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 2012  ottobre 01 Lunedì calendario

“FISCAL CLIFF” IL NUOVO SPAURACCHIO DI WALL STREET


Il nuovo spauracchio di Wall Street si chiama “fiscal cliff”, il cosiddetto precipizio fiscale. Se democratici e repubblicani non troveranno un accordo sul risanamento del deficit americano, il 31 dicembre scatteranno automaticamente dei maxi-tagli della spesa pubblica e degli aumenti delle tasse per un totale di 600 miliardi di dollari. Il rischio? Un effetto recessivo paragonabile a quello della spending review del governo Monti o delle misure di austerità introdotte in Grecia. Secondo il Congressional budget office, l’ufficio studi del Parlamento, la caduta nel “precipizio” porterebbe a una flessione del 2,9 per cento dell’attività economica nel primo semestre 2013 e quindi a un capovolgimento delle prospettive borsistiche. “A nostro avviso i mercati non hanno colto appieno questi pericoli”, avverte David Kostin, lo stratega della Goldman Sachs nel settore azionario. Nonostante le incertezze dell’ultima settimana, infatti, gli indici americani continuano ad attraversare un momento di euforia: lo S&P 500 ha guadagnato il 13 per cento dall’inizio dell’anno e il valore in Borsa della Apple di Tim Cook è ormai quasi 100 volte quello della Fiat. Eppure cominciano ad arrivare i primi segnali d’allarme da parte delle industrie degli armamenti, come la General Dynamics e la Lockheed Martin, o dei colossi della sanità, come la United Health Group: cioè dai due settori potenzialmente più colpiti dai tagli orizzontali della spesa pubblica. La scadenza di dicembre
2012 fu stabilita l’anno scorso come soluzione di compromesso nei negoziati per la riduzione del deficit federale. Incapaci di trovare una via di uscita, la Casa Bianca di Barack Obama, che chiedeva più tasse, e il Congresso controllato dai repubblicani, che voleva tagliare le spese sociali, posticiparono ogni decisione, introducendo al tempo stesso un meccanismo automatico che servisse da stimolo per una soluzione condivisa. Ma negli ultimi 13 mesi non è stato fatto alcun progresso. Finora si pensava che, superate le elezioni presidenziali del 6 novembre, le trattative potessero ricominciare in un clima più sereno: anche perché i due schieramenti avrebbero avuto un interesse comune a evitare che gli Stati Uniti finissero nel “precipizio”. La situazione resta però confusa. Anche se Obama dovesse essere riconfermato, come fanno pensare i sondaggi, il Congresso continuerà probabilmente a essere a maggioranza repubblicana. E se da un lato ci sono molti esponenti della destra disposti a pagare qualsiasi prezzo pur di non contraddire la loro posizione ideologica anti-tasse, dall’altro non pochi democratici ritengono che finire per un breve tempo nel burrone sarebbe tatticamente conveniente per le loro posizioni. a.zampaglione@repubblica.it