Giovanni Belardelli, Corriere della Sera 28/09/2012, 28 settembre 2012
«LEGITTIMO» COPIARE AGLI ESAMI MA COSI’ LA SCUOLA PERDE CREDIBILITA’
-Non sembra avere suscitato particolari reazioni la recente sentenza del Consiglio di Stato che il 12 settembre, ribaltando una decisione del Tar della Campania, ha dichiarato illegittimo escludere una ragazza dagli esami di maturità soltanto perché sorpresa a copiare da un telefono palmare. Secondo il Consiglio di Stato, la sanzione del comportamento della studentessa con l’esclusione dall’esame (peraltro poi sostenuto con riserva) non avrebbe tenuto adeguatamente conto né del suo «brillante curriculum scolastico» né di un suo «stato d’ansia».
Con tutta la prudenza necessaria quando ci si confronta con storie personali, è difficile non vedere in una decisione del genere un colpo ulteriore inferto alla credibilità della scuola italiana: una scuola in cui sono frequenti i corsi di legalità, le lezioni sulla cittadinanza democratica e cose simili (che rischiano di lasciare il tempo che trovano), ma nella quale risulta sempre più difficile insegnare (e pretendere) il rispetto di alcune regole nei concreti comportamenti quotidiani. Si tratta di un colpo grave perché riguarda un sistema scolastico dove si è potuto ritenere necessario (alla vigilia della maturità del 2011) qualcosa che in altri Paesi risulterebbe ridicolmente pleonastico: un appello pubblico di un gruppo di insegnanti volto a sollecitare i loro colleghi a non far copiare e a evitare anzi di fornire essi stessi un «aiutino» agli studenti.
Alla nostra maturità, infatti, copiare è diventato quasi normale: una indagine effettuata in occasione degli esami dell’anno passato evidenziò un 37% di studenti che aveva copiato tutto, un 10% abbastanza e un 13% soltanto un po’. Questo avviene anche per il messaggio sbagliato che spesso la scuola manda agli studenti, attraverso l’atteggiamento di quei docenti che (come documenta Marcello Dei nel suo Ragazzi, si copia, Il Mulino) considerano appunto il copiare ampiamente scusabile. Non tutti la pensano così, per fortuna. Ma il rischio è che i tanti insegnanti fin qui non disposti ad accodarsi a questo malinteso «buonismo» adesso, dopo la sentenza del Consiglio di Stato, quando vedranno un ragazzo o una ragazza che copia preferiranno girarsi prudentemente dall’altra parte.
Giovanni Belardelli