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 2012  settembre 29 Sabato calendario

MILANO —

L’ossigeno per le banche di tutto il mondo si chiama Libor: come quello è essenziale per la vita, questo è fondamentale per il funzionamento del sistema finanziario. Ed è altrettanto inquinato. L’acronimo Libor (London interbank offered rate) sta per tasso interbancario ed esprime il costo medio al quale le banche si prestano soldi a vicenda. Senza di esso non possono essere fissati i tassi di interesse, le rate dei mutui, i rimborsi delle carte di credito, i prezzi dei contratti derivati in tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Giappone. E così pure in Europa, che tuttavia utilizza soprattutto un indice diverso, il cosiddetto Euribor (Euro interbank offered rate), finito anch’esso sotto i riflettori e in Italia persino sotto indagine a Trani per presunta manipolazione.
Si stima che sul Libor, nato nel 1986, siano regolati contratti bancari e finanziari per oltre 350 mila miliardi di dollari, una cifra immensa. Se il calcolo di questi indici è pulito, il sistema funziona — almeno in teoria — in modo equilibrato. Ma se è sporcato, avvelena tutti: banche, imprese, risparmiatori. E inquinato, il calcolo del Libor lo è stato per anni, come hanno scoperto le inchieste aperte in Gran Bretagna e negli Usa sulle manipolazioni da parte di Barclays e sui sospetti di azioni simili da parte di altri istituti, da Royal Bank of Scotland alla tedesca Deutsche Bank, passando per Jp Morgan, Hsbc, Ubs. Per questo adesso si sta cercando di intervenire, con un piano in 10 punti, per ripulirlo il più possibile, cominciando dal considerare reato la manipolazione degli indici.
A giugno Barclays ha pagato alle autorità americane e inglesi 470 milioni di dollari di multa per le manipolazioni del Libor e dell’Euribor dal 2005 al 2007; presto arriveranno sanzioni anche per altri istituti. Era facile alterare il valore del Libor, un indice rilevato ben 10 volte al giorno per complessivi 150 indici a seconda della durata del prestito, da 1 giorno a 1 anno: in Gran Bretagna sono appena 16 gli istituti che comunicano alla Bba (British banker’s association, l’associazione privata delle banche) i tassi applicati per i prestiti in sterline (e poco più di una decina le banche per le altre valute). Agli operatori bastavano poche email o due telefonate per accordarsi sul tasso da comunicare alla Bba, modificando così il valore finale. Un’oscillazione di pochi centesimi di punto poteva valere milioni o servire a far apparire la banca più solida (un tasso basso equivale a minori rischi). Un andazzo che ha rischiato di far saltare per aria l’intero sistema finanziario.
Per questo le autorità britanniche, la Banca d’Inghilterra e la Financial services authority (Fsa, l’equivalente della nostra Consob) hanno deciso di ripulire il meccanismo, e più in fretta possibile, come ha sottolineato il presidente della Banca d’Inghilterra, Mervyn King. Il premier David Cameron ha confermato ieri che il governo «ha cominciato ad agire». Ieri il direttore dell’Fsa, Martin Wheatley, è stato netto: «Il sistema è guasto e ha bisogno di una revisione completa. Lo scandalo ha strappato il tessuto stesso su cui il nostro sistema finanziario è costruito». La proposta è che la supervisione del Libor vada sottratta alla Bba, che «ha chiaramente fallito nella gestione del tasso», e affidata alla stessa Fsa. Di fatto una pubblicizzazione del tasso, a maggiore garanzia degli utenti e un’altra sconfitta della tanto decantata autoregolamentazione del sistema finanziario. «Siccome questi mercati producono prezzi che vanno oltre i mercati stessi, come succede per Libor o Euribor, gli interessi sono così vasti e generali che è ragionevole la tutela da parte di un soggetto istituzionalmente preposto», commenta Paolo Gualtieri, ordinario di Economia degli intermediari e dei mercati finanziari all’università Cattolica.
Per Wheatley dovranno essere cancellate dal Libor le valute e le scadenze meno utilizzate, così da ridurre da 150 a 20 al giorno le elaborazioni dei tassi. L’altra grande novità è che il Libor sarà calcolato su prezzi effettivi, e non — come accaduto finora — sulle stime dei tassi effettuati dagli stessi operatori sul costo dei prestiti. «Quando il mercato interbancario funzionava bene e c’erano tanti scambi, cioè prima del fallimento di Lehman Brothers, i tassi erano naturalmente bassi», spiega Gualtieri. «Dopo Lehman, il mercato si è prosciugato: i prezzi si facevano su contratti limitati e dunque su prezzi molto più virtuali. E poi le banche, a furia di fondersi, sono diventate sempre meno. Dunque è stato un problema di illiquidità del mercato e di concentrazione degli operatori a far diventare scarsamente significativo l’indice». E in più sarà eliminato il conflitto di interesse tra il livello del Libor e le retribuzioni dei trader, collegate alla riuscita delle transazioni costruite proprio su quell’indice. Tutti rimedi interni al sistema: strada inevitabile, secondo la Fsa, perché il Libor è così pervasivo che di esso non si può fare a meno. Dai bond a tasso variabile ai derivati, ai mutui (specialmente in Usa e in Gran Bretagna), ai prestiti alle imprese tutto dipende dal Libor. E ad esso, come ha sottolineato Wheatley, non ci sono per il momento «alternative migliori».
Fabrizio Massaro
fmassaro@corriere.it