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 2012  settembre 28 Venerdì calendario

KIRILL, IL PATRIARCA SE ANCHE L’UOMO DI DIO E’ DIVENTATO UN OLIGARCA RUSSO

MOSCA. Provate a indovinare chi è dall’elenco dei suoi passatempo preteriti. Il primo è lo sci alpino, proprio come Karol Wojtyla. Poi vengono nell’ordine: l’allevamento dei cani di razza, lo sci acquatico, gli orologi di lusso, e le auto molto veloci da guidare senza limiti in circuiti protetti da sguardi pettegoli. Passioni che, per la verità, Kirill, Patriarca di tutte le Russie, non ha mai smentito. Nemmeno in questi giorni caldi in cui il capo della Chiesa ortodossa di Mosca e di fatto il principale accusatore delle Pussy Riot, le cantanti punk autrici di un blitz nella Cattedrale del Cristo Salvatore e da lui definite «blasfeme» e «degne di una punizione severa ed esemplare». Dopo ha chiesto clemenza, è vero. Ma è suonata a tutti come un ripensamento tardivo e soprattutto non del tutto sincero.
In ogni caso adesso Kirill è il leader di una ondata più o meno voluta di integralismo cristiano che chiede continuamente di dire la sua sulla gestione del Paese. La sua barba grigia campeggia sulle medagliette ostentate dagli anziani cosacchi che da qualche tempo si sono messi a fare le ronde spontanee nei quartieri di Mosca per «difendere le chiese dall’ondata di anticlericalismo montante». E contemporaneamente la sua immagine comincia a spuntare su internet nei perfidi fotomontaggi dei blogger ribelli o in piazza nei cartelloni degli oppositori a Putin che lo accomunano, con Medvedev e i boss di Gazprom, alla galleria dei personaggi simbolo di un potere oppressivo e censorio.
Non è che la cosa lo spaventi. Ma le voci sulla sua vita privata, il ritorno di antiche denunce insabbiate a dovere, cominciano a creargli un certo fastidio. Perfino Vladimir Putin, da qualche tempo non sembra più lo stesso. Lui, che proprio in omaggio al Patriarca aveva deciso di sbandierare al mondo la sua fede tenuta prudentemente segreta ai tempi in cui faceva Vagente del Kgb. Il Presidente resta devoto ma si diverte a lanciare segnali contrastanti Non gli risparmia qualche punzecchiatura, prende le distanze dal caso delle ragazze incappucciate, gli ha messo un osso duro come Vladislav Surkov (meglio conosciuto come «l’eminenza grigia del Cremlino») a trattare i rapporti con Stato e Chiesa. I colloqui, tra il Patriarca e Surkov non hanno niente delle paludate conversazioni pubbliche. Si parla come si mangia, senza la cantilena obbligata degli uomini di Chiesa, senza paura di usare termini crudi e allusioni non proprio curiali.
Per questo Kirill ha rispolverato in fretta abitudini e linguaggio di quando ancora si chiamava Vladimir Mikhajlovic Gundjaev e faceva il tecnico cartografo per la spedizione geologica di Stato tra i geli e le popolazioni ostili dell’Estremo Oriente russo. Era il 1962 e il Patriarca, che adesso ha 66 anni, era poco più che un ragazzo. Orgoglioso di far parte di una delle famiglie più religiose di Leningrado, ma apparentemente deciso ad affrontare laicamente i piaceri e i dolori della vita.
Il ripensamento avvenne tardivamente, qualche anno dopo Delusioni sentimentali, azzarda qualcuno. Scelta strategica per avvicinarsi al potere, sentenziano i più critici.
Probabilmente fu la suggestione di un albero genealogico che appariva segnato. Sia il nonno che il padre avevano fatto parte della Chiesa ortodossa bandita e perseguitata nei primi anni del comunismo. 11 primo aveva collezionato 47 incarcerazioni, 7 esilii, 30 anni in totale di detenzione. Il secondo, sacerdote anche lui, aveva passato più di tre anni per «mancata lealtà politica» in un gulag della famigerata Kolyma. Queste medaglie, e l’indubbio prestigio di famiglia nella cerchia ristretta dei fedeli leningradesi, furono un ottimo trampolino di lancio. Quando, finito il seminario, Gundaiev diventa padre Kirill, la carriera si sviluppa a un ritmo impressionante: segretario del Metropolita della città, rettore dell’Accademia spirituale, arcivescovo, presidente del comitato rapporti esterni del Patriarcato, metropolita. In poco più di vent’anni.
