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 2012  settembre 26 Mercoledì calendario

CONOSCO

e stimo Gianrico Carofiglio, ma non sono d’accordo con la sua scelta. Tutto è cominciato dopo il Premio Strega. In quell’occasione, nelle vesti di editor di un libro sconfitto (
Qualcosa di scritto,
di Emanuele Trevi, Ponte alle Grazie), Vincenzo Ostuni ha violentemente stroncato Carofiglio(
Il silenzio dell’onda,
Rizzoli), che ha risposto con una causa civile.
Econ la richiesta di un risarcimento da 50 mila euro. La reazione non si è fatta attendere, con una lettera di solidarietà a Ostuni firmata da un centinaio di scrittori (tra gli ultimi Zizek, Vattimo e Emma Dante), e una manifestazione che si terrà oggi alle 11 davanti al commissariato di Piazza del Collegio Romano a Roma (dove Gadda ambientò parte del suo
Pasticciaccio).
Così, adesso co-
me adesso, il narratore Carofiglio, magistrato e esponente del Pd, appare solo contro tutti. Non è una bella situazione per nessuno. Se già avevo simpatia per lui, ora ne ho ancora di più. E tuttavia condivido le ragioni di chi lo contesta. Perché? Perché questa è probabilmente la prima volta (tranne forse qualche eccezione di scarso rilievo) che uno scrittore italiano ricorre alla magistratura contro un collega per far sanzionare dalla legge un giudizio critico sfavorevole. Anche chi non si sente d’accordo con il parere di Ostuni (deontologicamente inaccettabile rispetto al suo ruolo di “parte in gioco” in un premio letterario) deve ammettere che la scelta di Carofiglio costituisce un precedente estremamente pericoloso. Dice infatti la lettera: «Se dovesse
passare il principio in base al quale si può essere condannati per un’opinione – per quanto severa – sulla produzione intellettuale di un romanziere, di un artista o di un regista, non soltanto verrebbe meno la libertà di espressione garantita dalla Costituzione, ma si ucciderebbe all’istante la possibilità stessa di un dibattito culturale degno di questo nome».
Ma c’è un’altra ragione degna di nota. La decisione di adire le vie legali per ottenere un risarcimento ricorda da vicino certe pratiche intimidatorie adottate da certi politici sia verso la stampa, sia verso la stessa magistratura.
Tanto risentimento si può
spiegare forse ricorrendo a un libro uscito in Francia tre anni fa con il titolo
Una storia di odii fra scrittori. Da Chateaubriand a Proust
(a cura di Anne Boquel e Etienne Kern, Flammarion). Sfogliando le sue pagine, la prima cosa che mi colpi fu la totale mancanza di rispetto per la vita privata degli autori; la seconda, una volgarità senza limiti, unita a una spiccata preferenza per le metafore animali.
Barbey d’Aurevilly su Mérimée: «Ha le gambe di pavone, ma non la coda». Jules Renard su George Sand: «È la vacca bretone della letteratura ». Vigny su Sainte-Beuve: «Pare un rospo che avvelena le acque in cui nuota». Léon Bloy su Maupassant: «La sua perfetta stupidità trapela dagli occhi, gli stessi di un cane che piscia». Un passo più in là e siamo ai duelli, come quelli che opposero Marcel Proust a Jean Lorrain, o, per venire a noi, Ungaretti a Bontempelli (a Villa Pirandello, a causa di una polemica nata sul quotidiano
Tevere
nel 1926).
Morale: questo duello, sia pure virtuale è durato sin troppo, e ormai andrebbe concluso, se non con quella riconciliazione che tornò a unire i nostri scrittori almeno con il reciproco riconoscimento di due sviste.
Anche se resta tragicamente vero quello che disse Victor Hugo: «Gli unici odii sono letterari. Al loro confronto, quelli politici non valgono niente».
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L’AUTORE
Gianrico Carofiglio è scrittore e magistrato Ha scritto “Il silenzio dell’onda” (Rizzoli)