Giuseppe Guastella, Corriere della Sera 27/09/2012, 27 settembre 2012
LE ALTERNATIVE: DOMICILIARI «AFFIDAMENTO» O SEMILIBERTA’ — A
«salvare» dalla cella Alessandro Sallusti, almeno per ora, sono stati paradossalmente proprio i magistrati dell’accusa che lo hanno fatto condannare. Il direttore dimissionario del Giornale non andrà immediatamente in carcere perché nel capo di imputazione per diffamazione e omesso controllo non gli era stata contestata già in primo grado l’aggravante della «recidiva reiterata specifica». In questo modo l’esecuzione della sentenza è sospesa per 30 giorni.
Il 26 gennaio 2009 il Tribunale di Milano condannò per diffamazione e omesso controllo del contenuto dell’articolo (firmato con lo pseudonimo «Dreyfus» da un redattore rimasto ufficialmente sconosciuto) Sallusti, allora direttore di Libero. La pena fu di cinquemila euro di multa con risarcimento di 10 mila euro a favore del giudice Giuseppe Cocilovo che lo aveva querelato. Sia la Procura generale di Milano che lo stesso giornalista fecero ricorso contro la sentenza di primo grado.
Il 17 giugno 2011 la Corte d’appello accolse le tesi dell’accusa e aumentò la pena per Sallusti che fu condannato anche a 14 mesi di reclusione, oltre ai cinquemila euro di multa e a 30 mila di risarcimento. Senza condizionale, perché «non è possibile — scrissero i giudici — formulare una prognosi favorevole e ritenere che egli si asterrà dal commettere in futuro ulteriori episodi» e per le «numerose condanne che già ha subìto». La sentenza è stata confermata ieri dalla Corte di Cassazione.
Nonostante il certificato penale di Sallusti riporti precedenti specifici, non gli è stata contestata l’aggravante della recidiva. Cosa che non solo ha scongiurato un ulteriore aumento della pena complessiva ma gli ha anche evitato il carcere immediato dandogli il tempo di chiedere da libero, ammesso che lo farà, una misura alternativa alla detenzione.
L’iter burocratico si attiverà dopo che nei prossimi giorni la Cassazione trasmetterà gli atti alla Procura di Milano, competente in questo caso al posto della Procura generale proprio per la modifica della pena decisa in appello. Come ha spiegato ieri con una nota lo stesso Procuratore Edmondo Bruti Liberati, da quel momento l’esecuzione della sentenza sarà automaticamente sospesa per trenta giorni.
In questo periodo di tempo, Alessandro Sallusti potrà chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali, misura riservata a coloro che subiscono una condanna fino a tre anni di reclusione, o la detenzione domiciliare o anche la semilibertà. Se lo farà, l’esecuzione resterà ancora sospesa fino a che il Tribunale di sorveglianza, con un collegio formato da tre giudici, non avvierà l’esame della sua domanda. A Milano, per le persone libere, questo comincia dopo circa un anno dalla richiesta nella quale il condannato deve anche proporre come e dove svolgere il suo servizio a favore della società. Al termine il Tribunale decide se concedere o no l’affidamento.
Giuseppe Guastella