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 2012  settembre 26 Mercoledì calendario

FIAT, MARCHIONNE CONTRO TUTTI. GELO NELLE FABBRICHE

Ma è Marchionne o Crozza che lo imita?”. La battuta circola tra i circa tremila quadri, dirigenti e “professional” che affollano la sala congressi del Lingotto. Non c’è posto per tutti , molti restano in piedi, “ché il dottor Marchionne ha piacere se la sala sembra affollata”, spiega la Sicurezza, e altri vengono fatti accomodare in una saletta accanto. Seguono in videoconferenza, come tutti gli altri dirigenti e quadri degli stabilimenti italiani. Clima da “grande fratello”, freddo, disorientato. Al termine dell’incontro, davanti al lungo tavolo del rinfresco, ornato di bottiglie Berlucchi e Ferrari, i dipendenti sembrano frastornati. “Non ci ha detto nulla di nuovo, un incontro senza infamia e senza lode” dice uno. E un altro: “Il problema è che la qualità non la sappiamo più fare e quando la facciamo siamo sempre i più cari”, spiega un altro. Marchionne, insomma, non ha convinto nemmeno quelli che, per definizione, dovrebbero essere i più in-quadrati. Un applauso di circostanza, nessuna stretta di mano all’uscita, molti dubbi.
L’AD FIAT inizia a parlare puntuale alle 17.05 dopo il breve saluto del presidente Fiat, John Elkann. Parlerà per 45 minuti esatti. Prima di lui, i dipendenti si sono sorbiti circa un’ora di pubblicità americane con le immagini della Jeep, di Dodge e della Chrysler proiettate in inglese. Tutti capiscono, il messaggio è chiaro, la testa è dall’altra parte dell’oceano. Tanto che Marchionne sentirà il bisogno di precisare che la sua permanenza “a 7000 chilometri di distanza” non significa che per lui la Fiat non sia ancora l’impegno centrale. Insiste, rassicura. Nel discorso distribuito dall’ufficio stampa, oltre alle frasi a effetto, all’orgoglio aziendale, alla glorificazione dell’avventura negli Usa, si legge l’unica cosa concreta che Marchionne sta chiedendo in questo momento: “È necessario che la Commissione europea garantisca condizioni di equità per tutti i costruttori, respingendo quei tentativi – specialmente da parte tedesca – di creare condizioni più favorevoli alla propria industria, a scapito degli altri”. E all’Unione europea viene chiesto di fare attenzione a firmare “nuovi accordi di libero scambio, stringendoli solo con Paesi di reale interesse per l’industria, in modo da tutelare e proteggere questo settore, senza svenderlo ai concorrenti giapponesi o sudcoreani”. Una richiesta esplicita di tutela del mercato europeo. “Noi ci impegniamo a fare la nostra parte, ma da soli non possiamo fare tutto” continua Marchionne che chiede di “pianificare azioni, a livello italiano ed europeo, per recuperare competitività internazionale”.
Ma nel discorso reale, fatto ai suoi dipendenti, c’è molto di più. C’è, innanzitutto, un Marchionne ossessionato dalla Fiom. La cita più volte, la definisce “il declino del Paese” con le sue 70 cause alla Fiat “che non porteranno da nessuna parte”, dà dei populisti a Camusso e Landini preoccupati solo di salvaguardare la propria poltrona: Si dice “indispettito” dalle 19 lettere ricevute dalla Consob su Fabbrica Italia che, ripete, è stata pensata soprattutto come “un consiglio” nella logica della responsabilità sociale e della logica industriale. E poi gela la platea quando definisce “un atto suicida” investire in questo momento anche se, sottolinea, la Fiat ha 20 miliardi di liquidità e chiuderà il 2012 con 1,5 miliardi di utili netti.
L’ATTACCO non si ferma qui, Marchionne ne ha per tutti. Per i consumatori, perché “il mercato non capisce le nostre auto”. Per la politica, le sue zavorre, la sua incapacità di capire cosa sta realizzando. Per i politici malati di esterofilia e che se ne vanno in giro in Audi o Volkswagen invece di esibire auto italiane (cioè le sue). Un’accusa che aveva già lanciato ai giornalisti, pagati dalla Volkswagen ("a quelli tra voi che sono sul libro paga di Wolfsburg chiedo di ribadire ai vostri proprietari tedeschi un concetto semplice: l’Alfa non è in vendita", ha detto l’ad Fiat registrato fuorionda. Frase trasmessa dal tg di Mentana) e definiti “amici di Della Valle” l’altro giorno al termine del suo intervento all’Unione industriale di Torino. Su Della Valle, però, strappa un applauso quando lo cita come un semplice produttore di “scarpe e borse”. Ma ne ha anche per Romiti che “ha lasciato la Fiat in rovina e ora va a braccetto con la Fiom”. Si scusa per la cassa integrazione, che comunque, sottolinea, paga l’azienda e punta il dito contro la situazione debitoria italiana che ha reso più complicata per il nostro paese la recessione. Lui, comunque, non ha mai licenziato nessuno, né chiuso stabilimenti (battuta obbligata su Irisbus e Termini Imerese).
Alla fine, uscendo dalla sala congressi, i dipendenti si fermano al buffet, serviti da gentili camerieri. Sono stati condotti qui con ogni garanzia: retribuiti e con il parcheggio pagato per sentire rassicurazioni poco convincenti. Così come poco convincente è l’incontro tra i sindacati e i ministri Fornero e Passera in cui il ministro del Lavoro chiede “la collaborazione di tutti”. Solo che al tavolo ha di fronte i vertici di Cgil e Fiom, Camus-so e Landini ma non i segretari di Cisl e Uil che non si sono presentati e nemmeno quelli di Fim e Uilm. Fornero ha spiegato l’assenza con il cambio di data visto che l’incontro era inizialmente previsto per oggi. Facendo però finta di non aver inteso Luigi Angeletti che in mattinata definiva l’incontro serale “patetico” mentre Bonanni spiegava al Sole 24 Ore di attendersi a giorni l’unica convocazione che conta, quella di Marchionne. Landini ha chiesto investimenti prima degli aiuti di Stato.