Aldo Grasso, Sette 28/9/2012, 28 settembre 2012
FACEBOOK A MISURA D’ATLETA
La notizia è di quelle che fanno pensare, anzi fantasticare: i gemelli Winklevoss, dopo Facebook, sono di nuovo alla carica con un altro social network. Il Wall Street Journal segnala che hanno investito in una community, SumZero, dove i partecipanti discutono idee per varare iniziative nella finanza e nell’imprenditoria. È come una bacheca, ma riservata a una cerchia ristretta di persone. Gli investitori possono diventare membri del club solo se sono nel Buy Side, ovvero se appartengono a hedge fund, fondi comuni o società di private equity. Per finanziare SumZero i gemelli Winklevoss hanno utilizzato proprio i soldi (1 milione di dollari dei 65 stabiliti dalla corte) ottenuti dalla causa contro il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg. Com’è noto, Cameron e Tyler sostenevano che gli fosse stata rubata un’idea (e i codici informatici) per lanciare un social network. La domanda è questa: che cosa sarebbe successo se a fondare Facebook fossero stati i gemelli Winklevoss e non Zuckerberg? È un tipico esempio di “controfattualità” o ucronia. Ucronia significa “non tempo” e sta a indicare un luogo ideale di riscrittura della storia; è modellato su utopia, il “non luogo”, la terra ideale che non c’è. È una raffinatezza epistemologica cara agli studiosi inglesi, è la storia impossibile, quella fatta con i se e con i ma. Se il naso di Cleopatra fosse stato brutto, se la colomba spedita da Noè fosse tornata con un ramoscello di canapa indiana, se Napoleone avesse sconfitto gli inglesi...
Ego smisurato. Il punto di riferimento di questo azzardo è il film The Social Network di David Fincher, sceneggiato dal grande Aaron Sorkin. Nella finzione, Mark è descritto come un caratteriale, un asociale, insomma come uno che ha grossi problemi a relazionarsi con gli altri. All’inizio, c’è una scena in cui viene piantato dalla sua ragazza proprio perché dimostra di avere un rapporto quasi autistico con il reale.
Facebook è una grandissima invenzione che ha rivoluzionato il modo di rapportarsi con il mondo. Non sempre con esiti felici. Ognuno di noi ha visto amici e parenti, magari anche professionisti della parola, perdere la testa per qualche social network, passare ore e ore a compulsare freneticamente per intervenire sull’universo mondo, a dare spazio al proprio ego smisurato, a riprodurre online il meccanismo perverso della “compagnia” (si chatta con un gruppo ristretto di persone per esibire la propria intelligenza e offuscare l’altrui). Come se Facebook (qui assunto come metafora) si portasse dietro le informazioni genetiche, la matrice, l’identità di Mark Zuckerberg.
Chissà, un Facebook, costruito a misura di due atleti, di forte tradizione WASP, forse avrebbe avuto un esito diverso (magari meglio, magari peggio), almeno nel mondo di ucronia.