Alberto Arbasino, Corriere della Sera 30/09/2012, 30 settembre 2012
PARLO, QUINDI SONO (BANALE)
Sempre più spesso, soprattutto nella stagione turistica, su tutti i giornali italiani, qualche lettore forse un po’ imbranato riferisce che un amico straniero di passaggio gli ha fatto notare qualcosa che in vita sua non era mai giunto ad osservare. Benché fosse una cosa italiana sempre stata lì, davanti al naso. E dunque vorrebbe condividere questo complesso di inferiorità con altri connazionali, che magari non si sono accorti di niente.
«All’estero», invece, è una generalizzazione tradizionale che si riscontra abitualmente oltrefrontiera. Ivi i cittadini limitrofi si guardano bene dal fare osservare qualche magagna locale ai visitatori. Anzi, tendono a mostrare pregi, a esaltare progressi… Mentre solitamente paiono apprensivi gli sguardi nostrani di sottecchi per captare i giudizi stranieri sulle belle o brutte figure «de noantri». E comunque, un’intervista qualunque assume spicco e rilievo se i giornalisti italiani vengono convocati da un personaggio connazionale in una prestigiosa località estera.
I nostri complessi d’inferiorità — sociali, culturali, civili — si possono manifestare non appena oltreconfine, in Europa. E non solo circa le automobili e la moda pronta o il fast food. Così come non appaiono speranze di reciprocità, nelle nostre informazioni mediatiche, anche sulle minuzie d’Oltreoceano. Benché l’Estero sia grande, grande, e comprenda vari oltremari meno progrediti di noi…
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Riappare ogni tanto il nome di Ayn Rand. Ma soprattutto per le sue idee teologiche e metafisiche. O per la sua villa architettonicamente progressista, nei paraggi di Los Angeles. Chissà perché, si ricorda meno il gran successo del suo romanzo Noi vivi, malgrado l’enorme popolarità dei ben due film che se ne trassero, Noi Vivi e Addio Kira, diretti da Goffredo Alessandrini in piena guerra, nel 1942, con Alida Valli, Rossano Brazzi, Fosco Giachetti, e una vera folla di comprimari e caratteristi illustri.
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Addirittura un gran lombardo come Dante Isella non conosceva il nostrano «infernott», e si viene a sapere che lo apprese da Carlo Dionisotti, in quanto cantina di vini pregiati. Nelle nostre campagne, in fondo a un’orrida scala sotterranea, si diceva che vi erano sepolte le vittime di certi frati, quando la casa era convento, prima dei «tudesc». Cioè i Khewenhüller, governatori austriaci della Lombardia. Lo si apprese da una revisione catastale, che i nonni ottocenteschi avevano acquistato questa loro proprietà. Prima, si era detto che i venditori erano i d’Adda. Ma nell’ode Alla Musa del Parini si spiega appunto che Febo d’Adda aveva sposato Leopoldina Khewenhüller.
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A proposito del Dionisotti, la sua fondamentale Geografia e storia della letteratura italiana cita molti nomi e titoli piuttosto minori, specialistici, fra le guerre e le crisi che sconvolgevano l’Italia. Mai, però, una connessione con la pittura o la musica, benché nelle età barocche e romantiche i rapporti siano stati più importanti di quanto non fossero gli eventi bellici. Non si usavano le correlazioni o inter-relazioni, allora? (Interdisciplinarietà eventuali con la Carne, la Morte, il Diavolo…).
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Signor Direttore, non mi è ben chiaro quel «più deteriore», così frequentemente usato. Attualmente, varrebbe più o meno di «il più minore» o «il più peggiore»? O si valuta caso per caso, a seconda dei casi? E «i più acerrimi», dove metterli?
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«Sono sereno. Come sempre». Tranquilli?
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«Risibile», eh. E allora, ridiamo un po’. Ah, ah.
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Manovre raffinatissime… Pizzeria rustica?
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Molto british… Mah?
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«Politicanti troppo sopravvalutati come statisti, per venir liquidati come demagoghi», si ripeteva nelle vecchie famiglie.
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«È la legge elettorale che ci preoccupa», ripetevano gli agonizzanti, molti anni fa.
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Qua se denigra un pochino troppo. Lo dice pure la signora qua.
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Bufera qua, bufera là, bufera su, bufera giù!
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La passion predominante... Devastante, dilagante imperante, pregnante, dilettante... Principiante?
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«Fine a se stessa!». Come la pittura astratta e la musica concreta? Brutti tempi, dottore.
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E il riuso, tutto a posto, o in crisi?
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Tutti pazzi, e come no. Ma per cosa?
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È qui la fiaccolata di stasera? Ma per che cos’è?
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Incalza, incalza, va bene. Sì, sì, ma poi?
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Farà discutere? Davvero? Sul serio?
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Sarà polemica, subito? O dopo?
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Brand, trend, teen, in, look, out, thriller, killer, noir, cool… Brrr.
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Coinvolgere… Gratis?... O addirittura, dover pagare per sentire una lettura? Su una dura quotidianità, o su una strage in crisi?
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Così per gioco. Provocazioni, trasgressioni, infrazioni, irriverenze, interferenze, impertinenze, inadempienze, insolenze, insolvenze…
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Meno scherzi. Più impegni, più doveri, più obblighi, più iniziative, più eventi, più giovani, più sviluppi, più marketing, più rigori, più donne, più crescite, più consumi civili, mondiali, globali, glocali!
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Quanto durerà la generazione futura, professore?
Alberto Arbasino