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 2012  settembre 25 Martedì calendario

Anche internet inquina Navigare «brucia» oltre 30 miliardi di watt - In principio fu la Silicon Val­ley

Anche internet inquina Navigare «brucia» oltre 30 miliardi di watt - In principio fu la Silicon Val­ley. Al Bengodi dell’informatica e degli informatici di tutto il mondo tutto sembrava bello, nuovo, puli­to. Già, pulito. Questa fu la delusio­ne che arrivò, dopo lo sfavillante «principio» che faceva, e, forse a molti, fa ancora sognare una nuo­va, ancorché virtuale salvezza dei popoli. Dopo i sogni, dunque il brusco risveglio.L’informatica in­quina, i computer inquinano, in­ternet inquina. Lo scopre o, forse sarebbe meglio dire, lo riprende a sua volta dal Time , con grande en­fasi, partendo dalla sua prima pa­gi­na l ’Herald Tribune in cui ci fa sa­pere che i computer sparsi per il mondo consumano qualcosa co­me 30 miliardi di watt di elettricità che, pesati sulla bilancia dell’in­quinamento, sono, secondo gli esperti,l’equivalente delle immis­sioni di 30 impianti nucleari. Per questo motivo, rivela il quotidia­no, gran parte dei Data Center di Silicon Valley sono finiti nel Toxic Air Contaminant Inventory, che sarebbe la lista nera delle aziende cui il governo federale contesta la violazione delle leggi a tutela del­l’aria e dell’energia pulita. I dati raccolti dagli esperti della McKinsey & Company sono anco­ra più allarmanti se si considera che, da quanto emerge, quasi tut­te le aziende, che vivono d’infor­matica e con l’informatica, consu­merebbero per la loro «produzio­ne » solo una percentuale che oscilla dal 6 al 12 per cento e tutto il resto, il resto dell’energia, ver­rebbe letteralmente «buttata» so­lo per garantire agli utenti delle aziende stesse di poter contare sempre su una pronta risposta al­la loro domanda di «navigazione» nel momento in cui si clicca su un determinato sito. Almeno una dozzina di Data Center sono stati citati per violazioni alle leggi di tu­tela ambientale, soprattutto negli Stati della Virginia e dell’Illinois. Giusto per citare un nome interna­zionalmente conosciuto, ad Ama­zon sono state contestate soltanto in questi tre anni ben 24 violazio­ni. Ma bisogna anche prender no­ta del fatto che un bel gruppetto di compagnie, altrettanto conosciu­te dagli internauti di ogni luogo, come Google e Facebook hanno dovuto correre ai ripari arrivando a ridisegnare e a riprogettare i loro impianti e i loro server di distribu­zi­one per raffreddare la dispersio­ne di energia e abbassare il livello di inquinamento. Il Data Center di Google consuma 300 milioni di watts e quello di Facebook 60 mi­lioni di watts: il grande problema dell’inquinamento ha quindi co­minciato a porsi nel momento in cui le aziende internettiane sono cresciute in modo esponenziale. Nel 1998 erano 432 i Data Center, censiti dal governo federale ame­ricano ma nel 2010 erano già arri­vati a 2094. In buona sostanza, se è vero che anche noi facciamo la no­stra parte di «inquinatori»,in osse­quio al nuovo imperativo del seco­lo: clicca e naviga, è pur vero che la dispersione di energia, le emissio­ni incontrollate e incontrollabili (perché sulla questione regna co­munque un certo segreto) sono in gran parte da ricercarsi oggi, lad­dove cominciò tutto. Nei quartier generali dei nostri, oramai abitua­li, interlocutori quotidiani: Goo­gle, Yahoo, Facebook, Twitter, Paypal, I tunes, Amazon. Oltre a naturalmente i siti delle banche con cui oramai facciamo opera­zioni e bonifici, e ai siti dei nostri hobby, dove facciamo le nostre compere online. Ricordate quando si fantastica­va sul fatto che la schermata di ho­me page di Google essendo bian­ca e troppo luminosa, faceva con­sumare più energia nel nostro computer? Qualcuno sorrideva. Ma, forse, col tempo ci si è fatti prendere la mano. Dal clic.