Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  settembre 30 Domenica calendario

ALL’ASTA LE PASSIONI DI FRUTTERO

Non sono soltanto mobili, oggetti, alcuni libri, l’ultimo taccuino, quelli che il 17 ottobre a Firenze la casa d’aste Pandolfini manda all’incanto, con prezzi base che vanno da 100 euro fino a 25 mila euro a seconda degli articoli (Palazzo Ramirez-Montalvo, ore 15). Sono le passioni di un uomo che in vita ne ha avute tante e le ha coltivate fino all’ultimo. Carlo Fruttero è morto lo scorso 15 gennaio nella casa di Roccamare, nella pineta di Castiglione della Pescaia dove ormai da anni si era ritirato, lasciando, oltre ai suoi libri, molti oggetti che continuano a parlare di lui, soprattutto nella casa di Torino dove per anni aveva vissuto e dove non tornava da tempo. Ora le figlie, Carlotta (che è rimasta nella casa del mare dove ha vissuto con il padre negli ultimi anni) e Federica (che invece da tempo si è trasferita a Parigi), hanno deciso di smantellare l’abitazione torinese. «Teniamo la casa di Passerano, nella campagna piemontese dove abbiamo trascorso tante estati in passato, ma questa di Torino è disabitata da tempo. Nessuna di noi due pensa di tornarci e le nostre case non sono più in grado di accogliere altri mobili e oggetti — dice Carlotta —. Così, a malincuore, abbiamo deciso di mettere all’asta alcuni pezzi che altrimenti rischiavano di rimanere sepolti per anni in un magazzino».
Si tratta soprattutto di quadri, suppellettili, mobili. I libri e i manoscritti le figlie hanno deciso di tenerli: «Però abbiamo voluto includere anche qualcosa di veramente suo, rappresentativo della sua arte. Abbiamo scelto l’ultimo taccuino, quello con brani di Mutandine di chiffon, La linea di minor resistenza e la favola della Creazione. Tra i libri della sua biblioteca c’è un volume della collana Urania, una prima edizione de La donna della domenica, un numero della rivista Il mago, fondata da Mario Spagnol e pubblicata da Mondadori, che era molto rappresentativa di papà e di Franco Lucentini perché pubblicava fumetti e strisce che allora in Italia nessuno conosceva: Mafalda, D. C., Wiz, Blondie. Il resto no, anche se abbiamo decine di casse piene di libri e taccuini. Nello studio di Torino c’era una scaffalatura rossa, di quelle industriali, piena di volumi. Papà scriveva a mano su notes a quadretti, formato A4, acquistati dal tabaccaio, poi batteva a macchina con l’Olivetti, prima quella verde, poi la Valentine rossa. Il computer non l’ha mai toccato». Su un taccuino aveva scritto anche parte del suo primo romanzo dopo la morte di Lucentini, Donne informate sui fatti. «Poi si smarrì, nel salottino azzurro, tra pile di giornali e di libri e quindi papà decise di lasciar perdere. Lo ritrovò per caso, dopo mesi, Giovanna Sereni, una delle due figlie di Vittorio, suo grande amico. Allora ricominciò a lavorarci, lo prese come un segno».
Anche gli oggetti che verranno venduti raccontano molto della vita dello scrittore. «Papà era un amante del bello e anche negli anni Cinquanta, quando non aveva molti soldi e viveva di traduzioni, con Lucentini che era un appassionato d’arte e di antichità, amava andare in giro per antiquari, rigattieri e mercatini alla ricerca dell’affare».
Affari tra cui il 17 ottobre si potranno trovare il comò intarsiato che stava nella camera da letto, dove Fruttero teneva sciarpe e camicie, il cassettone siciliano dove riponeva i notes e le fotografie, i 14 piatti francesi in terraglia che stavano appesi in sala sopra il camino: «Probabilmente — dice Carlotta — Franco glieli aveva fatti comprare in uno dei loro viaggi, con mamma e Simone, la compagna di Franco. L’avrà convinto che andavano acquistati tutti quanti, assolutamente».
Cristina Taglietti