Gianni Trovati, Il Sole 24 Ore 27/9/2012, 27 settembre 2012
COSTI DELLA POLITICA RADDOPPIATI
Qualche gruppo in più in Molise, una manciata di commissioni e vitalizi nel Lazio (per non parlare dei fondi ai partiti), indennità da record in Sicilia. Di aggiunta in aggiunta, la spesa che le Regioni dedicano agli organi istituzionali, cioè i costi della politica veri e propri, è raddoppiata in 10 anni. Tra 1999 e 2010, mentre il Pil in altalena è cresciuto complessivamente del 23%, le spese per indennità, gettoni e rimborsi si sono gonfiate del 98%, passando dai 452,6 milioni impegnati all’inizio del periodo agli 896,7 scritti nei bilanci del 2010. L’anno scorso, le spese effettive registrate dal ministero dell’Economia si sono fermate a 845 milioni (si veda anche il Sole 24 Ore del 19 settembre), ma naturalmente qualche uscita di fine anno può essere stata effettuata concretamente all’inizio del 2012 e il conto definitivo difficilmente si allontanerà dai livelli dell’anno prima.
Finora, del resto, tutte le riforme recenti introdotte sotto la pressione della polemica sui costi della politica sono state a futura memoria. Tutte le Regioni, per esempio, hanno approvato delle leggi per abolire i vitalizi, come chiesto dalla manovra-bis dell’anno scorso: per tutti, però, l’addio al benefit scatta solo dalla prossima legislatura, in nome di non meglio identificati diritti acquisiti. Anche in questo campo, il consiglio regionale del Lazio è riuscito a primeggiare, con l’inedita "abolizione-estensione" che mentre cancellava i vitalizi per il futuro li ampliava per il presente anche agli assessori non consiglieri, che non ne avevano diritto. Basta aggiungere il fatto che a Roma il diritto all’incasso scatta a 50 anni (altro record), e il quadro è chiaro.
In un panorama come questo, non è semplice per lo slancio "moralizzatore" nato dagli ultimi scandali riportare i costi della politica ai livelli, già non troppo austeri, di dieci anni fa (se ne parla a pagina 5). La proposta della Conferenza delle Regioni punta a tagliare 300 dei 1.111 posti delle assemblee elettive, con una riduzione quindi del 27% che in pratica discenderebbe dall’applicazione delle norme scritte nella manovra estiva dell’anno scorso. Per assicurarsi un risparmio analogo sul totale delle spese dedicate agli organi costituzionali, però, occorre agire su tutta la filiera che passa dai gruppi, dai meccanismi di rimborso e dalle indennità aggiuntive che quasi ovunque spettano a capigruppo, presidenti (e vicepresidenti) di commissione, e via elencando. Nei consigli regionali attuali il 78% dei posti fa scattare un’indennità aggiuntiva rispetto a quella del consigliere-base, per cui gli spazi per agire di forbice non sono pochi. Il Governo, intanto, pensa a un Ddl costituzionale perché non ha altra strada: nella Finanziaria per il 2006 Tremonti provò a tagliare d’imperio le indennità dei consiglieri regionali, ma la Campania guidata all’epoca da Antonio Bassolino fece ricorso in Corte costituzionale e lo vinse nel nome dell’autonomia legislativa regionale, con il risultato di alimentare file di politici che reclamavano gli arretrati.
Naturalmente, l’esplosione dei costi non è avvenuta con la stessa intensità ovunque: un consigliere della Lombardia, per esempio, tra indennità e rimborsi riesce a doppiare lo stipendio di un collega emiliano o toscano, e anche Piemonte, Puglia, Veneto e Sicilia minacciano da vicino il primato del Pirellone.