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 2012  settembre 23 Domenica calendario

Il flop di Grillo: rivoluzione-farsa - Ho scritto e detto che Grillo è un flop con qual­che anticipo sulla piazza semivuota di Par­ma (notizia di ieri)

Il flop di Grillo: rivoluzione-farsa - Ho scritto e detto che Grillo è un flop con qual­che anticipo sulla piazza semivuota di Par­ma (notizia di ieri). L’ho detto perché a me piace far ballare i cretini. Adoro il loro sorriso quando li inviti a un giro di bale­ra, e tutti eccitati ti seguono in pista. Ora Grillo, furbetto, si aggira sotto il palco del suo similpartito, in una piazza dove si deve discutere di ince­neritori, robadacremazioneedatoc­carsi, e spiega che lui non vuole il 15 per cento, che non vuole sostituire una classe dirigente con un’altra, che vuole fare la rivoluzione, vuole il 100percento,elui,uomodeimiraco­li in rete, lui che parla solo con la tele­visione danese, lui già sa che oggi quellecarognedeigiornaliitalianidi­ranno che il comizio è fallito. Si chia­ma coda di paglia. Si dice mettere le mani avanti. Le rivoluzioni si fanno con un altro stile, sono diverse dalle farse. Spero che il titolo del Giornale sia: Grande «forno» di Grillo a Par­ma, piazza semivuota, in trecento si bruciano con l’inceneritore, o titolo migliore, più squillante, ma equiva­lente. C’erano state elezioni amministrati­ve parziali, quando mi ero permesso di far ballare i cretini dicendo che Grillo aveva fatto flop nonostante le suesorprendentipercentuali. Berlu­sconi aveva mollato, e i suoi voti era­no naturaliter inliberauscita, ciman­cherebbe. La sinistra aveva fatto una figura di cacca, perché a Berlusconi non c’era alternativa visto che il Pd era una succursale di talebani e mo­ralistidiquart’ordine, nonunpartito di governo. Al posto del leader eletto alle elezioni, in condizioni disperate diemergenzaeconomicaefinanzia­ria, il vecchio presidente della Re­pubblicaavevamessounprofessore stimato della Bocconi che aveva as­sunto il compito di farci rigare dritti, almenoperunastagione,comefossi­mo tutti tedeschi, e giù tasse, pensio­ni più tardi e a condizioni dure, con­tributive, e piccoli argini, ma minac­ciosi, ad antichi e amati privilegi. In tutto questo, ed erano elezioni di sfogo in cui non si decideva niente di così importante, a parte il sindaco di Sarego o di Parma, un comico che fa scompisciare dal ridere da trent’an­nide­cidedifarelarivoluzionedelvaf­fanculo, attira nella trappola il dolce e connivente pubblico di piazza, giornali e televisioni, intimidisce a forzadiinsultilemolteloffiecompar­se­di proscenio della politichetta ro­mana, erige il vilipendio a regola, si scatena contro ladri e parassiti di ogni risma e con parolone sempre più grosse, e prende qualche voto in più della Bonino al suo massimo. E sai che successo. Ora, sulla scia di questa performan­ce banalmente eccitante, con tutti i politologi scemi che fingono di pen­sare il problema molto complesso del«significatodelgrillismo»,aggrot­tando molte sopracciglia, è venuto fuori: che Grillo ha un boss ideologi­co di nome Casaleggio, e già la riso­nanza è col formaggio; che questo leader annidato nell’ombra è un bu­sinessman, ciò che è legittimo ma strano per un«movimento di civiltà» (così si definisce per i grulli il Grillo) impegnato in una rivoluzione; marketing a parte, emerge che que­sto Casaleggio, dotato di volto e par­rucca parlanti, la più imbarazzante coiffure nella intera storia delle rivo­luzioni, è percepito dai suoi come unaspeciedicaporalediuna Sciento­logy minacciosaevendicativa, ebiso­gna rifugiarsi nel trucco della candid camera per cercare di scappare al giustiziere della rete, come hanno fatto e stanno facendo i dissidenti chesperavanoinunalbergoa5stelle e si sono ritrovati in una cosa a metà tralacasermaeilmanicomio:insom­ma, si è capito che Grillo a 5 stelle è una colossale buggeratura, e in con­fronto spiccano per sobrietà perfino ipartitieigruppiconsiliarichefesteg­giano con aperitivi da 1.500 euro e mascheredisegnatesullatestadima­iale ( questo forse è troppo: lo ritiro). Ripeto quel che credo di sapere an­che troppo bene, per via dell’espe­rienza e dell’occhio allenato. Grillo è unattoreafinecarriera,muoredino­ia. Si inventa una bravata con spirito guascone da barzellettiere antiregi­me; siccome il varietà di Pippo Bau­do in cui cominciò la sua carriera al serviziodiCiriacoDeMitanonsipor­ta più, Grillo si fa imprestare una ideologia dell’eguaglianza in tempo reale sul web, la prima cretinata che passaperlatestaachileggiucchileri­vistine americane wired ( dalle parti della Casaleggio & Associati queste sono le letture prevalenti) e su quel volanorisibilefavibrarelasuamera­vigliosa e spiritosa arte dell’insulto universale: risultato un po’ di voti, e replicabile a breve ma con mortifera irrilevanza. Quando avrà portato trenta o cinquanta Pizzarotti a Montecitorio e a Palazzo Mada­ma, ben inteso per farci fare un sal­to di civiltà, subito si diffonderà nelle istituzioni che hanno visto i trionfi di Guglielmo Giannini e Cicciolina quell’aria da Politburo denunciata dai grillini in Sarde­gna o da comitato di disciplina e di vista lunga sul business politico, come dicono altri dissidenti, e ci accorgeremo finalmente che il vecchio attore annoiato ci ha fatti un poco fessi, senza grandi conse­guenze, e anche divertendoci un poco. Ma la rivoluzione sarà anco­ra una volta rinviata. Non si può fa­re in Italia, diceva un giornalista carogna come Mario Missiroli, perché ci conosciamo tutti.