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 2012  settembre 26 Mercoledì calendario

Così la Storia cambierà il mappamondo del ventunesimo secolo - Le carte geografiche, un po’ come le fotografie dei nostri volti che registrano inesora­bilmente i cambiamenti nell’arco dei decenni di vita che ci sono con­cessi, sono dei fedeli riflessi del tem­po che passa

Così la Storia cambierà il mappamondo del ventunesimo secolo - Le carte geografiche, un po’ come le fotografie dei nostri volti che registrano inesora­bilmente i cambiamenti nell’arco dei decenni di vita che ci sono con­cessi, sono dei fedeli riflessi del tem­po che passa. Gli atlanti che maneg­giav­amo quando eravamo scolaret­ti sono ormai buoni per il museo, e non pochi degli Stati e dei territori che vi figuravano, sagome colorate destinate a imprimersi nella memo­ria come se fossero immodificabili, sono oggi fantasmi del passato, scomparsi nel turbine degli anni co­me i processi storici che li avevano prodotti. Cos’è stato di quelle im­mense macchie rosa o violette che ancora cinquant’anni fa rappresen­tavano i vasti imperi d’oltremare britannico e francese? Cancellate dalla decolonizzazione, sbriciolate dal sorgere di innumerevoli nuovi Stati africani e asiatici, probabil­mente destinati a vita ancor più effimera. E chi si ricorderà tra non molto tempo che fossero esistiti Paesi come la Germania Orientale, la Ce­coslovacchia o la Jugoslavia, collassati in­sieme con il comuni­smo­che pa­reva eter­no? Per non dire di quel­l’Unione Sovietica che si esten­deva su un settimo delle terre emerse: oggi il nuovo zar Vladimir Putin s’impegna per restitu­ire alla Russia il perduto ruolo di potenza mondiale, ma pare difficile che riuscirà a cancellare la fresca indipendenza di tante ex Repubbliche dell’URSS. Sic transit gloria mundi, è il caso di dire. Ogni tanto, a beneficio di quanti dimenticano il nostro pas­seggero destino, esperti di geopoli­tica si dilett­ano a proporre previsio­nidicambiamentodelmappamon­do, a provare a disegnarlo come se­condo loro apparirà tra dieci o vent’anni. Lo hanno fatto in questi giorni Frank Jacobs e Parag Khan­na, opinionisti del New York Times . E ne esce un mondo ulteriormente frammentato, come se non bastas­se quel probabile massimo storico di oltre 200 Stati indipendenti che oggi affollano il planisfero. Nuovi confini che peseranno, secondo gli autori dello studio, soprattutto per chi si trova a vivere in Africa o in Asia, dove un passaporto è spesso un sogno inattingibile. Dove potranno mai fuggire i «cit­tadini »di un ipotetico Azawad,l’au­toproclamato Stato ultraislamico nel nord dell’attuale Mali dove le donne non velate vengono già fru­state dai loro nuovi padroni? E che sarà degli abitanti dei nuovi Stati che sorgeranno secondo Jacobs e Khanna dalla divisione del Congo (l’ex Zaire del lucido pazzo Mobu­tu, il più sfacciato ladrone dell’Afri­ca postcoloniale) benedetto e male­detto al tempo stesso dall’ab­bondante di­sponibilità di diamanti e ma­te­rie prime pre­ziosissime? Quale sarà il de­stino della So­malia, da vent’anni spez­zata in tronconi di fatto indipendenti i cui reggi­tori­approfittanodell’as­soluta mancanza di un vero pote­re centrale a Mogadiscio? Davvero, come prevedono i due esperti, la Russia finirà per perdere a beneficio di una Cina rampante le sue remote pro­vince orienta­li? Vedremodo­po il non im­possibile col­lasso del ba­luardo stalini­sta nel Nord delPaeselariu­nificazione del­le due Coree, a imitazione di quanto è già accaduto (sia pu­re con modalità sempre diverse) in Germa­nia, Vietnam e Yemen? Ilri­tiro americano dall’Afghanistan e dall’Iraq avvierà la rivoluzione del­le mappe del Medio Oriente, dise­gnate dalle potenze europee all’in­domani della Prima guerra mon­diale? Sorgeranno bizzarri Paesi de­nominati Baluchistan e Pashtuni­stan? Nasceràdoposecoliditentati­vi falliti un Kurdistan indipenden­te, si assisterà alla frattura della Si­ria per consentire ai fedeli di Assad di conservare il loro potere? Neppure la vecchia Europa, già sconvolta dal crollo del reaganiano «impero del male», sarebbe rispar­miata da nuovi ritocchi secondo gli esperti americani: non pare impro­babile (a loro) lo spuntare di una Scozia indipendente, e la mille vol­teannunciatafinedelBelgio, loSta­to più artificiale dell’Europa occi­dentale, potrebbe produrre un’an­tistorica separazione tra Fiandre e Vallonia,conlacittàdiBruxellesfo­r­se destinata a un’autonomia che ne farebbe ancor più di oggi la capitale di un’Europa «unita» (sorvolia­mo). Jacobs e Khanna sembrano di­menticare la Spagna, che tiene insieme con crescente fati­ca partner recalcitranti come la Catalogna e i Paesi Baschi. Non osano dire di Ci­pro, forse anche loro rassegna­ti all’inutilità di tante paro­le che do­vr­ebbero fi­nalmente cancellare la «linea verde» che divide in due l’isola dopo l’inva­sione turca del 1974. Tac­ciono anche del futuro della no­stra Italia, oggetto dei vaniloqui leghisti e forse prossimamente delle più concrete pressioni dellafinanzainternazionale: ca­rità di patria, si diceva una volta.