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 2012  settembre 26 Mercoledì calendario

LE OSTRICHE DEL LAZIO

Alberto Arbasino
UFFA, tutte quelle ostriche nel Lazio! Ma non erano buone soprattutto in Bretagna e in Normandia?
Federico Bianchi
Milano
ERO in coda in una focacceria in piazza Cadorna a Milano: la fila di persone in attesa arrivava fuori dal locale. Quando era ormai il mio turno, si è avvicinato al bancone un uomo (italiano, elegante). Pensavo volesse solo guardare le focacce per poi mettersi in fila, invece ha ordinato. Garbatamente gli ho segnalato la presenza della fila. Mi aspettavo delle scuse: invece, incredibile, mi dice in tono di rimprovero che la colpa era mia, perché «se la gente dorme… ». E ovviamente non si è messo in fila. Siamo il Paese dove va avanti il più furbo. Ho 29 anni, ma sono rassegnato. Molto meglio quando vivevo all’estero.
Federico Milazzo
SONO un figlio adottivo, ormai adulto, sposato con tre figli e un lavoro. Sono stato adottato a 6 anni da una coppia con due figli biologici. Non sono mancati per i miei geni-
tori momenti difficili, ma loro hanno saputo prendermi e sono riusciti a farmi diventare quello che sono. Non capisco perché ai bambini che si trovano in stato di adottabilità lo Stato non debba dare i genitori migliori possibili, cioè un papà e una mamma capaci e affettuosi. L’adozione non è un’opera buona, né un rimedio contro la sterilità. È il mezzo per rendere operante il diritto di ogni bambino abbandonato ad avere una famiglia. Non esiste quindi un diritto all’adozione per gli adulti. Concordo sul fatto che debbano essere eliminate le discriminazioni verso i gay, ma i diritti dei bambini adottabili sono prioritari e non devono essere utilizzati per legittimare la convivenza degli omosessuali.
La vera fine del cardinale Martini
Vito Mancuso
SIA per la cosa in sé sia per l’importanza nel dibattito politico, la fine del cardinal Martini richiede un chiarimento anche su questo giornale. Il 1° settembre Scalfari ha scritto che Martini avrebbe “deciso di essere staccato dalle macchine che ancora lo tenevano in vita”, affermazione poi ripresa da Roberto Esposito. Si tratta di un’inesattezza, attribuibile, come comunicatomi da Scalfari, “al fatto che così scrissero alcune agenzie”. Come andarono invece le cose? Lo apprendiamo da una testimone diretta, la nipote di Martini, avvocato Giulia Facchini, la quale, rivolgendosi
allo zio, ha scritto su
La Stampa
del 4 settembre: “Quando non ce l’hai fatta più, hai chiesto di essere addormentato” e così una dottoressa “esperta di cure che accompagnano alla morte, ti ha sedato”. Il cardinale quindi non è stato staccato da nessuna macchina, ma ha piuttosto scelto, in libera determinazione, di staccare la sua presenza mentale (l’anima spirituale) dal suo corpo. Questo è il dato che la sua fine consegna alla riflessione. C’è chi parla di eutanasia, chi di cure palliative, a seconda della prospettiva ideale. Ciò che conta però non è l’etichetta con cui si nomina il fenomeno, quanto il fenomeno stesso, cioè la scelta di interrompere le cure finalizzate al mantenimento della vita per passare a cure finalizzate ad affrontare la morte nel modo meno traumatico possibile. Io penso che il compito di una democrazia sia dare a ogni cittadino il medesimo diritto esercitato da Martini, cioè chiedere, e ottenere, di “essere addormentato” per giungere senza paura alla fine.
VITO Mancuso ha ragione a voler chiarire il punto. L’errore da me fatto (e non solo da me, ma da tutti i giornali che uscirono a brevissima distanza dalla morte del Cardinale), fu dovuto al fatto che così scrissero alcune agenzie semplificando una situazione che era ancora più semplice: lui non era attaccato ad alcuna macchina ma decise di essere sedato. Quando si è nello stato di salute in cui era lui, la sedazione è un eufemismo che significa semplicemente darsi la morte senza soverchio dolore a distanza di poche ore. Tra la sedazione volontaria e il distacco da macchine, nella sostanza, non c’è alcuna differenza.
Eugenio Scalfari