Chiara Giannini, Libero 23/9/2012, 23 settembre 2012
IL GOVERNO ESODA 20MILA SOLDATI MOLTI CAMBIERANNO MESTIERE
Meno soldati, più qualità. Ma dove andranno a finire i 20mila militari che la spending review ha deciso di tagliar fuori? Una parte di quel 10% dei 190mila appartenenti alle Forze armate, che la spending review a deciso di tagliar fuori, rimarrà in servizio, l’altra andrà a transitare nelle forze di sicurezza, ma per coloro che resteranno fuori il percorso è ancora incerto, benché si parli di «aiuto attraverso percorsi formativi».
Il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, allarga le braccia, facendo un gesto significativo, quanto chiaro, perché sarà il tempo a decidere per loro. Per ora solo ipotesi, quindi e nessuna sicurezza. «Cosa certa», ha spiegato ieri il ministro a Camp Arena, base del contingente italiano a Herat, in Afghanistan, durante la sua visita alla brigata Taurinense, «che senza la revisione, l’Italia non sarà più in grado di partecipare a nessun tipo di missione, come quella che stiamo portando avanti qui in Afghanistan».
L’iter, però, è ancora lungo: «In Parlamento», ha proseguito, «al di là dello strumento di legge della revisione militare, sono arrivati tantissimi provvedimenti anche di grandissima rilevanza, molti decreti che hanno una via preferenziale, come il dibattito sulla legge elettorale. Quindi, il fatto che il decreto di legge in questione abbia avuto una sua velocità, è legato a quella del lavoro parlamentare. Spero che si arrivi all’approvazione entro la fine dell’anno. Poi inizierà, nel 2013, una stagione politica di preparazione elettorale che distoglierà l’attenzione da questi argomenti. La base parlamentare di questa decisione la vedremo in fase di approvazione del disegno di legge. C’è il dibattito, le commissioni faranno le loro valutazioni e vedremo lì che tipo di comprensione ci sarà e spero e ho fiducia che ci possa essere».
Il Parlamento ha votato la fiducia a un provvedimento che non è altro che il primo passo verso un disegno di legge, ma che preoccupa, perché, malgrado si punti sulla qualità e sul miglioramento dei servizi forniti dalle forze armate, la riduzione è davvero importante. «Inizia adesso», ha proseguito Di Paola, «il processo che dovrà svilupparsi in un certo numero di anni e che porterà all’inevitabile riduzione che consentirà di salvare l’operatività delle nostre Forze armate, ma che, dall’altro lato, vedrà anche un ridimensionamento delle sovrastrutture». Di Paola ha parlato chiaro: «Temo che, là dove non sia attuato questo procedimento, non si possa essere in grado di fare ciò che finora si è fatto. Per questo è necessario un realistico apprezzamento della situazione da parte dei militari, come degli italiani. Le risorse sono quelle che sono ed è inutile illudersi che siano di più, perché così non sarà, anzi. Stiamo cercando di fare in modo che tutti quelli che sono diventati VFP4 (volontari in ferma prefissata) possano avere un percorso interno». Ma non per la totalità, purtroppo, ce ne sarà la possibilità. «Le forze armate», ha detto ancora il ministro, «a differenza di altre realtà, hanno una struttura piramidale, con una grossa base che deve trovare sfoghi anche diversi. Se così non fosse saremmo un parallelepipedo e ciò significherebbe che la struttura è talmente vecchia da non poter fare il suo mestiere».
Ecco perché, per Di Paola, la riduzione è un un processo naturale. «Qui», ha concluso, «si apre la strada verso le forze di polizia e di sicurezza. Per quelli che andranno fuori, invece, si dovrà trovare e facilitare una via al lavoro esterno al mondo militare.
Gli altri saliranno lungo la piramide, attraverso vari percorsi. In pratica, buona parte accederà al servizio permanente nelle forze armate, una parte transiterà nelle forze di sicurezza, un’altra dovrà rimettersi nel mondo del lavoro con delle professionalità che noi aiuteremo a formare. Questi sono semplice buon senso e realtà. Altri discorsi non corrispondono alla possibilità fisica di realizzazione».