Giulia Zonca, la Stampa 1/10/2012, 1 ottobre 2012
“IO CONTROCORRENTE DO IL CAMBIO A DEL PIERO”
Se un anno fa avessero chiesto a Francesca Piccinini che cosa prevedeva per il futuro non avrebbe mai detto che si sarebbe trasferita a Torino, non si sarebbe sognata di giocare in una squadra diversa da Bergamo e non avrebbe immaginato un’Olimpiade tesa e difficile come quella vissuta a Londra. Invece oggi è una giocatrice del Chieri Torino, ha rivoluzionato la vita e l’immagine: da bionda sexy protagonista di un calendario a «ragazza della porta accanto che se la vede con Belen. Bisogna saper cambiare, soprattutto oggi, e io sono una che va controcorrente».
Tredici anni a Bergamo e ora è a Torino. Che effetto fa?
«Strano, non lo nego. Io e Del Piero ci siamo dati il cambio, per carità non voglio profanare nulla con paragoni improbabili, ma gli avrei chiesto volentieri come si sente lui con una maglia diversa dopo essere stato a lungo il simbolo di una squadra. Avevo altri due anni di contratto a Bergamo, ma loro avevano delle difficoltà economiche e ho preferito far le valigie che piantare grane».
Sembrava diretta all’estero.
«Lo ero. Mi hanno cercata in Azerbaigian, in Russia, in Turchia e lì certo avrei guadagnato di più, però mi sembrava giusto stare in Italia proprio perché questo mondo che mi ha dato tanto».
Scelta patriottica?
«Non avevo certo paura di realtà diverse. Sono partita a 16 anni, quando nessun’altra avrebbe avuto il coraggio di farlo. Ora sarebbe facile, è una moda: vanno via tutte. Io ho un nome che può dare un po’ di risalto alla pallavolo, è giusto stare qui. E poi Torino mi ha sorpresa. Non me l’aspettavo una città così vivace e non è un ripiego: c’è un progetto, uno sponsor sano e coinvolto, un allenatore determinato e la voglia di lavorare con le più giovani. Mi esalta essere parte di questa avventura».
L’ultima avventura, quella olimpica, non è finita bene.
«Una delusione, non esiste un’altra definizione. Non eravamo un gruppo, non c’era armonia e non si è fatto nulla per superare il problema, che tristezza. Quanti mesi sono passati? Ancora oggi non c’è stata un’analisi del risultato, qualcuno che si sia preso delle responsabilità o che abbia provato a spiegare la prestazione. È per lo meno strano. Il nuoto è andato male e li hanno rivoltati tutti».
Lei ha provato a dire la sua?
«Non era il caso di sprecare fiato. L’ho vissuta sulla mia pelle e so che non poteva andare diversamente. Alle singole persone ho detto che cosa pensavo, finisce lì. Non siamo arrivate preparate e non eravamo affatto concentrate».
Non sarà offesa perché non era titolare e ha giocato poco?
«Io mi sono comportata da professionista, nonostante fossi emarginata ho retto la pressione e evitato di creare ulteriori guai però ognuno andava per conto suo. Noi dovevamo andare a medaglia, ancora oggi se ci penso mi arrabbio. Non la butto giù. Altre volte la nazionale si è trovata ad affrontare squadre più forti, ad avere stelle acciaccate. Qui si trattava di giocarsela diversamente».
A 33 anni pensa di restare nel giro azzurro?
«Me lo auguro. Vediamo cosa succede, per ora non si sa neppure se confermano il ct. Aspetto».
Aspetta di vedere se Massimo Barbolini sarà ancora sulla panchina della nazionale?
«Ora allena anche in Turchia quindi vediamo che intenzioni ci sono. Se lui resta non sarebbe una buona idea per me insistere. Io all’azzurro ci tengo e per ripartire basterebbe far entrare aria fresca: aprire alle più giovani, mescolare le carte, ricostruire l’entusiasmo».
Lo dice lei che è la più vecchia del gruppo. Non ha paura di autorottamarsi?
«Figuriamoci, io sento di avere ancora molto da dare e sono più contenta se ci sono ragazze a cui passare il testimone. Certe colleghe fanno la guerra psicologica appena una nuova arriva in ritiro. Io non soffro la concorrenza. E a questo che mi riferivo prima. C’era un’aria malsana a Londra, ma non sta a me dire i nomi e dare i voti. Mi basterebbe che chi di dovere guardasse in faccia all’insuccesso. Non è arrivato per caso».
Viste da fuori le squadre di volley femminile sembrano un covo di rivalità. Vero o falso?
«Ai tempi della Cacciatori il nostro dualismo era costruito da fuori. In realtà ci rispettavamo molto e io avevo grossa ammirazione per la sua carriera. Avercene di rivali così. Ma gli spogliatoi non sono tanto complicati. Magari non ti fai amici veri lì dentro però io ho vissuto grandi intese».
E fuori dal campo come vive la rivalità femminile? Ha diviso il set di uno spot con Belen.
«Sicuramente non possiamo rubarci il posto quindi non ci sono state tensioni. Ho trovato Belen molto meno costruita di quanto mi aspettassi. Le danno della sciupauomini, io l’ho vista tranquilla».
Le ha presentato il fidanzato?
«No, ma lei mi ha presentato il suo. Stava sempre sul set, era impossibile non conoscerlo».
C’è chi dice che lo sport e lo show si sono mescolati troppo e l’immagine dei campioni ne risente.
«Lo dicono solo quelli che non hanno curiosità. Io mi sento camaleontica, ho fatto un po’ tutto. Ma il volley resta al primo posto. È per lo sport che faccio sacrifici, non per fare delle foto. Basta sapersi gestire».
Quando va male però si rischia il massacro.
«Nonva sempre bene, nello sport ci vogliono le spalle larghe e servirebbe più chiarezza. Hanno fatto tanto rumore per le dichiarazioni di Magnini ai Giochi, che falsità. Io gli ho detto che ha fatto bene: ha spiegato una sconfitta, si è preso le sue colpe ma ha evidenziato un problema collettivo. Ha parlato di sport non ha rivelato il segreto di Fatima. Lo avessimo fatto anche noi nel volley».