Marco Lillo, il Fatto Quotidiano 22/9/2012, 22 settembre 2012
MAZZETTA DI 41 MILIONI ALL’INDIA INDAGATA FINMECCANICA
La maggiore azienda pubblica italiana del settore elettronico accusata di avere pagato mazzette al governo indiano e a vari intermediari per una cifra enorme: 41 milioni di euro. L’indagine sul colosso dell’industria bellica italiana, Finmeccanica, è a una svolta. La holding quotata in Borsa che vanta 60mila dipendenti sparsi per il mondo è indagata dalla Procura di Busto Arsizio per violazione della legge 231 del 2001, la normativa che stabilisce la responsabilità penale della società per azioni come persona giuridica, a prescindere dalle colpe dei singoli amministratori, nel caso in cui la Spa non abbia imposto l’adozione di modelli organizzativi adeguati per prevenire gli illeciti dei dipendenti. Il 20 settembre scorso i carabinieri del NOE guidati dal colonnello Sergio De Caprio, alias Ultimo, l’ufficiale che ha catturato nel 1993 Totò Riina, sono entrati nella sede di piazza Monte-grappa della holding pubblica quotata in Borsa per notificare un avviso di garanzia pesante perché in esso sono contestate nero su bianco le accuse che finora erano state anticipate solo da indiscrezioni di stampa.
L’INCHIESTA riguarda la commessa di dodici elicotteri venduti dalla società Agusta, allora guidata da Giuseppe Orsi, attuale presidente del gruppo, al governo Indiano nel febbraio 2010. Dopo il trasferimento del fascicolo da parte della Cassazione dalla Procura di Napoli a quella di Busto Arsizio, in molti prevedevano un rallentamento. Invece il procuratore di Busto, Eugenio Fusco, ha alzato il tiro puntando direttamente al cuore della società. I pm napoletani Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock erano partiti dalle accuse di Lorenzo Borgogni. L’ex direttore centrale, costretto a lasciare il gruppo per il coinvolgimento in un’inchiesta della Procura di Roma conclusa con un patteggiamento a tre mesi per finanziamento illecito alla politica, aveva raccontato ai pm napoletani che, sulla vendita degli elicotteri Agusta Westland erano volate mazzette milionarie.
BORGOGNI aveva descritto, sulla base di confidenze ricevute da terze persone, questo scenario: Giuseppe Orsi, allora numero uno di Agusta, avrebbe chiesto al mediatore italo-svizzero dell’affare, Guido Ralph Hascke, di tirar fuori dal suo compenso di 41 milioni di euro, una somma di 10 milioni da fare poi tornare indietro in Italia. La provvista così creata, sempre stando al racconto di Borgogni, sarebbe poi servita a Orsi per finanziare i movimenti politici che lo avrebbero sostenuto nella sua corsa al vertice di Finmeccanica: la Lega Nord e, in misura più sfumata, Comunione e liberazione. Sempre secondo il racconto de relato di Borgogni, dopo il rifiuto di Haschke, il vertice di Agusta avrebbe ripiegato su una soluzione diversa: i compensi della mediazione sarebbero stati innalzati fino a 51 milioni per permettere la creazione della provvista che sarebbe poi stata girata in Italia da un altro mediatore, Christian Mitchell, un uomo di affari che già in passato aveva lavorato per Finmeccanica. Nell’avviso di garanzia notificato ai legali della società Fin-meccanica giovedì scorso, la Procura di Busto Arsizio, non cita i retroscena politici della nomina di Orsi né la mazzetta alla Lega Nord. Forse per non scoprire le carte o perché la contestazione della mazzetta alla Lega (presunta) potrebbe essere sfumata o magari perché quell’accusa non avrebbe senso verso la società Finmeccanica che invece è responsabile ex legge 231 solo del primo segmento della complessa vicenda corruttiva, cioè la creazione della provvista per pagare i funzionari del governo indiano.
NELL’AVVISO di garanzia il pm Eugenio Fusco spiega anche il reato presupposto (cioè quello che la società quotata in Borsa avrebbe dovuto evitare ex legge 231) e in tal modo scopriamo meglio il ruolo dei singoli protagonisti dell’inchiesta. Sono indagati per corruzione e corruzione internazionale: “Giuseppe Orsi quale presidente e amministratore delegato di Finmeccanica e precedentemente quale responsabile del gruppo Agusta Westland e in tale veste, supervisore delle iniziative commerciali del gruppo tra le quali la transazione con il governo dell’India; Bruno Spagnolini quale amministratore di Agusta; Guido Ralph Haschke insieme al socio Carlo Gerosa e a Christian Mitchell quali intermediari negli accordi corruttivi e gestori delle operazioni finanziarie volte ad assicurare i corrispettivi illeciti ai pubblici ufficiali indiani (in corso di identificazione )”. Da sottolineare un punto debole nella ricostruzione dell’accusa, che non ha ancora trovato i funzionari stranieri corrotti, ma ritiene però di avere individuato “i consulenti inseriti nel gruppo Fìnmeccanica Agusta operanti in loco (in India? ndr) per eseguire materialmente i pagamenti” i loro nomi sono: “Attilio Garavaglia (un ex dirigente dell’area tecnica di Agusta, ndr) e Luciano Fava”. Secondo l’ipotesi dell’accusa tutti insieme, Orsi e compagni, “promuovevano e concludevano con i pubblici ufficiali indiani gli accordi illeciti in virtù dei quali la Agusta Westland Ltd, si sarebbe aggiudicata poi la gara pubblica e internazionale, bandita dal governo dell’India, per la fornitura di dodici elicotteri, per un prezzo di 550 milioni verso corrispettivo della promessa del versamento della somma di 41 milioni di euro circa”. Somma che, sempre secondo l’ipotesi del pm, sarebbe stata “in parte già versata”.