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 2012  settembre 28 Venerdì calendario

MA QUALE SARÀ IL FUTURO DELLA FIAT?


Non appena la Fiat ha annunciato l’archiviazione del piano Fabbrica Italia sono divampate le polemiche. Ma tutte con l’occhio rivolto all’indietro. Dunque, sostanzialmente inutili. A che giova, adesso, contestare quel progetto generoso sulla carta, velleitario nella realtà? Forse a regolare i conti tra politici, sindacalisti, economisti e industriali. Chi allora ci aveva creduto e ha usato Sergio Marchionne come vessillifero di un futuro migliore per tutti ha rimediato una magra. Oggi chi guarda al domani si chiede come l’Italia possa salvare l’industria automobilistica, che è stata per un secolo fonte di lavoro e di sapere senza eguali. Senza un’industria dell’auto possono prosperare Paesi piccoli come la Finlandia o l’Olanda. Ma non esiste al mondo un Paese civile di dimensione media e grande che non abbia importanti fabbriche di automobili, di proprietà nazionale o estera poco importa. Gli Usa, che hanno la Silicon Valley, Google, Apple e tutte le altre bellurie postmanifatturiere, non hanno esitato a salvare, anche con pubblici denari, l’industria dell’auto minacciata dal tracollo di General Motors e Chrysler. L’Italia ha però una caratteristica speciale. Qui c’è un solo produttore, la Fiat. Una situazione anomala. In Germania sono sei le imprese delle quattro ruote. Sette o otto negli Usa. In Cina non ne parliamo. La Francia ne ha due sue e poi un po’ di giapponesi. La Spagna, la Repubblica Ceca, la Polonia e il Regno Unito non hanno case a proprietà nazionale ma hanno marchi e insediamenti di case estere. Eppure, nonostante questa posizione un tempo dominante, in Italia c’è un diffuso sapere automobilistico. Lasciamo da parte le eccellenze sportive emiliane. Ma a Torino, la General Motors ha raddoppiato gli addetti al suo centro ricerche sui motori d’intesa con il Politecnico.

Radice manifatturiera. Le case cinesi Baic, Jac, Chang ang’an e Sokon hanno avviato operazioni analoghe. Giorgetto Giugiaro disegna per Volkswagen. Ma nel lungo termine, senza una forte radice manifatturiera che le alimenti e le verifichi sul campo, queste competenze migreranno. Adesso tutti chiedono alla Fiat di restare in Italia. Comprensibile. Ma non si può avere dalla Fiat quello che la Fiat non può dare, e cioè il rilancio di tutti e quattro gli stabilimenti italiani della Fiat Auto: Mirafiori, Cassino, Pomigliano e Melfi. È più pratico imparare dagli altri Paesi e favorire l’ingresso in Italia di uno o più grandi produttori esteri. Ed è per questo che si comincia a guardare con prudente attenzione all’interesse di Volkswagen per l’Alfa Romeo.