Andrea Morigi, Libero 28/9/2012, 28 settembre 2012
FARINA: «IO INFAME? NO, PRONTO ALLA GALERA»
Betulla, Dreyfus, si nasconde dietro altri pseudonimi, onorevole Farina?
«Quando scrivevo di cucina, mi firmavo Artusino. L’unico pseudonimo l’ho usato nel momento storico dell’inchiesta giudiziaria che mi riguardava, per un paio di mesi e d’accordo con la direzione (...) di Libero che ha cercato così di difendere la mia libertà d’opinione. L’ho raccontato nel mio libro, Agente Betulla. Credo peraltro che mi avessero individuato, perché il mio stile è riconoscibile. Eppure Alessandro Sallusti ha avuto la generosità davanti all’Ordine dei giornalisti di assumersi la responsabilità dello pseudonimo per consentirmi di scrivere ancora. “Betulla”, invece mi è stato appioppato senza che lo sapessi, ma quella è tutta un’altra storia».
Perché non ha parlato prima?
«Perché non ho mai saputo che quell’articolo fosse stato querelato. L’ho appreso solo venerdì, quando ho letto l’editoriale di Feltri, che lo annunciava. Nessuno mi aveva mai chiesto di dare la mia testimonianza su questo. Né la magistratura né altri. Poi, quando la sentenza è arrivata all’esame della Cassazione, ho pensato che espormi mi avrebbe certo fatto apparire buono e bravo, ma avrebbe implicato anche, da parte dell’Ordine, altri guai per Sallusti. Posso aver pensato male, ma non c’è stato alcun calcolo di convenienza da parte mia».
Poi, però, dopo che Feltria “Porta a Porta” aveva rivelato che Dreyfus è lei, ha raccontato tutta la vicenda all’aula di Montecitorio...
«Mi spiego: fino all’ultimo ho confidato in una remissione di querela, confidavo in un rinvio in appello, come chiesto dal Procuratore Generale, e a quel punto avrebbe avuto senso in quella sede testimoniare. Quando le sentenze arrivano in Cassazione si giudica la legittimità, non si rivede il film dei fatti. A sentenza negativa accaduta, il mio rivelarmi colpevole implica la revisione del processo o la grazia. Avrei potuto qualche giorno prima confessarmi colpevole? Ne ho parlato con i miei avvocati. Ma poi, mi hanno spiegato, si sarebbe attribuita a Sallusti la responsabilità di avermi fatto scrivere nonostante il divieto dell’Ordine dei giornalisti. Perciò non ho potuto rimediare quando c’erano i processi in corso. Ma ora si può sostenere che la sentenza si basa su un errore giudiziario. E ci sono motivi per chiedere la revisione del processo».
Mentana la definisce un infame, Feltri la apostrofa più volgarmente, Lei cosa risponde?
«Non dirò mai in vita mia una parola contro Feltri, gli devo troppo. Di certo io conosco i fatti e i miei sentimenti Non conosco la viltà (semmai la vanità), né posso essere accusato d’infamia. Ma se qualcuno vuole esercitarsi nel tiro delle freccette, io sono un bersaglio facile. Risponderò con i fatti: non presenterò appello contro la sentenza che mi ha condannato a due anni e otto mesi di reclusione senza condizionale. Così la renderò immediatamente esecutiva».
Non si trattava di diffamazione, stavolta...
«No, ma sono il primo deputato ad essere condannato al carcere perché ho nominato un mio collaboratore che era stato effettivamente conoscente di Lele Mora e mi sono fatto accompagnare nel carcere dove Mora era rinchiuso. Rimango convinto che nessun curriculum sia pregiudizievole, nemmeno quello di aspirante tronista. E sottolineo che non l’ho portato in discoteca o in un festino, ma in galera».
Quindi lei andrebbe in carcere anche al posto di Sallusti?
«Ma certo. Non ho nessun dubbio. Non sono pronto, come penso non lo sia nessuno: io in carcere ci vado tutte le settimane. So che fa schifo. È un inferno. Ma se la verità giuridica e la giustizia italiana esigono questo, io sono qui. Ricordo che i deputati non possono essere arrestati preventivamente, ma le sentenze definitive si eseguono. E comunque spero, nel momento in cui la legge sulla diffamazione a mezzo stampa è stata definita orribile, che sia considerata tale anche quando colpisce me. Nel frattempo, spero che il Senato della Repubblica e la Camera dei Deputati cambino la norma come chiede anche Napolitano e trovino altre forme di punizione e di risarcimento per i casi giudicati diffamanti».
I suoi colleghi parlamentari come hanno accolto il suo intervento di stamane (ieri, ndr) in Aula?
«Ho notato applausi anche dai banchi del Pd. Ma soprattutto mi ha colpito molto il commento di Paola Binetti: “Ti si scateneranno contro perché sei andato contro l’aborto”. E poi c’è la magistratura. Sono due temi tabù”.