Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  settembre 25 Martedì calendario

La sindacalista di borgata lanciata in politica da Ballarò - Il suo talent scout non è Fini, o Alfano, o Berlusconi, o Letta, ma Giovanni Floris

La sindacalista di borgata lanciata in politica da Ballarò - Il suo talent scout non è Fini, o Alfano, o Berlusconi, o Letta, ma Giovanni Floris. Quando si accomoda per la prima volta sul­la­poltrona in cartongesso di Balla­rò , inizio 2007,è già segretaria del­l’Ugl, prima donna in Italia a gui­dare un sindacato. Peccato che la maggioranza del pubblico Rai non sappia cosa sia l’Ugl,né tanto­meno chi sia lei. La prova video pe­rò funziona, la donna è decisa e ar­gomenta in modo chiaro, a favore di popolo. L’italiano non è dei più eleganti,l’accento romanesco for­te, ma sa toccare le corde giuste. E così Renata Polverini torna a Bal­larò , nel triennio successivo, la bellezza di 19 volte, poco meno di Crozza. Quanto basta per farne un papabile candidato per qualco­sa, ed è quel che avviene alle Regio­nali del 2010, col centrodestra, pe­raltro dopo un corteggiamento bi­partisan, da Veltroni a Fini. La politica era l’esito scontato per una che ha mangiato sindaca­to e cicoria già in casa. Figlia di una rappresentante Cisnal (il vec­chio sindacato da cui è poi nata l’Ugl) impiegata alla Rinascente, la Polverini impara e mette da par­te l’arte sindacale osservando la madre, che si porta dietro la picco­la-Polverini nelle interminabili riu­nioni. Fa la gavetta nella Federa­zione agricoltori, intanto nasce l’Ugl dalle ceneri della Cisnal,e lei a 37 anni ne diventa il vicesegreta­rio. Si conquista il rispetto dei ma­schi Ugl andando a trattare nei po­sti caldi, a Mirafiori, o convincen­do gli iscritti a scioperare contro il governo Berlusconi insieme ai «comunisti» di Cgil, Cisl e Uil. Tira fuori gli attributi e si fa strada, sem­pre ricordando la matrice di de­stra del suo sindacato: «Se c’è una sinistra al caviale - spiega un gior­no - anche a un certo sindacato piace il caviale, eccome se piace. Ecco noi non siamo di quelli». Le radici popolane tornano ogni volta che la «sinistra al cavia­le », come dice lei, o anche senza caviale, la stuzzica. In quelle circo­sta­nze la Polverini ritrova la borga­ta che è in lei, come successe in un comizio a Genzano, lei già presi­dente della Regione Lazio. Men­tre parla, dalla piazza un gruppet­to le grida «fascista!», uno in parti­colare, non meglio identificato. Lei sbotta: «Con me caschi male bello,io so’ della strada come te,le manifestazioni le ho fatte quando avevi i calzoni corti! Nun me fac­cio mette paura da una zecca co­me te! È la giunta Polverini e non ho paura nemmeno del diavolo! Quando scendo discutiamo, ma vattene te, vattene te! Riprendi, ri­prendi. Lo sai che ci faccio con quella? Mo scenno e te lo dico!». Sono gli inconvenienti della po­litica. Un percorso accidentato fin dall’inizio, con l’incredibile caos delle liste non depositate in tem­po dal Pdl laziale, che mise a serio rischio l’elezione, raggiunta per un pugno di voti contro la Bonino. Il primo «tradimento» dal partito che l’aveva candidata, subito di­menticato grazie all’ebbrezza del­la vittoria, festeggiato come una vittoria al derby romano, ancora prima dell’ufficialità del risultato. «Una vittoria storica, non so per quanti anni la ricorderemo» dis­se, ringraziando in particolare «i 41 candidati Pdl (tra cui Fiorito, ndr ) che facendo politica con la “P” maiuscola, non hanno mai smesso di fare campagna elettora­le, li ho trovati ovunque». Un se­gno ultraterreno quella sua vitto­ria: «Credo che tutto ciò dimostri che i miracoli esistono, quando la gente vuole, tutto è possibile»; e, ancora riferendosi agli avversari: «Li abbiamo polverizzati. Stanot­te non si dorme»; «Ce l’ho fatta è un giorno bellissimo e mi sento be­ne perché è la risposta arrivata dal popolo al di là delle liste, è una ri­sposta della democrazia, il popo­lo ha restituito la democrazia che qualcuno voleva toglierci». I guai sono continuati, e peggio­rati. Polemiche su interventi come quello sul piano casa o sulla razio­nalizzazione della disastrata sani­tà laziale, un leggero risanamento dei conti regionali, ma troppo len­to. E soprattutto oscurato da trop­pi scivoloni. Come quando la Pol­veri­ni plana con l’elicottero per ar­rivare in tempo alla Festa del pepe­roncino di Rieti (al cronista dice: «Non ho nulla da spiegare. Pago tutte le spese che faccio, non sco­prirai nemmeno una cena a mio ca­rico. L’importante è che non vado con i soldi pubblici, vai tranquillo caro»). Poi l’Espresso scopre una casa Ater, cioè popolare, affittata a poco prezzo sull’Aventino. Anche lì lei si difende (ci vive il marito, e prima ancora il nonno), ma la frit­tata è fatta. Poi la Corte dei conti, che apre un’istruttoria sulle sue spese di comunicazione e sui gene­rosi finanziamenti concessi dalla Regione, dalla «Sagra del carcio­fo » di Sezze al Museo della Zampo­gna di Villa Latina, dalla «Rievoca­zione storica della battaglia di Le­panto » a Sermoneta al «Carosello storico dei rioni» di Cori. Mentre si logora il rapporto con la maggio­ranza che la sostiene. Troppo, an­che per una come lei.