Ignazio Ingrao, Panorama 26/9/2012, 26 settembre 2012
CORVO: LA PERIZIA CHE FA TREMARE LA CURIA
Il 29 settembre inizia il processo dell’anno: alla sbarra
del tribunale vaticano il maggiordomo infedele del
Papa, Paolo Gabriele, reo confesso, e il responsabile
dei servizi informatici della Segreteria di stato, Claudio
Sciarpelletti. Il primo è imputato di furto aggravato
per avere trafugato lettere e documenti riservati di
Benedetto XVI. Il secondo è accusato di favoreggiamento.
Agli atti del processo, presieduto dal giudice
Giuseppe Dalla Torre, c’è una perizia che imbarazza i
sacri palazzi. È redatta dallo psichiatra Tonino Cantelmi.
Nella prima parte Cantelmi ricostruisce il passato dell’ex
maggiordomo, in particolare la sua infanzia difficile.
Quindi passa a descrivere la sua deriva «mistica» con
caratteristiche «paranoidi», alimentata forse anche dal
gruppo di preghiera frequentato insieme alla moglie
Manuela Citti nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia,
alle spalle del Vaticano, dove si trova il confessore di
Gabriele, Jozef Bart, polacco. Cantelmi poi descrive il
«grave malessere psicologico» del cameriere del Papa:
«Inquietudine, tensione, rabbia e frustrazione». Una personalità
fragile e insicura, altamente suggestionabile. La
conclusione dello psichiatra è che il maggiordomo non
era in grado di ideare e mettere in atto un’operazione così complessa e articolata come Vatileaks. Poteva essere
solo l’ultimo anello di una catena, il braccio operativo.
La mente, il vero «corvo», sarebbe altrove, nei piani alti
del Palazzo apostolico. La tesi di Cantelmi contrasta con
la relazione dell’altro perito del tribunale, lo psichiatra
Roberto Tatarelli, che descrive invece Gabriele come
una vera e propria mente criminale, incline a «complotti
e macchinazioni», pienamente capace di pianificare la
trafugazione e la pubblicazione delle carte del Papa. Una
tesi che induce a scagionare prelati e cardinali.
Il giudice istruttore, Piero Antonio Bonnet, nella sentenza
di rinvio a giudizio ha accolto le argomentazioni
di Tatarelli e respinto quelle di Cantelmi. In realtà la
perizia di quest’ultimo, se letta integralmente, costringerebbe
il tribunale vaticano a cercare altrove il regista
dell’operazione, con il rischio di coinvolgere qualche
prelato. Ma, a quanto pare, con il rigetto di questa tesi
la storia del processo appare già segnata, così come il
suo prevedibile esito di condanna del reo confesso.
Intanto si scopre che, oltre all’appartamento dentro
le Mura vaticane e a Ostia, il maggiordomo e sua moglie
disponevano di un altro alloggio in Borgo Angelico, dietro
San Pietro. Chi aveva dato in uso al maggiordomo due
case allo stesso tempo, dentro e fuori il Vaticano? Chi ha
perquisito l’appartamento in territorio italiano? Che ruolo
hanno avuto i familiari di Gabriele in questa spy story?
Domande che restano senza risposta.
(Ignazio Ingrao)