stati decisivi per elevare il giovane Ed Miliband alla carica di leader e i suoi soldi, i soldi del sindacato raccolti coi contributi di un milione e 500 mila iscritti, sono l’ossigeno necessario che tiene in piedi la macchina dell’opposizione.
È dunque chiaro che quando Len McCluskey decide di affidare il suo pensiero ultraortodosso e ultraprovocatorio al Sunday Times, nel giorno di apertura del congresso dei Labour, sa bene che è come piazzare una bomba ad orologeria sotto la scrivania del povero Miliband ed è un ricatto non da poco: o stai con noi, con i lavoratori, con la working class, o stai con i «morti» del blairismo. Il che significa o attaccare frontalmente i programmi di austerità, difendere a oltranza il welfare, respingere i tagli alla spesa e azzerare «la pazza politica» del congelamento delle retribuzioni pubbliche, una «pazza politica» che ha raccolto proseliti anche «nel nostro gruppo dirigente» e che, proclama il capo di «Unite», rende «furiosa» la base sindacale, oppure lasciarsi incantare dalle sirene del New Labour che fu di Tony Blair.
Non è una sfida di poco conto. Len McCluskey si mette di traverso e la navigazione di Ed Miliband diventa più difficile. Strano destino il suo: i sondaggi premiano i laburisti e rivelano che sono fra i 5 e i 10 punti avanti ai conservatori (dipende dalla società di rilevamento) però il quarantaduenne Miliband non convince a pieno e l’indice di gradimento di cui gode è inferiore ai consensi del partito. Così lo tirano per la giaccia sia la destra laburista che gli rimprovera di non avere il coraggio di rompere con le suggestioni estremiste e sindacali sia la sinistra laburista che invoca a gran voce la «riscoperta dell’anima» vera del laburismo per recuperare i delusi e gli astensionisti, per chiudere la bocca ai «blairiani» (capitanati da David, fratello di Ed).
Insomma, i tory sono in pesante carenza di ossigeno, i liberaldemocratici sono sull’orlo del suicidio però i laburisti galleggiano in mezzo al guado e non sanno bene in quale direzione muoversi. Non è un congresso da vita o morte, quello che celebrano a Manchester, e la leadership non traballa affatto. Ma Ed Miliband se vuole davvero prepararsi alla sfida delle prossime elezioni politiche (nel 2015 o più probabilmente anticipate al 2014) deve aprire l’agenda e dire qualcosa sui suoi programmi futuri. E il problema dei problemi sono il deficit di bilancio e il debito pubblico da governare. Con quali proposte si accredita Ed Miliband?
Il richiamo tanto risentito come quello del sindacato, suo sponsor di punta quando si trattò di trovare il successore di Gordon Brown, è stato così dirompente che un paio di carte le ha dovute per forza scoprire. La prima è una tiratina d’orecchie a Len McCluskey: «È suo diritto dire ciò che vuole ma sbaglia, il nostro non è il partito schiavo di interessi di parte, siamo il partito del settore pubblico e del settore privato». La seconda è uno zuccherino e ha per oggetto le idee sull’economia. Nel mirino di Ed Miliband ci sono le banche e i grandi patrimoni. Per quanto riguarda il settore del credito annuncia che una volta insediatosi a Downing Street (se sarà) provvederà a separare d’autorità il ramo commerciale dal ramo investimenti degli istituti. Sulle tasse affonda: la coalizione tory-libdem intende abbassare dall’aprile 2013 l’imposta per i redditi sopra le 150 mila sterline dal 50 al 45 per cento, «noi la riporteremo al 50». Un colpo al cerchio e uno alla botte. La scommessa di Ed Miliband per tenere unito il Labour.
Fabio Cavalera