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 2012  settembre 27 Giovedì calendario

SPECCHI



Specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame? La domanda non è più confinata al mondo delle fiabe: ora possiamo farla davvero, per sapere non solo chi è più bello, ma anche chi è più sano e un bel po’ di notizie di altro genere. Una nuova generazione di superfici riflettenti, dotate di sensori, videocamere e connessione a Internet, sta infatti facendo per gli specchi quello che la rivoluzione digitale ha fatto per i telefonini: dopo lo smartphone è venuto il momento dello “smart mirror”. Un’estensione naturale della tendenza a rendere ogni oggetto più «intelligente» grazie al web e alle nuove tecnologie.
Gli specchi sono un campo attraente: si trovano in ogni casa e in ogni edificio, pubblico o privato, dotato di un bagno; occupano uno spazio piuttosto rilevante sulle pareti; e infine la gente quando si trova davanti a uno specchio tende a prestare attenzione a quello che vede. I tempi per rinnovarli, inoltre, sono maturi, perché questo indispensabile accessorio era immutato da anni, se non da millenni.
I primi specchi, realizzati nell’antichità, erano semplici lastre di metallo, spesso di argento, rame o
bronzo, perfettamente lucidate fino a riflettere un’immagine; altrimenti i nostri antenati dovevano accontentarsi di studiare la propria immagine riflessa in uno specchio d’acqua. La svolta venne a Venezia, nel XIV secolo, dove si iniziarono a fabbricare i primi specchi, unendo una lastra di cristallo lucidato con fogli di stagno o mercurio. Ma era un processo costoso e complesso, che ne facevo un gadget di lusso, riservato a pochi. Poi, nel XIX secolo, un nuovo processo di produzione (l’argentatura) ha reso lo specchio un articolo di massa. Da allora, tuttavia, non era praticamente più cambiato. Adesso invece le novità in questo settore si moltiplicano.
In America uno scienziato di origine cinese del Massachussetts Institute of Technology, Ming-Zher Poh, ha creato un “Medical Mirror”, uno specchio medico, che grazie a un sensore computerizzato “legge” il battito cardiaco sul volto delle persone che lo guardano, basandosi su minuscole variazioni del colorito. In Giappone la Panasonic ha cominciato a venderne uno simile, che mostra ai pazienti reduci da incidenti o malattie debilitanti un grafico dei loro progressi, mentre fanno esercizi rieducativi. Sempre a Tokyo, la Seraku Corporation sta trattando con alberghi e costruttori immobiliari per la produzione di specchi da bagno
che trasmettono notiziari, danno informazioni sul traffico e funzionano come tabellone digitale su cui gli utilizzatori del bagno possono lasciare messaggi. E un’altra azienda giapponese, la Non-Grid-Inc, ha lanciato uno “specchio” interattivo per negozi di abbigliamento che non è un vero specchio: il cliente si avvicina, viene fotografato e poi lo “specchio” gli mostra come starebbe con gli indumenti che sta
pensando di acquistare.
Il problema, nota il
Wall Street Journal,
è che per ora tutti questi specchi costano cari: da 10mila a 30mila euro, su per giù. E’ vero che erano cari anche i primi specchi veneziani del 1300. Ma il dubbio, oltre al prezzo, è se uno vuole davvero risposte dal proprio specchio. Come nella fiaba, c’è il rischio di sentirsi dire che è più
bella Biancaneve.