Raphaël Zanotti, la Stampa 1/10/2012, 1 ottobre 2012
ISCRITTI A VITA E SEDI FASULLE GIRO DI VITE SUI CONSUMATORI
Consumatori: per oltre dieci anni, abbiamo scherzato. Se ascoltando il leader di un’associazione di consumatori, pesavate avesse alle spalle una struttura solida e un agguerrito gruppo di cittadini, abbiamo scherzato. Ma come - direte - un’associazione tanto blasonata, con tanto di riconoscimento ministeriale? Nulla, abbiamo scherzato. Il ministero dello Sviluppo Economico, che detiene l’elenco delle associazioni riconosciute a livello nazionale, non sembra attualmente in grado di stabilire se chi compare in quella lista abbia i titoli o meno per esserci.
Situazione fuori controllo
A confessarlo candidamente è il ministero stesso che, a oltre dieci anni dalla nascita dell’elenco, ha deciso di cambiare il regolamento per l’accesso rendendo «più efficaci le verifiche di rappresentatività», evitando che «la combinazione fra autodichiarazione dei requisiti e difficoltà di verificarli mediante la documentazione oggi prevista determini perplessità e dubbi circa l’effettiva rappresentatività». Cosa vuol dire? Che fino a oggi i requisiti per entrare a far parte del dorato elenco erano, eufemisticamente, laschi. Il numero minimo di tesserati (28.000), le sedi sul territorio nazionale (almeno in 5 regioni), le quote d’iscrizione: tutto autodichiarato, magari con rinnovi tessere orali e con quote irrisorie. Un problema di credibilità che colpisce innanzitutto i tanti che, onestamente, si impegnano nel diffondere il consumerismo in Italia. Ma ora è sorta un’altra questione: le associazioni con sigle più o meno sconosciute che bussano alla porta per entrare nell’elenco, sono sempre di più. Che fare?
Soldi, ma a chi?
Il problema non sarebbe grave se non fosse che solo chi fa parte dell’elenco nazionale ha diritto a ricevere i fondi che il ministero mette a disposizione. Non siamo ai fasti del quinquennio 2003-2007 con i suoi 47,7 milioni di euro stanziati, ma qualcosa arriva sempre, anche in periodo di crisi. Nel maggio 2010 furono stanziati 4,5 milioni per progetti presentati dalle associazioni e altri 13 furono destinati alle Regioni che li ridistribuirono tra associazioni e iniziative. Problema: a che titolo si percepiscono questi soldi se è impossibile dimostrare una certa solidità?
Il doppio presidente Nonè solo un problema di iscritti. Il caos è tale che, per esempio, dal 2002 siede al Cncu, il consiglio nazionale delle associazioni,il presidente di un’associazione che non è riconosciuto dall’associazione stessa. Due sentenze, primo grado e appello, hanno sentenziato che da quell’anno il presidente dell’Acu è Roberto Saracino, ma nonostante questo al Cncu continua a sedere Gianni Cavinato, suo predecessore, e a Saracino non resta che inviare lettere all’universomondo per far sapere che è lui il presidente.
Lo sportello nel tinello
Ogni associazione deve dichiarare un numero minimo di sedi per essere riconosciute, ma la norma è generica e i controlli infinitesimali. Così accade che le associazioni mettano in rete numeri di studi legali, case private, associazioni d’impresa, sindacati, distributori di prodotti farmaceutici. Il che, considerata l’indipendenza che dovrebbero avere le associazioni, non è il massimo.
La stretta e le polemiche
Così il ministero ha deciso nuovi parametri: tesserati dimostrabili, bilanci in chiaro, quote realistiche. E tra le associazioni è scoppiata la guerra. Tra quelle riconosciute e quelle non ancora tali (che vorrebbero gli stessi criteri usati per le altre); tra le stesse associazioni riconosciute visto che il tesseramento selvaggio sarà più facile per quelle legate ai sindacati o ai partiti politici. E anche tra associazioni e ministero. Elio Lannutti, storico leader dell’Adusbef, ha già presentato un’interrogazione parlamentare: il nuovo regolamento del ministro Passera prevede la possibilità delle associazioni di essere finanziate da aziende private. Lannutti non ha dubbi: leggasi banche, che in questo modo non sarebbero più sotto l’inflessibile (per quanto confusa) tenaglia delle associazioni dei consumatori.