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 2012  settembre 28 Venerdì calendario

C’ERA UNA VOLTA L’AVANTI! DA TURATI A CRAXI, UN SECOLO DI SOCIALISMO QUOTIDIANO

L’Avanti!
è stato, per quasi un secolo, un pezzo d’Italia. Quanto a memoria storica ne ha avuta da vendere. Basta (bastava) guardarne la testata, graficamente “datata” ma proprio per questo suggestiva. Quel ricciolo sulla “A” maiuscola sembrava un lascito liberty. Quel suo celebre punto eclamativo rifletteva l’ingenuità dei socialisti d’antan. Ma non sono solo questi i motivi per i quali ci si sente attratti dal volume di Ugo Intini,
Avanti!, un giornale, un’epoca
(sta per uscire nelle edizioni Ponte Sisto, pagg. 750, euro 30). L’autore, oggi settantunenne, è un socialista di un’“autenticità” inconfutabile. Al quotidiano di cui parla ha lavorato per ventisette anni, cioè da ragazzo, appena uscito dal liceo, e per sette anni l’ha firmato come direttore. È stato parlamentare del Psi in due riprese, dal 1983 al 1994 e dal 2001 al 2006, sottosegretario agli Esteri con Amato e vice-ministro con Prodi. Uno, dunque, che sa di cosa parla. Lo sa perfino troppo, al punto di associare il lettore alle vicende anche minime che riguardano il suo argomento, e riuscirebbe a infastidirlo se non fosse per un equivoco che figura nell’introduzione. Questo libro, vi si legge, «cerca il più possibile di evitare le riflessioni politiche legate al momento in cui è stato scritto». Esso vuol essere «non un saggio ma una ricostruzione fedele della realtà, anno dopo anno». Si tratta di una “bugia d’autore”, e sia la benvenuta. Di fatto, tra i saggi politici che ci capita di leggere, pochi traboccano di altrettanta passione personale .(«È un libro fotografico», mi ha ripetuto a voce Intini, ma ammettendo che «anche i fotografi possono essere parziali, non fosse altro per la scelta di ambienti e soggetti»).
Lui, l’autore-fotografo, è sempre presente, sia che arda di entusiasmo o frema d’indignazione. Fra le pagine dedicate a episodi e personaggi antichi e quelle che trattano temi tuttora scottanti c’è una circolazione ininterrotta. Dietro Pietro Nenni – una specie di mito, il “sacerdote del socialismo” che invade le pagine – s’intravede la figura di Filippo Turati, così come la sagoma di Nenni s’indovinerà dietro le gesta di Bettino Craxi presidente del Consiglio: è, quest’ultima, una sorte a lui segnata fin dal tempo in cui veniva confidenzialmente chiamano “Nennino Craxi”.
Alcuni personaggi ricorrenti fungono, in tutto il libro, da bersagli abituali. Scavalcando le stagioni, si ripresentano in situazioni apparentemente fra loro lontanissime: i massimalisti, “dissacranti e rabbiosi”, che negli anni Dieci del ’900 congiuravano contro le “vecchie barbe” insediate ai vertici del partito, si sarebbero ripresentati mezzo secolo più tardi: nel ’68 con la contestazione studentesca e poi, nel ’92, con mani pulite. Altro ospite abituale del vecchio
Avanti!,
è l’emigrante: egli era allora “in partenza” dall’Italia, ma la sua sagoma richiama quei poveracci che da noi sbarcano oggi, e molto
analoghe sono le pulsioni razzistiche che talvolta suscitano all’arrivo. La centralità del’Avanti! nella vita italiana viene ribadita ad ogni passo: non a caso, nota l’autore, hanno avuto origine nelle sue stanze sia il fascismo che il comunismo, ad opera di Mussolini e di Gramsci. L’uno e l’altro, in epoca diversa, avevano diretto o scritto su quel giornale, prima di “tradire” o traslocare.
Ma continuiamo a sfogliare l’Avanti!, alla ricerca di coincidenze. Un “quasi centro-sinistra” fece la sua comparsa all’inizio del Novecento, con il governo Zanardelli prima, e poo più tardi con la lunga era giolittiana. Se a qualcuno, per ardita ipotesi, capitasse di pensare che le ruberie di singoli o di “caste” ai danni dello Stato rappresentino una penosa novità, gli andrebbe consigliato di soffermarsi sulle colonne del giornale socialista, piene,
un secolo fa, d’invettive contro i “succhioni”, i responsabili di “mangerie”, i «divoratori di milioni» sottratti alla comunità. Ritratti eterni, ma istruttivi. Come di solito accade con la collezione d’un giornale, questo
Avanti!
di Ugo Intini si presta male a una lettura ininterrotta, che potrebbe ingolfare chi vi si dedica. Si
consiglia, invece, una consumazione a “sorseggio”.
Man mano che il racconto si accosta ai nostri tempi, la favola della “fotografia” si dilegua del tutto. Ecco adesso l’Intini che conosciamo: l’uomo di partito, il craxiano immarcescibile, l’assiduo polemista. Non sta più lì a sfogliare antiche collezioni,
parla d’un
Avanti!
che abbiamo letto in molti. È proprio ciò che si pensava di trovare in un libro a sua firma. La stagione craxiana viene rivissuta con un impeto a tratti velato di nostalgia. Si giudica irripetibile il tempo – gli anni Ottanta – quando il Psi governava sotto l’imperio di quel “Nennino Craxi” che duecento pagine
fa veniva considerato un infante (ci si soffermi, in proposito, su una scenetta che mostra, sulla metà gli anni Trenta, Lelio Basso che, in casa del papà Vittorio Craxi, stringe fra le braccia un tenero infante: si tratta di Bettino. È mai possibile – ci si domanda – che un Craxi faccia tenerezza?).
Dai fatti d’Ungheria in poi, il testimone diventa attore. La polemica craxiana contro i comunisti, i “carristi” – cioè la sinistra interna al Psi – poi le benemerenze del governo a direzione socialista, le sferzate contro giornali e giornalisti, la rude contesa con la magistratura, il vittimismo di partito – rifulgono in piena luce. Fino al termine dell’avventura, per l’Avanti!
(anno novantasettesimo) e per il partito. Siamo al 1993. Come fosse oggi.
Se lo si interroga sull’oggi in quanto tale, si scopre che Intini – bilioso per definizione o per pregiudizio – è a suo modo, un ottimista. «Adesso», dichiara, «c’è in Italia, una sinistra senza anima e senza identità. Per darsele, non può fare altro che legarsi alla socialdemocratica e al partito socialista europeo, seguendo le posizioni assunte da Giorgio Napolitano nel suo ultimo periodo di politica attiva prima di arrivare al Quirinale».
Pensa che ci riusciranno? «Alcuni passi li hanno già fatti. Adesso hanno un’opportunità in più». Quale? «È presto detto: dopo la disfatta del comunismo, è fallito, o sta per fallire, anche il liberismo», conclude
Intini.
Parola di socialista doc.