Francesco Spini, la Stampa 30/9/2012, 30 settembre 2012
A TRASPORTI E SOCIETÀ PUBBLICHE TOCCA LA FETTA PIÙ GRANDE
Milano - Un rebus. Calcolare con precisione a quanto ammontino gli incentivi che lo Stato passa al sistema produttivo non è impresa facile. Dice l’Istat che nel 2011 il totale dei trasferimenti alle imprese è stato di 32,899 miliardi di euro. Una somma, questa, che unisce i 15,005 miliardi a carico dello Stato, i 17,168 miliardi fuoriusciti dagli enti locali, oltre ad altre per così dire «briciole» di altre fette della Pubblica Amministrazione. Ma in questo calderone rientra di tutto, e la parte del leone la fanno settori di pubblica utilità, di fatto è l’impiego delle tasse per avere determinati servizi: non per nulla a fare la parte del leone sono i trasporti pubblici, con le Ferrovie dello Stato in prima linea, ma pure le Poste. Finisce che molto è diretto ad attività che, come già notava uno studio del Centro Studi di Confindustria, «nulla hanno a che fare con un’attività imprenditoriale con fini di lucro», come Enav, scuole e università private, municipalizzate, la «salvaguardia di Venezia», la sicurezza stradale. E l’industria vera e propria? Finisce in un cantuccio, un di cui che secondo quanto è stato calcolato anche l’anno scorso ha attratto circa tre miliardi di euro di trasferimenti, una goccia del mare. Più o meno quanto già per il 2010 aveva calcolato anche Confindustria: anche in questo caso solo 3 su 34,6 miliardi di trasferimenti finirono a chi lotta quotidianamente sul mercato.
Ma il tema, si diceva, è di quelli complessi, da maneggiare con cura. L’ultimo rapporto della Ragioneria generale dello Stato - come del resto ha fatto anche Francesco Giavazzi nel rapporto presentato al governo -, preferisce prendere in esame le sole risorse finanziarie erogate alle imprese sotto forma di incentivi puri, ossia «senza alcuna forma di controprestazione». Niente contratti di servizio e di programma, niente treni, niente poste. Anche qui i numeri sono ballerini a seconda di quale ufficio studi prenda in mano la calcolatrice. Stando alla Ragioneria, tra il 2007 e il 2011, si calcola, l’ammontare complessivo erogato da questi incentivi «puri» è stato di 42,6 miliardi di euro. Se nel 2010 abbiamo toccato la cifra più alta, con 10,4 miliardi, nel 2011 stiamo grattando il barile, a 6,8 miliardi. Di questi 5,33 sono stati pagati in forma diretta, il resto sotto forma di incentivi fiscali, contributivi e previdenziali. L’industria, assicura la Ragioneria generale, è quella che ha ricevuto di più, ma si ferma anche in questa lettura a 4,3 miliardi. Seguono i servizi, a quota 1,7 miliardi, poi l’agricoltura, con 302,7 milioni. Nell’arco 2007-2011 la spunta su tutti il settore aeronautico, che ha catalizzato il 18,3% degli incentivi per un totale di 7,8 miliardi. Gli incentivi alla ricerca e allo sviluppo, rappresentano un lumicino, appena il 4,3%, 1,8 miliardi. Poi ci sono settori che in questi anni sono diventati particolarmente appetibili proprio in virtù degli incentivi: è il caso delle energie rinnovabili. Per loro si tratta di incentivi per circa 9 miliardi l’anno che, come si legge nel rapporto di Giavazzi, sono garantiti ai titolari degli impianti per un periodo di 15-20 anni.
Intricato e curioso anche il contesto delle leggi che stabiliscono gli aiuti per le imprese. Scrivono sempre dalla Ragioneria che tra le 43 disposizioni normative abrogate dal decreto sviluppo solo una comportava pagamenti nell’esercizio 2011. Disperse nel nostro ordinamento restano ben 89 leggi destinate a fornire incentivi: 66 in forma diretta, 23 invece indiretta, tra agevolazioni fiscali (in primis il credito di imposta), contributive e previdenziali. Tante leggi e leggine, ma anche qui si scopre che il 42,6% delle risorse è trasferito da solo sette disposizioni normative, il 23% di tutti gli incentivi diretti è finanziato dalla Finanziaria 2008, il 34% degli aiuti fiscali dalla Finanziaria dell’anno prima. Rispetto a quanto accade all’estero, inoltre l’Italia è leggermente sotto media Ue quanto a contributi alla produzione: 1,1% del Pil contro l’1,3%. Rispetto ai principali Paesi, inoltre, tra il 2000 e il 2010 la spesa dedicata al sostegno delle aziende è caduta con più decisione, registrando un -40,2%. In Germania è calata del 27,9%, in Francia del 23,5%.