Non si tratta solo di raccomandazioni. Kirill è bravo. Rispetto ai colleghi allevati sin da bambini nelle istituzioni religiose ha quel tono laico che da un tocco vincente di spregiudicatezza. Da rettore dell’accademia sorprende tutti quando impone nuovi corsi finalmente aperti anche alle donne ma, soprattutto, le lezioni di Educazione Fisica: «Perché mai un religioso non dovrebbe curare il proprio corpo?». Ma il massimo lo da nel rimpinguare le casse della Chiesa finalmente emergente dopo gli anni bui. All’inizio degli anni Novanta, quando Boris Kitsin fa ricostruire la Cattedrale demolita da Stalin come «espiazione del male fatto alla Chiesa», qualcuno si accorge che Kirill ha un po’ calcato la mano. I giornali lo rivelano con tanto di documenti originali: «La Chiesa ha strappato facilitazioni fiscali per commerci in grande stile di alcol e tabacco». Un affare milionario. Il gruppo Nika, legato al Patriarcato, controlla una bella fetta di import-export di quei prodotti peccaminosi. Esentasse. Le inchieste alludono anche ai benefici personali ottenuti da Kirill, raccontano di auto e dacie sul Mar Nero. Lui si dice addolorato, ma non querela. A un amico spiega: «La Chiesa non può risolvere le questioni con i tribunali». E aggiunge una frase che sa di omertà e di complicità occulte: «Mi prendo tutto il fango. Non voglio incastrare nessuno».
Chi si arricchisce insieme alla Chiesa? In molti hanno le risposte, ma non le prove. Tutto un giro, pare, legato agli ex funzionati dei servizi segreti, Putin compreso, che in quegli anni studiavano le mosse più giuste per conquistare il potere. Qualcuno arriva a scrivere, anche lì senza smentite, che Kirill altro non è che l’agente Mikhailov, spia del Kgb inviata per riferire orientamenti e politiche della Chiesa russa e dei suoi alleati. 1 dettagliati rapporti di Mikhailov sono ormai pubblici.
Il mistero sulla sua identità resta.
Certo che, quando alla morte di Aleksej II, Kirill diventa patriarca, il cerchio magico del potere sembra completato. Putin presidente e tutta la squadra di pietroburghesi (Leningrado intanto ha cambiato nome) con in mano le chiavi giuste del potere. Kirill ha quella meno evidente, ma più efficace. Usa il lamento per le passate angherie insieme alle sue doti naturali di politico. Ottiene sempre di più grazie anche ;il risveglio religioso di tutto il Paese. Appoggia il governo in maniera sfrontata, ma inette bocca su tutto, condanna le troppe concessioni ai musulmani, pretende l’ora di religione a scuola, la detassazione di tutte le attività della Chiesa, comprese cose poco ecclesiastiche come l’importazione di mobili pregiati o di cosce di pollo surgelate.
Putin concede molto, forse troppo. Kirill si sente forte ed esagera. Non nasconde la sua agiatezza e il suo potere. Fa pubbliche udienze con al polso un orologio da 30 mila euro e fa mettere le foto sul sito. I fedeli si indignano e lui fa di peggio. Fa cancellare l’orologio con il fotoshop.
Ma l’incaricato è un pasticcione e dimentica di cancellare anche il riflesso sul tavolo. La foto diventa una barzelletta sui blog di opposizione che lo hanno pia messo nel mirino.
Dimentico che «la Chiesa non può rivolgersi ai tribunali», Kirill invoca giustizia anche per una sua amica impelagata in una bega condominiale per un appartamento nella Casa sul Lungofiume, il celebre edificio che un tempo ospitava la nomenklatura del Pcus. La signora chiede un indennizzo milionario al vicino di casa per una storia di restauri e di danneggiamenti. La Chiesa mobilita gli avvocati del Patriarca in sua difesa. E i maligni si scatenano. Lei, Lidia Leonova, è una cinquantenne concittadina di Kirill. Figlia di quello che fu il capocuoco del Pcus locale. Tutti la definiscono «da sempre pupilla e consigliera del Patriarca». Nessuno osa spingersi di più, ma le allusioni si fermano al limite della decenza. Kirill non ha paura di nessuno e questo torse fa scattare qualcosa al Cremlino. Putin studia un decreto che faccia pagare le tasse anche alla Chiesa, dice che le «Pussy Riot non meritavano una pena così dura», sceglie di pregare in solitudine nelle chiese di campagna e diserta la Cattedrale. Segnali e minacce in una trattativa che sembra appena cominciata per delimitare i confini definitivi tra Stato e Chiesa.